Messa da parte la parentesi italiana con l’unico titolo nostrano in concorso (che, per inciso, Variety ha stroncato senza alcuna pietà come mezza stampa mondiale), il Festival di Cannes si appresta a vivere una giornata del tutto americana con la presentazione in concorso di due delle opere più attese a livello mondiale: Maps to the Stars di David Cronenberg e Foxcatcher di Bennett Miller, due opere tra loro molto diverse che possono però contare su cast in grado di richiamare l’attenzione di tutti gli operatori del settore.
Il cast di Le meraviglie
Pur non avendo nessun film italiano nelle altre sezioni, l’Italia si vede in qualche modo protagonista grazie alla presenza di Patty Pravo e della sua musica nel cast dell’opera greca Xenia, presentata in Un certain regard.
Questo il programma della giornata:
CONCORSO
MAPS TO THE STARS
L’hype intorno alla nuova fatica di David Cronenberg è alle stelle. Julianne Moore, John Cusack, Olivia Williams, Mia Wasikowska e Robert Pattinson sono i protagonisti di una feroce critica al sistema hollywoodiano, visto attraverso gli occhi dello scrittore e sceneggiatore Bruce Wagner. In uscita nelle nostre sale il prossimo 21 maggio, Maps to the Stars racconta anche di incesti, fantasmi e crudeltà, come Cronenberg stesso rimarca: «Ho girato diversi film di paura ma questa volta la crudeltà è a un livello psicologico più realistico. Io ho l’impressione che in questo mondo, la crudeltà sia qualcosa di innato nell’animo umano. Ambizione, crudeltà e ipocrisia fanno parte del nostro dna: le persone si mostrano gentili, dolci e affettuose, ma una volta a contatto con l’ambizione risvegliano i loro lati crudeli e brutali. Agatha, ad esempio, ha tentato di uccidere il fratello ma sono tante le domande sul suo comportamento: è solo attratta dal fratello? O vuole esorcizzare qualcos'altro? Non lo sappiamo».
FOXCATCHER
L’opera di Bennett Miller è stata a lungo rimandata. Scelta in un primo momento per aprire l’AFI 2013, la sua presentazione è stata procrastinata e in molti hanno ritenuto ciò un cattivo segno. A sorpresa, però, il nuovo film del regista di Truman Capote e Moneyball arriva a Cannes, offrendo la vera storia del preparatore atletico John Du Pont, accusato di aver ucciso uno dei suoi atleti migliori. «Mi piace ispirarmi a storie vere. La fiction aiuta a veicolare nuove verità su cose avvenute e diventa mezzo di scoperte. Nel caso della storia di Du Pont ho voluto approfondire aspetti che nessuno conosceva e che mi hanno richiesto tempo. Per una storia come la sua, occorrono interesse, cura ed anni di ricerche. La sua è una vicenda con risvolti che creano tuttora disagio e tutti quelli con cui ho parlato, muovendomi dall'Iowa al Pennsylvania, sembravano volermi mettere in guardia», dichiara Miller.
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FUORI CONCORSO
CARICATURISTES
Stephanie Valloatto si mette sulle tracce di dodici differenti vignettisti per indagare il ruolo che ha oggi la satira nel rielaborare e, in alcuni casi, determinare lo scenario politico di una nazione. Partendo dal presupposto che in molti Paesi la libertà di stampa non è consentita e spesso costa la vita stessa al vignettista, la Valloatto – con il sostegno dell’amico Radu Mihaileanu – ha voluto sottolineare come la sua opera sia un omaggio alla libertà e alla democrazia, delineato però da molto umorismo: «L’umorismo è la prerogativa che contraddistingue ogni vignettista, chiamato a puntare il dito facendo sorridere i propri lettori. La regola numero uno di un vignettista è rappresentata dall’autoironia: chi prende in giro un uomo politico o un grande uomo di potere deve essere capace in primo luogo di sorridere di se stesso, altrimenti non è un liberale. È con l’umorismo che egli deve disturbare e far tremare chi comanda».
