Memmo (all'anagrafe Guglielmo) Carotenuto è stato uno dei volti più noti della commedia all’italiana. Spalla comica di maestri come Totò, De Sica o Gassman, il caratterista romano ha avuto una carriera lunga e ricca di importanti traguardi. Su tutti il nastro d’argento del 1956 (mica poco per un caratterista!), per la splendida interpretazione accanto a Marcello Mastroianni ne “Il bigamo” di Luciano Emmer. Ma forse ciò che lo ha fatto entrare nel libro dei guinness cinematografici fu l’incidente sui binari del tram del film “I soliti ignoti” di Mario Monicelli, che rappresentò la prima, e per questo scioccante, morte (con tanto di funerale) nella storia della commedia all’italiana.
Ma oltre a prestigiosi riconoscimenti e record memorabili, Carotenuto viene ricordato anche perché si ricamò addosso un ruolo di cattivo dall’animo buono che lo accompagnerà a lungo: sia nel citato film di Monicelli, sia in “Padri e figli”, dello stesso regista toscano, così come in decine di altre pellicole, il caratterista romano si segnala per la sua duplice natura: burbero e collerico, ma in fondo all’animo dal carattere mite e bonario; si pensi all’interpretazione in “Totò, Peppino e i fuorilegge”, in cui Memmo Carotenuto interpreta Ignazio detto il torchio, il rapitore di Totò: visto come fuorilegge spietato e pericoloso, a capo di una banda numerosa e determinata, Ignazio si farà gabbare da Totò, perdendo (oltre alle numerose scommesse, per via di un mazzo di carte truccate) anche la credibilità stessa di bandito. Una delle rare occasioni in cui Carotenuto fa lo stronzo per davvero è in “La banda degli onesti”, dove interpreta Fernando, giovane aspirante portiere raccomandato dal leggendario Ragioniere Casoria che vuol rubare il posto al padre di famiglia Antonio Bonocore – Totò, al punto da urtarne la sensibilità e spingerlo a tentare di stampare le banconote assieme a Lo Turco e Cardone, dando di fatto il là alle vicende del film.
Viso prominente da cui nasceva un naso “importante” e capello perennemente impomatato, non sono tuttavia solo le peculiarità fisiche a farne un caratterista riconoscibile. Quello che maggiormente lo contraddistinse fu la parlata romanesca pronunciatissima, col vocione roco e l’inflessione da borgataro.
Il suo esordio avviene nel 1935 nel film “Vecchia Guardia” di Alessandro Blasetti, proseguendo per almeno tre decenni abbondanti e terminando negli anni ’70, quando esce di scena lentamente, rarefacendo le sue partecipazioni (che lo avevano visto protagonista, specie negli anni ’50 e ’60, interprete anche di 15 film in un anno). La straordinaria capacità recitativa, figlia di un’arte innata (il padre Nello era un noto attore teatrale nella roma di inizio ‘900, il figlo Bruno sarà un onesto mestierante in B-movie) e di una lunga gavetta nei teatri capitolini ne fecero un attore che, seppur ricordato per i ruoli in commedie brillanti, ha visto la partecipazione anche a film drammatici e di rilievo, come nel caso del caposaldo del neorealismo “Umberto D.”, dove mise in mostra le sue doti da attore drammatico, interpretando il compagno di stanza d’ospedale del triste protagonista del film. Accanto al fratello Memmo invece, caratterista anch’egli riconoscibilissimo anche se con caratteristiche differenti, recita raramente (il numero di pellicole si contano sulle dita di una sola mano): colpa non tanto di quei quasi 10 anni d’età che li divideva, ma soprattutto di scelte differenti, con Mario che fu più portato spesso alla commedia sboccata...
Altre interpretazioni da ricordare, quelle nel dittico di Dino Risi “Poveri ma belli” (1956) e "Belle ma povere” (dell’anno successivo), dove Carotenuto è Sor Alvaro, il tramviere compagno di stanza di Renato Salvatori, nonché in “Pane, amore e fantasia” del ’53 e in “Pane, amore e gelosia” (1954), entrambi per la regia di Luigi Comencini, dove interpreta il carabiniere spalla di De Sica. Nella sua lunga carriera, è forse proprio il ruolo di uomo di legge quello più volte interpretato dall’attore romano.
Più avanti in carriera, Memmo Carotenuto sarà accanto a Franchi e Ingrassia in numerosi film degli anni ’70, sempre con particine striminzite ma efficaci. Recitò fino alla fine, morendo pochi mesi dopo aver presenziato in “Amore in prima classe” di Salvatore Samperi del 1980.
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