Ricordo quel campo di prigionia giapponese, il caldo ossessivo, le mosche che entrano nelle narici e in bocca, la camicia intrisa di sudore incollata alle spalle , i piedi piagati e doloranti; ritti sull’attenti vedevamo il nostro comandante, colonnello Nicholson, portato fuori dalla gabbia infocata dal sole dove era stato rinchiuso per giorni; impossibilitato a muoversi fu trascinato di fronte al comandante giapponese e se pur ridotto ad uno straccio umano, si raddrizzò e sussurrò con difficoltà “ ribadisco che secondo la convenzione di Ginevra gli ufficiali prigionieri non possono venire utilizzati per lavori manuali”.
Tutto era nato perché al colonnello giapponese era stato comandato di costruire un ponte ferroviario sul vicino fiume e, dati i tempi strettissimi, necessitava di tutte le braccia disponibili nel campo, compresi gli ufficiali, perciò il categorico rifiuto da parte del nostro coraggioso comandante.
Ma poi tutto cambiò ; Nicholson pensò di sfruttare la situazione per dimostrare ai giap la superiorità britannica e quindi non solo accettò di far lavorare gli ufficiali, ma prese in mano la direzione dei lavori : si era illuso di poter costruire un’opera perfetta da lasciare ai posteri a testimonianza di quanto gli inglesi fossero abili pur in simili disagevoli condizioni ; a nulla valsero le velate accuse di “collaborazionismo” da parte dei suoi. Il ponte fu terminato nei tempi dovuti grazie a ritmi massacranti di lavoro e determinò anche il suicidio del comandante giapponese stizzito. Alla festa di inaugurazione si attendeva il passaggio del primo convoglio militare e Nicholson, compiaciuto e fiero , osservava sul ponte la perfezione delle strutture, la loro solidità, ma soprattutto si estasiava nell’osservare quella grande targa che documentava la realizzazione ad opera dell’esercito britannico con il nome Colonnello J.B. Nicholson a grandi lettere. In lontananza si sentiva già il fischio del treno che avrebbe ufficializzato e
concretizzato la sua illusione. ...Improvvisamente però scorse un cavo penzolare dalla struttura che lo incuriosì ; scese sul greto del fiume e inorridì nel vedere diverse cariche di dinamite collocate sui piloni; invano urlò per chiamare i soldati, l'ultima immagine che vide prima di morire fu il ponte che saltava in aria e il treno che precipitava distrutto, come la sua illusione.
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