Seconda e ultima puntata (altrimenti non la finirei più :-)). Stavolta i personaggi in questione sono stati più fortunati e almeno una miniserie, magari molto oscura, l’hanno avuta (eccezion fatta per George Washington Williams, aggiunto all’ultimo momento, e per Jesse Owens nell’altro post! :-)).
Di nuovo con l’augurio di essere (ri)pescati e portati a conoscenza di un pubblico più vasto, che il cinema a volte può raggiungere (o anche solo di qualcuno... meglio di niente!!) e per riflettere sempre sui pregiudizi e sulle visioni molto distorte a livello ideologico in cui siamo immersi/e (maschilismo e razzismo eurocentrico/occidentale in testa) e, quel che è peggio, propalate dalla “cultura” ufficiale.
Harriet Tubman (circa 1822 - 1913)
Il “Mosè della gente nera” (definizione della sua prima biografa, Sarah Hopkins Bradford) e “Generale Tubman” (dal celebre antischiavista John Brown) nasce in schiavitù, patisce tutte le violenze e vessazioni ormai note, dalle frustate a una commozione cerebrale talmente grave da causarle una forma di epilessia. L’atto di ribellione di sua madre - che minaccia di uccidere se stessa e i figli pur di evitarne la vendita - la sprona alla lotta e la porta, in età giovanile, a fuggire al Nord. Da lì tornerà come guida della “Underground Railroad”, la “ferrovia sotterranea” che aiuta gli schiavi a liberarsi, per il tramite di una rete di fattorie di proprietà di simpatizzanti (perlopiù quaccheri). Non perde nessuno dei suoi “viaggiatori” e, a quanto pare, non esita a puntare la pistola alla tempia di uno che, esausto, vorrebbe fermarsi, mettendo a rischio la vita di tutti. Allo scoppio della Guerra di Secessione, Tubman presta servizio come cuoca, infermiera, e soprattutto guida, prendendo parte anche a un raid militare. L’ultima sua battaglia sarà quella per il suffragio femminile, che purtroppo non vivrà abbastanza per vedere vinta. Si dice che, alla domanda di una bianca se le donne meritassero il voto, abbia risposto: “Ho patito abbastanza per crederlo”. Morirà in povertà nella casa di riposo da lei aperta e finanziata. La sua vicenda è stata raccontata in una miniserie del 1978, protagonista Cicely Tyson, “A Woman called Moses”:
Njinga Mbande (circa 1583 - 1663)
Regina di Ndongo e Matamba (Angola), dopo aver sconfitto i suoi rivali locali, passa a sistemare gli ex alleati, i Portoghesi, che già trafficano in schiavi: innanzitutto rifiuta ogni subordinazione (celebre l’aneddoto del servo su cui si siede, per evitare di stare per terra quando il dignitario portoghese aveva usato deliberatamente una sedia e non ne aveva offerta una a lei!), poi si procura l’aiuto (e le armi più moderne) degli Olandesi, con i quali sconfigge ripetutamente i futuri colonizzatori e li tiene ben fuori dai suoi regni. La sua biografia viene scritta da una coppia di cortigiani molto particolari: due frati francescani... italiani. Un film angolano è stato realizzato l’anno scorso, ed è uscito quest’anno in Portogallo e Brasile, “Njinga Rainha de Angola”:
Cecil Rhodes (1853 - 1902)
“Se potessi, annetterei anche i pianeti”. "Siamo la razza migliore [i bianchi anglosassoni], e più ci espanderemo, meglio sarà". Le frasi dicono tutto di quella che forse è la figura più rappresentativa dell’intero pantheon colonialista. Il fondatore della De Beers, imbroglione di re autoctoni e accumulatore rapace nasce in Inghilterra ma viene ben presto mandato in Sudafrica per ragioni di salute. Lì trova un sistema fatto apposta per prosperare: annetterà all’Impero regioni vastissime, alle quali verrà dato il suo nome - "Rhodesia settentrionale" e "Rhodesia meridionale" - oggi composte da due stati indipendenti, lo Zambia e lo Zimbabwe (e ricchezze favolose per sé). Molto probabilmente omosessuale, è stato oggetto di varie opere, sia cinematografiche sia televisive: dai due precocissimi corti, uno del 1896 che lo mostra a cavallo e l'altro del 1902 - il suo funerale - al film del 1936, con nientemeno che Walter Huston ad impersonarlo, “Rhodes of Africa”,
