Dopo essere passato in concorso allo scorso Festival di Venezia ed essere stato ingiustamente ignorato dalla giuria presieduta da Alexandre Desplat, il Pasolini di Abel Ferrara sta per arrivare nelle nostre sale distribuito da Europictures. L'appuntamento è per giovedì 25 settembre, momento in cui gli spettatori si confronteranno con l'intensa interpretazione e mimetizzazione di Willem Dafoe, che (doppiato da Fabrizio Gifuni) si cala fisicamente ed emotivamente nei panni di Pier Paolo Pasolini facendogli rivivere le ultime ore di vita di quel 1 novembre che lo avrebbe portato alla morte.
Non scevro di critiche secondo cui il film sarebbe didascalico e per molti versi anonimo, Pasolini si dimostra essere invece l'acuto ritratto di un uomo che vive la normalità di una delle sue giornate, scandite da lavoro, incontri e famiglia. Appena rientrato a Roma, Pasolini è infatti intento a scrivere lettere agli amici (Alberto Moravia, in primis), a lavorare sul montaggio di Salò, a stendere paragrafi di Petrolio e per epistola a discutere di Porno Teo Kolossal, il suo futuro lungometraggio, con Eduardo De Filippo e a concedere un'intervista a Furio Colombo per il quotidiano La Stampa, oltre che a pranzare con la madre Susanna, la cugina Graziella, l'assistente Nico Naldini e l'amica/musa Laura Betti, prima di incontrare Ninetto Davoli e, infine, quel Pino Pelosi che lo condurrà verso il tragico destino che lo attende all'Idroscalo.
A ribadire la genuinità del progetto sono le stesse parole che l'attore Willem Dafoe ha usato per spiegare la sua mimesi in Pasolini. Attenzione, però: non 'nel Pasolini' ma in 'un Pasolini', una sottigliezza semantica che si rivela però di grande comprensione per la comprensione dell'opera.
«Concentrandoci fondamentalmente sul suo ultimo giorno e usando le suggestioni dei suoi progetti allora in corso (Salò, Petrolio e Porno Teo Kolossal), abbiamo cercato di creare un ritratto di Pasolini. Abbiamo immaginato il suo stato d'animo durante quel suo ultimo giorno di vita. Di conseguenza, la mia prestazione non vuole essere né un'imitazione né un'interpretazione di chi Pasolini fosse ma è una testimonianza di me che si lascia abitare dalle azioni e dai pensieri dell'uomo Pier Paolo Pasolini.
Quando sei ispirato e formato da un tale pensatore e artista visionario, ti presti alla sfida e cambi i tuoi pensieri. Questo è il cuore della trasformazione personale che alimenta la vita interiore della mia performance. Per affrontare il ruolo di Pasolini dovevo essere libero dalla pressione di rappresentare in scena una figura molto amata e quasi sacra. Quando ho girato L'ultima tentazione di Cristo non interpretavo 'il' Gesù ma stavo recitando 'un' Gesù. Può sembrare lezioso ma lo stesso è accaduto con Pasolini. Naturalmente, la preparazione necessaria per sostenere i due ruoli non avrebbe potuto essere più diversa. Ma per entrambi ho dovuto purificare me stesso da ogni aspettativa o da eventuali immagini o pensieri che avevo intorno alla figura: il mio lavoro doveva partire da zero. Stavamo, dopotutto, girando un film e dovevamo creare la nostra realtà.
Tuttavia, abbiamo voluto attenerci al maggior numero possibile di fatti e non abbiamo voluto inventare nulla senza avere un appoggio reale. Ci siamo attenuti alle informazioni, ai ricordi, alle storie e alle opinioni di amici e familiari di Pasolini ancora in vita. Siamo stati benedetti dalla loro generosità. L'invenzione, semmai, riguarda inconsciamente i vuoti tra i fatti, la poesia e l'incapacità di riprodurre i pensieri e le riflessioni sulla sua vita.
Per quanto possibile, abbiamo usato le vere location degli eventi e perfino oggetti e indumenti di Pier Paolo, messi a disposizione da amici e familiari. Come reliquie, questi ci hanno regalato grande potere e magia, aiutandoci a prendere contatto con il passato. Sono diventato come un medium che fa apparire qualcosa attraverso le mie azioni. Le estreme divisioni tra i differenti aspetti della sua vita, seppur non fossero affatto un segreto, sono state tenute separate e affrontate in maniere discreta. Ma non dovevano essere rifiutate: una parte della sua esistenza ha fatto spazio per l'altra e l'ha alimentata. Erano collegate. Pasolini è stato in grado di servire i tanti maestri del suo cuore e del suo corpo, anche se ciò può sembrare contraddittorio.
Come mi sono sentito nell'interpretarlo? Io non l'ho interpretato. Ho solo cercato di essere la sua carne, la sua voce e la sua presenza, negli ultimi giorni di vita. Pasolini era un uomo ispirato dal suo lavoro, un coraggioso e un pensatore visionario. Ha previsto un'evoluzione antropologica della cultura italiana che è ancora in corso. Mentre alcune delle sue osservazioni riguardavano specificatamente l'Italia, altre possono essere applicate a tutti noi. Il conformismo imperante, l'omogeneizzazione e l'impotenza dei popoli schiavi della falsa libertà del progresso - le colpe della televisione, il consumismo, la falsa tolleranza, la corruzione - possono ora essere uniti alla globalizzazione, a internet e alla cultura delle multinazionali. Ha combattuto con la sua arte e la sua esistenza una lotta per preservare ciò che è umano e bello, una lotta che è ancora accesa».
