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Cannes 2014: Giorno 4
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La prima e, a differenza degli altri anni, unica domenica del festival di Cannes schiera in campo l’unico titolo italiano in Concorso: Le Meraviglie di Alice Rohrwacher, una “favola” di formazione immersa in un contesto bucolico e quasi fuori dal tempo. A far compagnia all’opera su cui tutti noi riponiamo molte speranze è però il western al femminile The Homesman di Tommy Lee Jones. Con un toto-Palma già iniziato e che vede la coppia Nuri Bilge Ceylan-Damian Szifron in testa ad ogni pronostico, vediamo nel dettaglio cosa la Croisette offre in giornata. La regola dei 10 titoli è rispettata ancora una volta: ai 2 del Concorso, si aggiungono i 2 del Fuori Concorso, i 3 di Un certain regard, i 2 della Quinzaine e il solo della Semaine.

 

CONCORSO

LE MERAVIGLIE

L’opera seconda di Alice Rohrwacher, a tre anni di distanza dall’acclamato esordio con Corpo celeste, ci porta nelle campagne dell’Italia centrale per parlarci di un nucleo familiare multiculturale ma chiuso al progredire della modernità. Protagonista ne è una adolescente rumena trapiantata in Italia, scovata per ironia della sorte tra i partecipanti di un corso di catechismo. Con Alba Rohrwacher (sorella della regista) e Monica Bellucci a tenere alto il titolo del film stesso, Le meraviglie contiene diversi spunti autobiografici: « Arriva sempre il momento in cui qualcuno ti chiede da dove vieni. Vorrei tanto rispondere con una sola parola, come "Roma!", "Milano!", ma invece mi ritrovo a spiegare che vengo da una zona di confine tra Umbria-Lazio e Toscana, là dove le identità sono tutte sfaldate, in campagna. Forse il mio interlocutore conosce quei luoghi? Ma certo, mi dice, certo: sono stato a Civita la scorsa domenica e mi è sembrato di vivere nel medioevo per una giornata. Ecco, questo è stato il primo istinto che mi ha spinto a lavorare sulle Meraviglie: il disagio che si pensi alla campagna, o ai piccoli paesi che la costellano, come luoghi "puri", fuori dal tempo, e quindi fruibili, perché non possono mai mutare. Ma visti dal di dentro ( o forse visti lateralmente), quei luoghi non sono così, e la purezza è solo una prigione a cui si sono consegnati per avere in cambio un pasto caldo al giorno. In Italia oggi si parla della campagna solo per raccontarne la distruzione e l'imminente rovina, o per usarla come sfondo romantico e innocente di storie che poco la riguardano. Eppure quello che sta avvenendo nel paesaggio italiano è un cambiamento molto più profondo e doloroso».

 

THE HOMESMAN

Tommy Lee Jones non ha bisogno di presentazione. Attore, regista, sceneggiatore e produttore, dirige la sua quarta opera da regista tornando al territorio che si è rivelato essergli più congeniale con il fortunato Le tre sepolture: il western. Adattando il bel romanzo di Glendon Swarthout, The Homesman racconta il duro viaggio affrontato da una delle prime pioniere per metter in salvo tre donne ammattite dalle dure condizioni di vita che la frontiera impone. Polemico il regista, che ha tenuto a precisare come ormai il termine western sia fin troppo abusato: «Non so più quali siano i confini del termine western. Ho l’impressione che nel corso degli anni tutti i film ambientati nell’Ottocento, con cavalli in scena e situati a ovest del fiume Mississippi, siano diventati automaticamente dei western. Ho letto anche critici che hanno il coraggio di definire western anche dei film di fantascienza. È ormai un termine abusato talmente spesso che credo non abbia più un significato. Di conseguenza, non sono sicuro di poter rispondere alla domanda: non so cosa sia un western».

