Per Carlo Monni ho un debole.
A un anno dalla sua scomparsa manca tantissimo al suo pubblico, alla sua città di Firenze, che lo ha omaggiato in tutte le maniere possibili.
A Campi Bisenzio, suo paese natale, gli hanno dedicato il Teatro, che ora si chiama “Teatrodante Carlo Monni”.
A Firenze, in via dell'Inferno -la via dove abitava il Monni- alcuni artigiani del posto hanno affisso sotto la targa della via comunale, una piccola targa in pietra con scritto: “Via Carlo Monni, Champs sur le Bisence 1943, Firenze 2013”, e i cittadini si sono appellati al sindaco perché venisse omaggiato un artista contemporaneo oltre a quelli storici.
Il Monni era molto amato perché una persona schietta e sincera (come si dice in Toscana), che portava queste sue doti nell'arte che aveva scelto: la recitazione.
Il nome di Carlo Monni è legato per buona parte della sua carriera, la parte iniziale per essere precisi, a quello di Roberto Benigni. I due toscani hanno praticamente cominciato insieme per le piazze di paese e nelle feste dell'Unità. Insieme hanno dato vita ad una trasmissione televisiva che per l'epoca (metà anni '70) era a dir poco rivoluzionaria: “Onda libera”, dove i due toscani interrompevano le trasmissioni dall'interno di una stalla di Capalle, con improbabili sketch.
Molto popolare all'inizio in Toscana, diventa popolarissimo con il film di Giuseppe Bertolucci: “Berlinguer ti voglio bene”-1977, accanto ad un fantastico Benigni e ad un corollario di caratteristi unici nel loro genere, che hanno reso il film un vero e proprio culto. Carlo Monni nel film è Bozzone, l'amico di Mario Cioni... e rimarrà Bozzone per molti anni ancora nel cuore del suo pubblico.
La sua carriera prosegue, sempre come spalla, come caratterista, accanto ad attori famosi, diretto dai nomi di spicco degli anni '80 e '90. Non solo registi toscani ma anche autori che vedevano in lui il grande potenziale che aveva.
Carlo Monni, nonostante il buon successo cinematografico, mantiene sempre il forte legame con il teatro, quello nelle piazze e nelle case del popolo. Non dimentica mai da dove è venuto, gli stanno stretti i panni dell'attore di cinema, ha bisogno del contatto umano, dell'occhiata complice con il suo pubblico, della battuta improvvisata, del bicchiere che gli veniva offerto a fine spettacolo.
La sua carrellata di personaggi si arricchisce sempre di più nell'arco degli anni. Uno dei miei preferiti è sicuramente Gino di “Benvenuti in casa Gori”-1990. La battuta legata al puntale “cinese” per l'albero di natale rimane un mio tormetone personale: “duro te? Duro io!”.
Sicuramente sono i registi toscani che sanno valorizzare al meglio il talento di Monni, riuscendo a cogliere le sfumature necessarie per rendere il personaggio di spicco: Virzì, Nuti, Benvenuti e Monicelli, tutti vogliono il Monni per qualche parte.
Negli ultimi anni ha lavorato sia in teatro che al cinema con giovani (anche giovanissimi) autori. Con Massimo Ceccherini e Alessandro Paci porta in teatro una versione di Pinocchio che ha riscosso molto successo.
Oggi il Monni esce nuovamente al cinema, sugli schermi delle sale, con un nuovo film molto bello: “Sogni di gloria”-2013 di Patrizio Gioffredi (collettivo John Snellinberg). Era ritornato al cinema grazie ad un nuovo gruppo di ragazzi di un collettivo cinematografico di Prato chiamato John Snellinberg. L'avevano voluto per il loro primo progetto “La banda del brasiliano”-2009 e per questo ultimo “Sogni di gloria”.
Il film sta avendo tanto successo nelle sale toscane, la gente ha voglia di rivedere il Monni al lavoro, e a quanto pare in questo film ha lasciato una ultima prova davvero notevole.
Lascio questo post salutando il Monni con una dei pezzi che hanno contribuito a renderlo famoso.
Da “Berlinguer ti voglio bene”: “No' semo quella razza....”
No’ semo quella razza
che non sta troppo bene
che di giorno salta fossi
e la sera le cene.
Lo posso grida’ forte
fino a diventa’ fioco
no’ semo quella razza
che tromba tanto poco.
Noi semo quella razza
che al cinema s’intasa
pe’ vede’ donne ‘gnude
e farsi seghe a casa.
Eppure, la natura ci insegna
sia su’ i monti, sia a valle
che si po’ nascer bruchi
pe’ diventa’ farfalle.
Noi semo quella razza
che l’è tra le più strane
che bruchi semo nati
e bruchi si rimane.
Quella razza semo noi
l’è inutile far finta:
c’ha trombato la miseria
e semo rimasti incinta.
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