Alle dichiarazioni di Dafoe fanno eco quelle dello sceneggiatore Maurizio Braucci, a cui è spettato il compito di fornire la materia prima che poi Ferrara ha plasmato e che spiega anche il perchè dell'uso di differenti lingue in fase di realizzazione: «Quella di Pasolini di Abel Ferrara è stata una sceneggiatura molto impegnativa perché abbiamo cercato di raccontare un mito della cultura italiana del ‘900, un personaggio immenso e complesso, durante i suoi ultimissimi giorni di vita (dal 31 ottobre alle 00.30 circa del 2 novembre del 1975) senza cadere nell’errore di fare un film solo per i nostalgici e per gli esperti del grande poeta di Casarsa.
Pasolini doveva essere specialmente per i più giovani – quest’ultima è una cosa che ci siamo ripetuti spesso io ed Abel durante la scrittura e le riprese - un film per vedere il quale non bisognava per forza entrare in sala conoscendo già il chi-dove-come-quando del personaggio che volevamo raccontare. Allo stesso tempo, doveva essere un film che non facesse concessioni didascaliche e riduttive ma restituisse al pubblico le tematiche controverse, sperimentali e radicali del Pasolini dell’ultimo periodo. Siamo partiti da una documentazione minuziosa sull’opera pasoliniana, abbiamo ricostruito gli ultimi giorni della sua vita intervistando le persone a lui legate (specie i suoi cugini Graziella Chiarcossi e Nico Naldini e l’amico del cuore Ninetto Davoli) e ritrovando documenti che comprovavano le loro testimonianze, infine abbiamo sentito tutte le persone informate dei fatti riguardanti la sua morte (da Pino Pelosi all’avvocato Guido Calvi ai giudici dei vari processi o delle riaperture delle indagini) e inoltre abbiamo voluto sentire degli esperti di Pasolini (come Walter Siti, Dacia Maraini, Virgilio Fantuzzi). Mentre facevamo questo, abbiamo iniziato a lavorare alla storia dandoci due regole fondamentali: rispettare i fatti ovvero i momenti reali che Pasolini aveva vissuto in quelle ultime ore; raccontare soltanto le opere a cui stava lavorando in quei giorni e che sono per lo più rimaste incompiute.
Il risultato finale è stato un flusso narrativo simile al modo con cui in pittura si utilizza la tecnica delle velature -sovrapponendo strati di colori con tonalità diverse e giocando con le trasparenze per avere un risultato più intenso e allo stesso tempo più brillante- infatti alle vicende reali di quelle ultime ore e ai personaggi che li hanno animati, Ferrara ha sovrapposto l’immaginario che emergeva dalle opere che Pasolini stava allora sviluppando, cioè alcuni capitoli del romanzo Petrolio (gli appunti 55, 97, 98) e parti della sceneggiatura di Porno-Teo-Kolossal insieme alle ultime due interviste da lui concesse, una alla tv francese, l’altra a Furio Colombo per La Stampa, che raccontano le polemiche e la poetica pasoliniana di quell’ultimo periodo.
Anche il reparto scenografico ha contribuito ad una ricostruzione filologica degli ambienti e degli oggetti, dai libri, ai giornali, alle scritte sui muri delle strade. Tuttavia, come detto nell’esempio delle velature, i livelli della narrazione si intrecciano per dare maggiore forza visiva e intensità e liberarsi dalla cronaca e dal documentario, il montaggio di Fabio Nunziata ha completato infine questa tensione registica.
La sceneggiatura è stata scritta sia in inglese che in italiano, partendo dall’una o dall’altra lingua a seconda dei casi. Per alcune scene abbiamo lavorato gomito a gomito con Willem Dafoe, adattando con lui i dialoghi dall’italiano all’inglese o, poiché lui recita in italiano in alcune scene, scegliendo le espressioni più adatte al carattere che lui dava al nostro Pasolini. Alla fine, trattandosi di una produzione internazionale, la versione originale è in inglese e anche in italiano nelle parti girate con i ragazzi di vita, mentre la versione italiana sarà per intero nella nostra lingua. Io ho seguito tutte le riprese, continuando a modificare a volte i dialoghi insieme agli attori – specie con Ninetto Davoli e Riccardo Scamarcio per le scene di Porno-Teo-Kolossal – quando nascevano delle nuove idee o l’attore sentiva in modo diverso il personaggio.
La ricostruzione dello sfondo storico è stata impegnativa, abbiamo consultato spesso l’emeroteca della Biblioteca Nazionale di Roma alla ricerca di notizie che ridessero il clima della Roma di quegli anni, un clima molto violento dentro il quale è avvenuto l’omicidio di Pasolini. Lo stesso dicasi per i documenti giudiziari, abbiamo letto tutto quello che c’è di serio sull’omicidio e studiato minuziosamente il processo di primo grado del 1976 che, a mio parere, rimane, grazie alla relazione del perito Faustino Durante, l’inchiesta più affidabile condotta sul caso. Ma, ripeto, tutto questo costituisce lo sfondo entro il quale il cuore di un grande poeta ha battuto le sue ultime ore e ha dato ritmo al nostro film».
Per chi volesse approfondire ulteriormente la sua pre-visione di Pasolini, sul sito sono già presenti due recensioni, entrambe positive: recensione 1, recensione 2.
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