The Homesman (2014): Trailer internazionale

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FUORI CONCORSO

THE OWNERS

Seguito di Constructors, l’opera terza del trentaduenne regista kazako Adilkhan Yerzhanov riprende il racconto delle disavventure di tre fratelli, rimasti improvvisamente senza casa e alla ricerca di un tetto sotto il quale vivere. Dopo averli fatti affrontare le leggi di una zona rurale del Kazakistan, Yerzhanov pone i suoi tre protagonisti di fronte a una nuova situazione “pericolosa” ed inaspettatamente crudele: «Il film che ho girato racconta la realtà quotidiana mostrando l’alambicco dell’assurdo e ispirandomi all’arte pittorica di Van Gogh. Il mix di realtà brutale e felicità infantile non si limita a far da sfondo all’azione ma aiuta anche a comprendere tutta la filosofia di fondo della mia opera. La trama mi è servita come pretesto per parlare di morte, di indifferenza della società, della corruzione delle autorità e del loro dispotismo nei confronti di diritti ed individui. Ho cercato però di evitare tutti i luoghi comuni spesso presenti nelle opere sociali».

scena

The Owners (2014): scena

 

THE ROVER

L’australiano David Michôd ha sorpreso tutti nel 2010 con la sua dura opera prima Animal Kingdom, presentata prima al Sundance e poi fuori concorso al Festival di Roma. A distanza di quattro anni, viene accolto da Cannes con un’opera di difficile catalogazione scritta in coppia con l’attore Joel Edgerton. Interpretato da Guy Pearce e da Robert Pattinson, il violentissimo The Rover è ambientato in un futuro prossimo dopo il crollo delle economie occidentali: «Animal Kingdom e The Rover sono entrambi film molto violenti ma ciò non significa che io sia attratto dalla violenza “mostrata”. Ciò che amo è il dramma che segue alla violenza e gli effetti che questa ha sulla vita dei personaggi. A volte, le conseguenze di un atto drammatico vanno mostrate sullo schermo con brutalità. Altre volte, invece, la rappresentazione della violenza deve rimanere sullo sfondo per non coprire la profondità del dramma stesso e deprivarlo di significato, producendo solo un inutile effetto gore».

The Rover (2014): Trailer ufficiale | Cannes 2014

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UN CERTAIN REGARD

FORCE MAJEURE

Ruben Östlund, nato in Svezia nel 1974, ha già alle spalle tre lungometraggi (presentati uno al Festival di Mosca 2004 e due al Festival di Cannes a Un certain regard nel 2008) di cui più noto è Play. Per la sua opera quarta, il regista svedese ha scelto le Alpi (con il sostegno, tra gli altri, della BLS – Film Fund & Commission dell’Alto Adige) come sfondo di una caustica commedia familiare, che prende spunto da una valanga e che riflette sul ruolo del maschio nella vita delle famiglie moderne: «Force Majeure ha origine da una domanda che mi ha da sempre affascinato: come reagiscono gli esseri umani di fronte a situazioni improvvise e inaspettate come le catastrofi naturali? La storia racconta di un gruppo di turisti che assistono a una valanga e scappano terrorizzati. Quando la valanga finisce, essi si vergognano per aver ceduto di fronte alla paura. Il tutto nasce da un episodio realmente accaduto anni fa ad una coppia di miei amici in vacanza in America Latina e sopravvissuti agli attacchi di fuoco di un gruppo di uomini armati. Per istinto, il mio amico si è messo subito al riparo lasciando la moglie non protetta. Una volta tornati in Svezia, la donna non riusciva a smettere di raccontare la storia anche più volte di seguito».

