La differenza diventa palpabile quando si tratta di scriverne, perchè a fronte di un fisiognomica da copertina Brad Pitt ha saputo costruirsi nel corso del tempo una credibilità non pronosticabile, e che oggi non si può liquidare con qualche nota di colore ( normalmente riferite alle vicissitudine della famiglia Branjolie) e con i calcoli da botteghino. Sul piatto della bilancia non ci sono solo una quarantita di film ma anche un ruolo da produttore che è diventato il segno più evidente di una maturità artistica che ha visto Pitt impegnato sul versante di un mecenatismo illuminato, con film come "The Tree of Life"," L'assassinio di Jesse James", "12 anni schiavo" , successi non scontati che hanno permesso al nostro di farsi strada verso il cinema più impegnato.
Evidentemente Pitt deve aver fatto tesoro del consigli di Robert Redford che, in occasione delle riprese di "A Rivers Run Through It" ebbe modo di profetizzare un futuro radioso per il suo attore, a patto d riuscire a superare i condizionamenti di uno status che le Major volevano a tutti costi edonistico e patinato. Certo il processo non è stato facile, e così, prima di arrivare al punto di svolta, avvenuto nel 2006 con il film di Gonzales Inarritu "Babel" - ma anche con una serie di interviste e dichiarazioni orientare a costruire un immagine più attenta al mondo circostante" , in cui per la prima volta l'attore appare con il volto segnato dal tempo e nel pieno di una maturità anagrafica che diventerà il suo marchio di fabbrica, allontantandolo da quella giovinezza artificiale che è parte integrante del mainstream hollywoodiano.
Da quel momento, oltre alla versione disimpegnata e cool che tante soddisfazioni aveva dato al nostro (da "The Snatch" alla trilogia di "Ocean Eleven") ci saranno le prove di "Burn After Reading" e soprattutto l'Aldo Raine di "Bastardi senza gloria", che aggiungeranno sfumature sardoniche e grottesche alla sua maschera di bellezza incontaminata, e poi il dittico costituito dall'accoppiata "L'arte di vincere" (nomination all'Oscar) e The Tree of life" (Palma d'oro al festival di Cannes), decisivi nel raggiungimento di una credibiltà che oggi gli permette di cimentarsi con il medesimo successo (di critica e di pubblico) in lavori dotati di un'autorialità spettacolare e pure remunerativa, come dimostra lo spot pubblicitario del noto profumo francese, dove "L'uomo ideale" si mostra per quello che è: uno splendido cinquantenne a cui tutto riesce in maniera naturale. E la storia è lungi dall'essere finita, con un nuovo film, "Fury", ancora una volta ambientato nella seconda guerra mondiale, pronto a rinnovarne le gesta.
(icinemaniaci.blogspot.com)
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