Il Festival di Cannes giunge al termine. In attesa di sapere domani sera a chi sarà andata la Palma d’Oro, il concorso schiera le ultime due proiezioni: Clouds of Sils Maria di Olivier Assayas e Leviathan del russo Andrej Zyangintsev. Inutile rimarcare quanto le due opere possano essere agli antipodi: Assayas propone una riflessione sul concetto di identità e omaggia la montagna con l’aiuto di star internazionali come Juliette Binoche e Kristen Stewart; Zyangintsev, invece, si affida alla filosofia di Hobbes per raccontare della lotta nel suo Paese tra l’uomo e lo Stato.
Con quasi tutte le sezioni minori e parallele già archiviate e in attesa di proclamare i loro vincitori, chiude anche la Quinzaine, offrendo agli spettatori Pride, secondo lungometraggio dell’inglese Matthew Warchus che riporta nell’Inghilterra thatcheriana per parlare di conquiste di diritti.
Ecco nel dettaglio il programma:
CONCORSO
CLOUDS OF SILS MARIA
Olivier Assayas è reduce dalla Mostra del Cinema di Venezia del 2012, dove con Qualcosa nell’aria si è portato a casa il premio Osella per la miglior sceneggiatura. Ambientando la storia tra le Alpi, nella Sils Maria del titolo, Assayas rende omaggio esplicitamente all’alpinista Arnold Fanck (pioniere che per primo documentò uno straordinario fenomeno atmosferico nel passo del Maloja), al drammaturgo tedesco Wilhelm Melchior e a Nietzsche, ospite del villaggio nell’agosto 1881. « Maria Enders, la mia protagonista, è un'attrice che con la sua assistente Valentine esplora la ricchezza e la complessità dei personaggi creati dal drammaturgo tedesco Wilhelm Melchior, personaggi che dopo vent'anni non hanno ancora svelato tutti i loro segreti. Non si tratta tanto dei segreti del teatro, delle sue illusioni e dei meandri della finzione, si tratta semmai di segreti legati alla natura umana e, più semplicemente, di segreti molto intimi. Nelle parole di cui si appropriano autori, attori e spettatori, non riescheggiano altro che le domande che tutti noi ci poniamo quotidiamente nei nostri monologhi interiori», sottolinea Assayas.
LEVIATHAN
Il russo Andrej Zvyagintsev è abituato a non uscire a mani vuote dalle competizioni a cui partecipa. Nel 2003 Il ritorno, la sua opera prima, ha ricevuto il Leone d’Oro a Venezia mentre le due successive – Izgnanie ed Elena – si sono viste premiate con il Premio per la migliore interpretazione maschile al Festival di Cannes del 2007 e il premio Un certain regard a quello del 2011. Difficile che il suo Leviathan, sin dal titolo legato ad Hobbes, non porti a casa qualcosa. «Le teorie filosofiche di Thomas Hobbes sullo Stato parlano di un patto dell'uomo stipulato con il diavolo: egli considera lo Stato come un mostro generato dall'uomo per evitare la cosiddetta guerra di tutti contro tutti e per il comprensibile desiderio di acquisire sicurezza a discapito della libertà, il suo unico vero bene. Proprio come siamo marchiati dal peccato originale alla nascita, siamo tutti nati in uno "Stato" e il potere spirituale dello Stato sull'uomo non conosce limiti. L'ardua alleanza tra uomo e Stato è un tema che ha interessato la Russia per un periodo molto lungo», spiega il regista.
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QUINZAINE
PRIDE
Matthew Warchus è soprattutto un regista teatrale. Con un solo lungometraggio alle spalle, ha diretto produzioni teatrali che hanno visto coinvolte le più importanti compagnie inglesi e hanno vinto numerosi riconoscimenti. Pride, la sua opera seconda, è una commedia ambientata nel 1984, in piena epoca thatcheriana, e si basa su eventi realmente accaduti per raccontare l’inedita alleanza tra minatori e attivisti omosessuali in difesa dei propri diritti.
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