THE ARDOR
Nato a Buenos Aires nel 1973, Pablo Fendrik ha esordito nel 2007 con El Asaltante, opera presentata alla Semaine de la Critique. Ospitato dalla Semaine anche con la sua opera seconda, Fendrik torna a Cannes fuori concorso presentando un lungometraggio con al centro il misterioso Kai (interpretato dall’ottimo Gael Garcia Bernal), un uomo che nel cuore della foresta argentina si prodiga per liberare la figlia rapita di un povero agricoltore. Queste la breve dichiarazione strappata a Fendrik: «Mi piace pensare al mio film come a un “western mesopotamico” o come a un western ambientato nella giungla. The Ardor racconta la lotta tra l’uomo e la natura, l’atmosfera conflittuale della frontiera (dove un apparente progresso si scontro con uno stato naturale delle cose configuratosi in milioni di anni) e una personale e sanguinosa guerra. È il racconto, fondamentalmente, di come si dispiega una vendetta».
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UN CERTAIN REGARD
A GIRL AT MY DOOR
La regista coreana July Jung è al suo primo lungometraggio dopo aver realizzato tre corti presentati e premiati in vari festival internazionali. Da sempre attenta alle tematiche legate alla condizione femminile nel suo Paese, la Jung presenta a Cannes un’opera dura che racconta degli abusi e dei soprusi vissuti dall’adolescente Dohee per mano del violento patrigno. A farne le spese sarà soprattutto una giovane poliziotta la cui vita viene messa a rischio dall’amicizia con la ragazzina. Spiega la Jung: «La quattordicenne Dohee vive in un piccolo villaggio sul mare e non ha alcuna via d’uscita dalle violenze domestiche di cui è vittima. Sua madre è scappata di casa e lei è rimasta a vivere con un patrigno violento e una nonna acquisita alcolizzata. Bersaglio anche dei compagni di scuola, Dohee trascorre il tempo da sola a giocare con la rana di uno stagno vicino fino al giorno in cui viene difesa per la prima volta in vita sua da una giovane poliziotta appena diplomatasi all’accademia. Sviluppando una sorta di ossessione nei confronti della sua salvatrice, Dohee farà tutto il possibile per salvare l’amica quando la situazione prende una piega davvero pericolosa».
XENIA
L’opera quarta del greco Panos H. Koutras (che ha già alle spalle un festival di Toronto e uno di Berlino con due diversi lavori) ha rischiato di non vedere mai la luce a causa dei problemi finanziari legati alla produzione. Superando la profonda crisi economica che ha investito il cinema del suo Paese, Koutras si è visto selezionare a Cannes la sua nuova versione di un’omerica odissea, di cui sono protagonisti due fratelli alla ricerca del padre e alle prese con un talent show. Motivo italiano di interesse è la presenza nel cast della nostra Patty Pravo nei panni di se stessa, assurta al rango di santone dai poteri benefici. Xenia (che deve il suo titolo al concetto classico di “ospitalità”) è interpretato da due giovani attori non professionisti ed è contraddistinto da umorismo, parodia e tragedia, come chiavi di risposta alla tragedia: «Sarà l’umorismo in grado di salvare la Grecia o il mondo? L’umorismo si riflette su se stesso e fornisce una certa distanza e la distanza è un lusso incredibile. Non credo che il cinema possa cambiare il mondo ma sono sicuro che apra prospettive che aiutano a vedere e capire meglio cosa ci circonda. Faccio mia la frase di André Barzin, per cui “il cinema è una finestra aperta sul mondo”».
BIRD PEOPLE
In lavorazione per oltre tre anni, il lungometraggio della regista Pascale Ferran è stato uno di quei titoli atteso a lungo dagli esperti di previsioni. Interpretato da Josh Charles, Anais Demoustier, Roschdy Zem e Radha Mitchell, Bird People intreccia vite, percorsi e soprannaturali sullo sfondo di un hotel internazionale di Roissy nelle vicinanze di un aeroporto, crocevia di genti e culture. Camera d’Or nel 1994 con la sua opera d’esordio e adattatrice del doppiaggio francese di Eyes Wide Shut, la Ferran lascia enigmaticamente alla definizione della parola “ibrido” il compito di descrivere il suo nuovo lavoro: «In biologia, ibrido indica qualcosa che proviene da un incrocio di varietà, razza o specie, differenti. In linguistica, ibride sono le parole che sono prese in prestito da un’altra lingua. Nell’uso corrente, ibrido è un composto di due elementi di diversa natura messi insieme in maniera anormale, coinvolgendo insieme, generi e stili, diversi».
