Don Juan DeMarco maestro d'amore aveva un gran da fare: girava senza sosta per Madrid, entrando in ogni casa abitata da una bella dama, entrando per la porta e uscendone dopo alcune ore per la finestra (... cosa andasse ad insegnare non sta a me dirvelo).
Un giorno da Siviglia ecco Il ritorno del maestro di danza: Don Juan non prese bene questo arrivo, vedendo in quet'uomo, un temibile concorrente, ignorando che per il maestro danzatore le belle donne non erano materia d’interesse.
Tutto preso dallo spiare il suo nemico, Don Juan non si accorse dell’arrivo in città de Il maestro di musica, chiamato da Toledo dal padre di una ragazza tanto bella, quanto poco talentuosa.
O meglio, talento ne possedeva, ma nemmeno un briciolo per la musica.
Don Juan non fece a tempo ad accorgersi di questo arrivo, che sulla piazza si presentò Il maestro fiammingo, chiamato dal padre di una ragazza, altrettanto bella quanto la prima ma negata per la pittura, quanto l’altra per il clavicembalo.
Don Juan cominciò ad innervosirsi, cos’era tutta questa folla di insegnanti che andava riempiendo Madrid? Che cosa stava accadendo? Non sapevano tutti che di maestri ce n’era uno solo, e per tutte le lame di Toledo, era lui?
(Pensò “eccheccazzo”, senza dirlo che non era elegante per un maestro d’amore, “qui ci vuole un’idea”, si disse e decise d’agire)
Mandò a chiamare un Maestro del terrore, (l’unico che potesse competere con lui, pensò tra sé e sé), senza sapere quel che stava per accadere.
Il maestro oltre ad eccellere nell’infame arte della cattiveria, si rivelò un abile manovratore di animi umani, tanto da guadagnarsi il soprannome de Il maestro burattinaio: tutti sapevano, ma nessuno si ribellava (proprio come da noi oggi).
In pochissimo tempo spazzò via quelli che lui considerava Cattivi maestri e restò a Madrid riconosciuto da tutti come Il primo maestro (d’amore, di musica, di danza, fiammingo: se li fumò tutti in un amen, compreso Don Juan, che dovette emigrare in Italia per la vergogna).
Sino a una decina d'anni fa, qualcuno lo ricorda ancora. Dicono che si aggirasse triste e calvo per un paesino del pavese: era diventato Il maestro di Vigevano.
Qualche altro ricorda che alcune sere, cercando di non dare nell'occhio, si infilava in casa di una zitella, lunga lunga secca secca, di nome Margherita: da lì, quando passava davanti all'osteria qualcuno canticchiava "Il maestro e Margherita...".
Anche lui come l’uomo invisibile, decise di scrivere un libro di memorie che intitolò Diario di un maestro, ma evitate di cercarlo perché fu un fiasco colossale, e vi assicuro, non se ne trova traccia in nessun remainders, in tutto l’universo mondo.
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