«Questa sera c’è il delirio al Maracanã
Da qua fuori sento i cori «sha la la la»
Un sospiro, gli occhi chiusi sarò già là
Tra i tamburi e i rumori della città».
La voce di Emis Killa che risuona da ogni radio e il google doodle di oggi ci ricordano che stasera alle 20:15 dall’Arena de Sao Paulo prenderà il via la 20ª edizione della Coppa del Mondo di Calcio con uno spettacolo costato oltre 7 milioni di euro. La prima partita sarà Brasile-Croazia, sempre dall’Arena do Sao Paulo, ma c’è uno stadio che più di ogni altro tutti gli amanti del calcio ricordano e hanno nel cuore: il Maracanà, costruito in occasione dei mondiali di calcio già ospitati dal Brasile nel 1950, cinque anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale e 12 anni dopo dalla pausa forzata della competizione. Ristrutturato per i Mondiali 2014 e per le Olimpiadi estive 2016, lo stadio ha alle spalle una storia affascinante, non solo di incontri calcistici (l’ultima partita disputata dall’Italia al Maracanà risale al 16 giugno 2013, durante la Confederation Cup, quando ha battuto il Messico per 2-1) ma anche di eventi storici e “maledizioni” da ribaltare.
Maracanà Stadium
Perché il Maracanà, per i brasiliani, non è solo un semplice stadio: è il luogo della disfatta del 16 luglio 1950, quando di fronte a 170 mila persone la nazionale perse la coppa ad un passo dalla vittoria in favore dello svantaggiato Uruguay, guidato da Obdulio Varela. Dapprima in vantaggio grazie a un goal di Friaça, il Brasile dovette arrendersi al pareggio arrivato per opera di Schiaffino e al secondo goal dei rivali, a pochi minuti dalla fine, firmato da Ghiggia (da allora definito il Maracanazo). Per il Paese fu un dramma: la sconfitta portò con sé complicazioni sociali e l’allora presidente arrivò addirittura a proclamare il lutto nazionale.
Sessantaquattro anni sono passati da allora e lo stadio, oltre ad ospitare partire di calcio, ha visto nel tempo Pelé segnare il millesimo goal della sua carriera, cantare Frank Sinatra e Madonna, una storica messa di Giovanni Paolo II, trasformandosi in luogo di culto e rispetto per chi vi lavora e per l’intera popolazione circostante, che seppur nella povertà delle favelas vede il Maracanà come il simbolo di un sogno che si realizza.
Brasile-Uruguay: 16 luglio 1950
Nell’attesa di sapere se la maledizione del Maracanà sarà per sempre dimenticata dal Brasile, nel 2014 due documentari di diversa origine sono stati prodotti nel mondo per raccontare la storia dello stadio: Temple of Emotions, firmato dal tedesco Gerard Schick e profotto tra gli altri da Arte, e Maracanà della coppia Sebastián Bednarik e Andrés Varela. Mentre il primo (visibile per intero qui: http://www.ndr.de/fernsehen/epg/import/Tempel-der-Emotionen,sendung235388.html) passa in rassegna le emozioni regalate dalla struttura, il secondo ripesca nella Storia del calcio e racconta la finale del 1950, proponendo un’ottica diversa su un match calcistico che intreccia sport, politica e motivazione.
Se amate il calcio ma anche i suoi lati meno frivoli, non perdeteveli.
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