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QUINZAINE
EAT YOUR BONES
Cineasta francese nato nel 1968, Jean-Charles Hue dal 2003 filma le avventure dei Dorkel, una famiglia nomade della comunità Yeniche nel nord della Francia. Dopo un documentario e un lungo di fiction, a Cannes porta il duro racconto del diciottenne Jason, che mentre si prepara al battesimo cristiano viene coinvolto dal fratellastro più grande in viaggio criminale alla ricerca di un carico di rame. Spiega Hue: «A differenza dei miei lavori precedenti, Eat Your Bones è al 100% finzione. Nonostante prenda spunto dai Dorkel e dalle storie della loro comunità, tutto ciò che accade è frutto della mia immaginazione. Il viaggio di cui narro è accaduto realmente, più o meno come viene mostrato, ma io ho aggiunto elementi immaginari e narrativi per trasformarlo in un road movie, in un film d’avventura che in certi momenti diventa anche western».
COLD IN JULY
Al suo ottavo film da regista, l’americano Jim Mickle ritorna per il secondo anni consecutivo a Cannes. Dopo aver partecipato nel 2013 con We Are What We Are, ritorna nella sezione con Cold in July. Adattamento dell’omonimo romanzo di Joe R. Landsdale, già ammirato allo scorso Sundance Festival. Cold in July è ambientato nel Texas del 1989 e parte da una notte durante la quale Richard Dane si fa giustizia da solo mettendo fuorigioco l’uomo che era entrato nella sua abitazione. Eletto al rango di eroi dai concittadini, Dane finirà suo malgrado in un mondo di corruzione e violenza. Spiega Mickle: «Erano otto anni che desideravo adattare il romanzo di Lansdale, da quando ho letto il libro mentre ero impegnato al missaggio del mio primo lungometraggio. Mi ha affascinato ciò che altri non amano del testo: la mancanza di qualsiasi riconoscibile formula narrativa, la violenza sotterranea che si sposa con un innegabile umorismo e la vacillante bussola morale con cui trattava temi pesanti come la virilità e il rapporto padri/figli».
THESE FINAL HOURS
L’australiano Zik Hilditch fa cinema da quando si è laureto alla Curtin University nel 2004, rivelandosi presto come uno dei talenti emergenti più interessanti dell’Oceania. Con alle spalle diversi premi e partecipazioni a festival internazionali come il Tribeca, a Cannes porta These Final Hours, un thriller apocalittico che ha il suo punto di forza nel paesaggio desolato e nell’interpretazione di Nathan Philips, chiamato a dar corpo a James, un uomo che ha intenzione di partecipare nel corso dell’ultimo giorno della Terra alla festa delle feste e che si ritrova invece a porsi domande sul senso di responsabilità dopo aver soccorso una piccola bimba in cerca del padre.
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SEMAINE
WHEN ANIMALS DREAM
Alla sua opera prima, il danese Jonas Alexander Arnby (classe 1974) sceglie di raccontare una storia di formazione e scoperta che, tra atmosfere gotiche, vede protagonista l’adolescente Marie, alle prese con la strana malattia che ha portato la madre su una sedia a rotelle. Mentre sperimenta per la prima volta l’amore e strani sintomi, Marie realizza di aver ereditato dalla madre quella “malattia” spaventosa in grado di generare paura e odio tra gli abitanti del villaggio. Lungi dall’essere un mero racconto di lupi mannari, così Arnby spiega la sua fatica: «When Animals Dream è la storia di una ragazza che scopre la bestia in lei e che deve decidere se accettarla o meno. La sua è una storia iniziatica che ha come obiettivo quello di far dimenticare tutti i dogmi esistenti in materia di lupi mannari: non troverete infatti né lune piene né tantomeno ululati o sopracciglia folte».
THE KINDERGARTEN TEACHER
L’israeliano Nadav Lapid ha alle spalle il successo di critica per la sua opera prima Policeman, presentata al Festival di Locarno 2011. A tre anni di distanza, torna con un dramma intimo in cui, messa da parte la questione israeliana, indaga nei meandri della mente di una giovane insegnante d’asilo, chiamata a prendersi cura del prodigioso talento da poeta di un bambino di cinque anni. Le origini della storia, come racconta lo stesso Lapid, sono da ricercare nell’infanzia del regista: «Tra i quattro e i sette anni, ho scritto un centinaio di poesie che ero solito recitare alla mia tata. La prima, Hagar (che sentite all’inizio del film), era ad esempio una poesia d’amore. A sette anni, però, ho smesso di scrivere e non ho avuto più voglia di leggere i miei componimenti, rimasti in un armadio per oltre 25 anni prima di ritornare fuori ed essere usati come spunto del mio film, in cui io stesso mi rivedo sia nei panni del bambino sia in quelli dell’insegnante».
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