"Spider-man, Spider-man, friendly neighborhood, Spider-man", così iniziava la sigla della prima serie animata di Spider-man, del 1967. C'è chi ha conosciuto l'eroe di Stan Lee e Steve Ditko nei fumetti Marvel e chi l'ha conosciuto in tv, grazie alle sue serie tv che sono trasmesse dal 1967. Io sono uno fra quelli, visto che i film, i veri film di Spider-man, non sarebbero arrivati sul grande schermo solo nel 2002.
La prima serie era un campionario di cartoni e disegni animati (ben 77 episodi, racchiusi in 52 puntate da mezz'ora, per tre stagioni), prodotti fra il 1967 e il 1970 dalla "Grant-Ray Lawrence" e dalla "Krantz Animation" del futuro regista animato Ralph Bakshi ("FRITZ IL GATTO" e il primissimo film de "IL SIGNORE DEGLI ANELLI"). Dopo aver portato in tv gli eroi Marvel in semi-animati tratti dai loro stessi albi a fumetti, nel 1966, queste due case decisero di fare sul serio con l'eroe più quotato di quegli anni. Penzolamenti funanbolici fra i palazzi di New York, look leggermente cambiato (le ragnatele solo sulla maschera, sui guanti e sugli stivali, i due ragni disegnati nel petto e sulle spalle con sei zampette anziché otto, il corpo più plastico di quello di Mister Fantastic dei "Fantastici 4" e la testa a forma di nocciolina americana), supercriminali variopinti (proveniente dai fumetti e non), umorismo tipicamente anni'60, romanticismo, sparatorie, scazzottate, editoriali al pepe, ragnatele di ogni forma e dimensione e biglietti firmati "Spider-man" fecero la loro comparsa in tv e fu subito un successo. I primi 38 episodi, dove solo 2 erano da 20 minuti, rappresentavano il cuore dell'azione ragnesca, anche se la vita e i problemi dell'alter-ego dell'eroe, lo studente di scienze Peter Parker, venivano sacrificati. Sono gli episodi che da noi arrivarono all'interno di trasmissioni Rai anni'70, come "SUPERGULP, I FUMETTI IN TV", che venivano ritrasmessi ridoppiati su Retequattro, nei primi anni'80 e nelle tv loacli negli anni'90. Quelli che noi italiani conosciamo come prima serie, quelle che guardiamo e riguardiamo con classica ingenuità e rimpiangiamo di più di quella serie. Certo, non c'era traccia di origini, di poteri e responsabilità, ma il look che ammiccava ai disegni di John Romita Senior (che fu anche consulente artistico della prima stagione) e ai cartoni anni'60 di Hanna & Barbera era sufficiente per farci piacere questo prodotto. Peccato che la "Grant-Ray Lawrence" fallì nel 1967 e la "Krantz Animation" di Bakshi si trovò tutta da sola a a gestire una serie tv animata che bisognava reinventare anche nelle animazioni e nelle storie. Di solito, quando una casa di produzione fallisce, si chiude la serie che produce e il prodotto è consegnato ai posteri, ma non "THE AMAZING SPIDER-MAN", che per i restanti 39 episodi, strinse la cinghia, fece a meno dei supercriminali e dei personaggi fissi del "Daily Bugle" (una delle ragioni del successo della prima stagione, specie l'editore Jameson) e andò avanti. S'iniziò a parlare di origini, di poteri, responsabilità e di scene a scuola (con personaggi che sembravano Flash Thompson, Mary Jane Watson e Gwen Stacy, ma non si chiamavano mai così perché cambiavano i loro nomi di puntata in puntata), ma anche di storie fantasy, ricche di mostri e mondi fantastici con un supereroe messo in mezzo perché era un supereroe e doveva fare il suo dovere. Ci perdemmo in animazioni ed umorismo, per tagliare ancora i costi si introdussero persino i temuti episodi-remake (quasi tutti della seconda stagione) e nella terza stagione si produssero due puntate che originariamente facevano parte di un'altra serie animata della Krantz, "ROCKET ROBIN HOOD", che trattava di una versione fantascientifica (e moolto anni'60) dell'arciere di Sherwood. Nessun collegamento con altri eroi Marvel, se non dei palloncini carnevaleschi con fattezze di Thor, Iron man e Capitan America, che sfilavano in una parata di un episodio breve, "IL TERRIBILE DOTTOR DUMPTY", che omaggiava addirittura il Batman di Adam West e l'attrice Raquel Welch. Insomma, si era in balia dello psichedelico Ralph Bakshi, che con molti sforzi portò a compimento una serie che aveva già detto tutto con le primissime puntate. Però, è una serie coraggiosa, perché sacrifica il suo bello pur di finire. Ed è questo che la consegna al mito.
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