La quiete prima dell’inferno. Murakawa e i suoi uomini passano il tempo facendo giochi bambini, che li riportano alla candida ingenuità infantile e lontani dalle incombenze criminali che si sono scelti. La resa dei conti è vicina e con essa la sensazione di morte che i membri della Yakuza portano indelebilmente marchiata nel cuore. Eppure, su quella spiaggia accecata dal sole e attraversata da un ebbrezza marina che risolleva i sensi, sembra essersi eclissata la paura in nome di un rinnovato vitalismo, i volti hanno ritrovato il piacere puro di sorridere e gli occhi di guardare lontano senza interruzioni di sorta. Non si sfugge alle regole dell'organizzazione criminale, alla bramosia per il denaro e al potere dei suoi capi di decidere della sorte dei propri uomini, non si cancella l’odore del sangue, e neanche si può allontanare il buio che avanza. E’ possibile solo scarnificarne l’essenza maligna ritagliandosi attimi di gelosa intimità, illudendosi di allontanare la morte giocando a ridare alle proprie vite un po’ dell’innocenza perduta, trasformando il tempo dell’attesa in momenti da santificare alla ritrovata pacificazione con se stessi e assorbendo nell’incontaminata natura che li circonda i cattivi pensieri chi li accompagnano da sempre. Murakawa questo lo sa, sa che nell’universo criminale in cui vive la vita ha un senso solo se si diventa autentici padroni del proprio gioco e si ha a disposizione uno spazio tanto grande da rasentare l’assoluto. Per questo conduce il suo destino di fronte al mare, con lo sguardo rivolto verso l’ignoto e la stanchezza del corpo a confrontarsi con la vastità dell’infinito, per delimitare i confini della furia umana e sottrarsi dalla necessità di rispondere a comando. Durante la calma del sospirato abbandono, prima che ricomincino i fuochi e prima che si sentano le ultime note sull'esistenza di un clown con la pistola.
Sonatine (Takeshi Kitano)
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Recensione di yume
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