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Nymph()maniac - Long Version - Director's Cut
di EightAndHalf
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Nymph()maniac, il dramma epico della forma, lo strazio ultimo di una settima arte al collasso. La storia di una donna martoriata da una devianza che la rende succube delle sue manie, e che la porta a raccontare a uno sconosciuto vergine la sua storia, cambiando registro, dividendola in capitoli, abbellendola nella forma, e mantenendola sfacciata e disturbante nei contenuti. Forma, stile, estetica, von Trier butta tutto lì, laddove si voglia osservare secondo questa chiave di lettura l'intera opera del regista danese. I contenuti sono i malfermi pesi netti di un contenitore simbolico e geometricamente perfetto, che riflette sull'atto stesso della visione, sulla differenza fra realtà e linguaggio e su quanto sia necessaria l'esteriorità per poter uscire da un Nulla opprimente che attanaglia le nostre vite. Oltre alla maniera, non è rimasto altro. Per una recensione più accurata, qui.

 

 

Diciamolo subito, la director's cut di Nymph()maniac non stravolge eccessivamente il risultato qualitativo della versione che abbiamo tutti visto nelle nostre sale in aprile. Ma certo la seconda parte del film si è rivelata essere solo un tre quarti dell'idea generale concepita da von Trier, un'idea presente finalmente in questa long version presentata al 71° festival del Cinema di Venezia fra i film Fuori Concorso. E l'elemento davvero nuovo è semplicemente (!) uno, l'aborto di Joe. La censura ha imposto che, oltre alle numerose penetrazioni genitali esplicite che finalmente hanno visto la luce, venisse abolita un'intera fetta della storia di Joe: infatti, rimasta incinta dopo aver già avuto il primo figlio Marcel, la protagonista decide di doversi sbarazzare del nuovo bambino, e siccome la psicologa d'ufficio non concede la sua autorizzazione all'operazione, Joe sfrutterà le sue appena sufficienti conoscenze di medicina per abortire autonomamente nella cucina di casa sua. In una sequenza che forse è la vetta più disgustosa e nauseante delle cose mai viste nei film del regista danese, una spanna sopra al terribile taglio del clitoride di Antichrist.

 

 

L'eliminazione di questo evento fondamentale della vita di Joe ha comportato che tutti gli spezzoni di dialogo che facevano riferimento a questo spaventoso aborto venissero strappati via dal tessuto della storia e ripescati solo in questa long version che finalmente ha preso vita. Così veniva meno un tassello importante di quella che potrebbe essere un'interpretazione della vicenda (meta)narrata, ovvero tutto ciò che riguarda la giustificazione della "messa  in scena dell'osceno", che è proprio un argomento che Joe e Seligman trattano esplicitamente. Ovverossia un'altra interessantissima autocritica che von Trier lancia specialmente al carattere esplicito del suo cinema e del suo raccontare, in quella autorilettura ridicolizzante che è la seconda parte di Nymph()maniac.

 

 

Se poi si vogliono guardare i dettagli sul material hard che ci era stato nascosto, basti riscoprire sequenze come la "pesca" sul treno, il quinto capitolo che si rifà alla polifonia, la totalità delle scene erotiche fra Joe e Jerome, i rapporti espliciti con i tanti uomini cui Joe dice che è stata la sua prima volta, un minuscolo frammento nel capitolo sulla morte del padre il sesso (mancato) con i due uomini di colore (in una sequenza di doppia penetrazione in cui davvero la Gainsborough sembra darsi da fare) e il sesso fra Jerome e P nel'ultimissimo flashback. In ogni caso la visione della versione integrale di Nymph()maniac, pur avendo visto la versione censurata, permette di constatare nuovamente le abilità del regista danese e la ricchezza di particolari che questo capolavoro modernissimo conserva in sé, magari comprendendo meglio anche i legami che sussistono fra due parti apparentemente differenti. Un prodotto da riscoprire, finalmente come il regista l’aveva definitivamente immaginato.

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