e la miniserie BBC “Rhodes” del 1996 con Martin Shaw (DVD purtroppo fuori catalogo e costoso...) -
Richard Sorge (1895- 1944)
Chiunque si occupi anche solo superficialmente di spionaggio non può evitare di conoscerlo. Nato a Baku da madre russa e padre tedesco, si converte al comunismo al tempo della Repubblica di Weimar. La sua abilità spionistica è tale da permettergli di scoprire i piani e la data di massima dell’invasione tedesca dell’URSS nel 1941 (Operazione Barbarossa), ma Stalin non crede a una parola. Vivrà gli ultimi anni in Giappone, ormai in preda all’alcolismo - che sapesse che razza di mostro stava servendo? - dove verrà scoperto e giustiziato nel 1944. Ritratto in diversi film, tutti alquanto oscuri; il più recente è giapponese, in database qui su FilmTv, “Spy Sorge” (2003) di Masahiro Shinoda, con un somigliante Iain Glen a vestirne i panni:
Caterina Sforza (1463 - 1509)
Figlia illegittima di Galeazzo Sforza (il cognome-nomignolo è molto eloquente), Caterina riceve un’educazione degna del perfetto principe - e principessa: non solo materie umanistiche e scientifiche (in queste ultime eccellerà, scrivendo un libro di “experimenti”, come li chiamerà: ricette di bellezza, di salute e alchemiche a quanto pare molto interessanti) ma arte della guerra e della caccia. Alla morte del primo marito, divenuta contessa di Imola e Forlì, riuscirà con grandissima astuzia, coraggio e valore militare a difendere i suoi possedimenti (aneddoto discusso dagli storici, e ritenuto poco probabile da Antonia Fraser :-): minacciati i figlioletti di morte dai nemici, la Sforza dagli spalti del castello avrebbe sollevato la gonna e dato degli idioti ai rapitori, dicendo: “Ho qui quanto basta per farne degli altri!”). E si difenderà soprattutto da sola, contro le mire di potenti come il re di Francia (e per questo viene lodata dai poeti come unico signore italiano capace di non “sprofondare”) e contro Cesare Borgia, che purtroppo l’avrà vinta. Dopo gli anni di prigionia e la caduta del suo avversario farà vita ritirata, dedicandosi alle scienze e all’educazione dei numerosi figli, tra cui il celebre futuro condottiero Giovanni dalle Bande Nere. Mi ha piacevolmente stupito il numero di opere in cui compare: diversi documentari, la recente miniserie britannica “The Borgias” (dov’è interpretata da Gina McKee), un videogioco nientemeno, tale “Assassin’s Creed II”, e infine un film italiano del 1959, diretto da Giorgio Walter Chili con Virna Lisi, “Caterina Sforza la Leonessa di Romagna” (anche se, a voler essere pignoli, era soprannominata la "Tigre"! :-))) -
George Washington Williams (1849 - 1891)
Soldato nella Guerra di Secessione a 14 anni, combattente in Messico contro Massimiliano d’Asburgo, buffalo soldier contro gli indiani, prete laureato in teologia, giornalista, avvocato e primo deputato nero dell’Ohio, storico dei suoi commilitoni neri della Guerra di Secessione e dei neri dal ‘600 all’800 come “schiavi, soldati e cittadini”, è il primo a denunciare il genocidio in atto nel cosiddetto “Congo Belga”, - che ha visto di persona come corrispondente - in una lettera aperta. Muore di tubercolosi in Inghilterra, dove ha seguito la seconda moglie. Questa figura straordinaria è stata salvata dall’oblio in cui era caduta dallo storico John Hope Franklin alla fine degli anni Novanta del Novecento e non ha ancora né un film né una miniserie al suo attivo. Personalmente l’ho scoperta leggendo lo splendido (e utilissimo) libro di Adam Hochschild “Gli spettri del Congo” (dove le persone eccezionali, nel bene e nel male, certo non mancano).
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