 

HERMOSA JUVENTUD

Al suo quinto lavoro, lo spagnolo Jaime Rosales torna a Cannes a 2 anni di distanza dal precedente Sueño y silencio (presentato alla Quinzaine) per raccontare di una coppia di ventenni che, alle prese con le contemporanee difficoltà economiche, decidono di guadagnare qualche soldo rendendosi protagonisti di una pellicola porno amatoriale. «Hermosa juventud è un progetto che nasce dal desiderio di avvicinarsi ai giovani spagnoli di oggi, che nonostante la loro preparazione sono costretti ad affrontare il futuro con opportunità limitate e mancanza di esperienze. Di fronte alle tante realtà possibili, ho scelto quella di una coppia che vede il futuro nella maniera più buia possibile e senza possibilità di cambiamento. Raccontare la loro storia con una certa immediatezza è stato l’obiettivo principale. Il film poi combina immagini in 16 mm con quelle che gli attori stessi hanno filmato con i mezzi a loro disposizione: si può tranquillamente dire che Hermosa juventud è fatto all’80% da immagini riprese da me e al 20% da immagini girate in maniera amatoriale».

 

JAUJA

Da un paio di anni il festival di Cannes coccola il regista argentino Lisandro Alonso, che giunto quasi alla soglia dei 40 anni (è nato nel 1975) ha già al suo attivo 4 lungometraggi e un “carteggio” filmato con Albert Serra, presentato al festival di Locarno del 2012. Come la sua opera prima La libertad del 2001, anche Jauja trova aperte le porte del Certain Regard, facendosi forte della presenza nel cast di Viggo Mortensen e di una storia legata a una vecchia leggenda: «Gli anziani dicevano che Jauja fosse una terra mitologica di abbondanza e felicità. Molte spedizioni hanno cercato di scoprire quanto ci fosse di vero in tale affermazione. Con il tempo, la leggenda è cresciuta a dismisura ma l’unica cosa finora certa è che tutti quelli che hanno cercato di trovare il paradiso terrestre promesso hanno finito per perdere la rotta. La storia di Jauja nasce anche come omaggio ad una mia cara amica, assassinata in una terra molto lontana da quella in cui era nata».

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QUINZAINE

A HARD DAY

Regista giapponese che ha fatto il suo esordio nel 2006 con una commedia, Seong-hun Kim ha atteso sei anni prima di rimettersi al lavoro e dirigere A Hard Day, un thriller intenso e imprevedibile. La sua capacità di creare personaggi multidimensionali fa di lui uno dei cineasti più interessanti della sua generazione.

A Hard Day (2014): Clip 1 originale | CANNES 2014

 

REFUGIADO

Nato a Buenos Aires il 24 marzo 1976, nel corso del golpe militare in Argentina, Diego Lerman ha conquistato con il suo primo lungometraggio del 2002 il Pardo d’argento al festival di Locarno. Presente già alla Quinzaine nel 2010 con The Invisible Eye, vi torna con un singolare road movie di grande drammaticità e umanità: la storia di una madre e un figlio di otto anni costretti a salvarsi dalle violenze domestiche.

Sebastián Molinaro, Julieta Diaz

Refugiado (2014): Sebastián Molinaro, Julieta Diaz

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SEMAINE

GENTE DE BIEN

Nato a Bogotà nel 1983, il colombiano Franco Lolli fa il suo esordio nel lungometraggio con la storia di Eric, un bambino di dieci anni che si ritrova a vivere con il padre appena conosciuto e a relazionarsi con lui e la sua vita, compresa la figura di Maria Isabel (la donna per cui l’uomo lavora come falegname). «Per la mia opera prima, ho fatto riferimento ai miei ricordi d’infanzia. Come il personaggio di Francisco, ho avuto una breve amicizia con il figlio di un umile falegname che mia madre chiamava spesso per la riparazione di alcuni mobili in casa. Nel corso di un’estate, il ragazzo ha trascorso le sue giornate con me ed è diventato mio amico. Il ritorno a scuola e i miei amici ricchi hanno cambiato nuovamente le cose e il nostro rapporto non è durato a lungo. Come Maria Isabel, inoltre, mia madre aveva cercato di prendere il bambino sotto la sua ala protettiva. Il tema portante di Gente de bien non è però il denaro e nemmeno il conflitto di classe: è semmai la difficoltà di padre e figlio di accettare la parentela e di ridefinire le loro identità».

 

 

 

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