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Cannes 2014: La Quinzaine Des Réalisaterus. Diario di chi a Cannes c'è stato, c'era oggi, e ha sempre cercato di esserci di più.
di alan smithee
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Al Theatre Croisette J.W. Marriott, poco prima che inizi la proiezione del primo film della Quinzaine

 

 

Gli organizzatori della ormai storica "Quindicina"(siamo al 46esimo compleanno, la mia stessa età, essendo nata nel '68 come manifestazione a sostegno della ventata di protesta giovanile che caratterizzò fine anno Sessanta), hanno quasi sempre saputo assegnare un manifesto curioso ed originale ad ogni rassegna: quast'anno si sono superati: la sagoma furtiva di un uomo che si introduce in una botola quadrangolare in mezzo ad un muro sbrecciato, è l'immagine di un prorompente desiderio di tuffarsi nel magico mondo del cinema e delle storie di cui esso vive e si nutre, riflettendole nella nostra mente e attraverso il nostro sguardo da uno schermo quadrangolare a cui la botola appunto si ispira o si trasfigura: complimenti!

 

Il manifesto della Quinzaine 2014

 

Una foto che risalta e vince nettamente sulle altre relative alle manifestazioni più ufficiali, senza ovviamente voler nulla togliere al nostro splendido “Marcello” che campeggia prorompente e gigantesco come Gozilla, tra le pareti oblique ed angolari del sempre avveniristico Palais du Cinema sulla Croisette.

 

Le Palais du Cinema oggi

 

Arrivo a Cannes presto: sono le 7,30 del mattino e, come ogni anno, anche oggi trovo una città sonnolenta e stordita dalle feste della sera precedente. Mi precipito ad acquistare i carnet che mi permetteranno, tempo ed impegni di lavoro permettendo, di visionare quasi tutti i film presenti nella rassegna più democratica e “accessibile” di tutto il Festival. Alla biglietteria non trovo anima viva, al Theatre Croisette J.W. Marriott, ex Palais Stephanie, ex Noga Hilton, ma comunque sempre l'oscenamente brutto palazzo fronte mare che accoglie da sempre la Quinzaine, il tappeto rosso è deserto e solo quattro o cinque persone si apprestano ad entrare: in realtà la sala dentro, capiente di quasi mille posti, è già piena oltre la metà, ma dovreste vedere negli spettacoli successivi cosa succede e quanta affluenza riesce a decimare spettatori poco propensi ad arendersi, sia essi con biglietto, accreditati a vario titolo, o della stampa e altri aventi chissà quale diritto di nascita o di carriera.

 

Il Theatre Croisette, sede della Quinzaine

La fila per la Quinzaine: vuoto assoluto la mattina, caos totale al pomeriggio.

 

 

Quest'anno, un po' come sempre (Cannes si ripete instancabile in modo identico in tutte le sue forme ed eventi: nel bene e nel male ogni anno si ritrovano sempre gli stessi meccanismi, le stesse regole, le medesime cavillose ma forse indispensabili

modalità di accesso o di non accesso alle sale; un sistema che lo rende un Festival decisamente elitario, per vip o raccomandati e per nulla a portata di cinefilo, salvo la qui presente rassegna sessantottina).

 

la spiaggia "a coté de la Croisette"

 

l film che spero di poter vedere (e alla fine ci riesco, ma alla terza proiezione entro proprio per un soffio con la sala già stracolma), sono:

 

Sameena Jabeen Ahmed

Catch Me Daddy (2014): Sameena Jabeen Ahmed

Sameena Jabeen Ahmed

Catch Me Daddy (2014): Sameena Jabeen Ahmed

CATCH ME DADDY, di Daniel Wolfe: è un'opera prima inglese, un noir lungo una notte: la fuga della giovane di origine pachistana Laila che, aiutata dal didanzato Aaron, deve far perdere le tracce di sé nel momento in cui il fratello la raggiunge presso il campo di roulotte in cui vive per riportarla a casa dal padre, boss fanatico che non accetta la vita libertina ed “occidentale” della sfrontata figlia. Una lunga corsa che si tinge di rosso sangue quando la violenza e la brutalità prendono il sopravvento, seminando morti e tragedia. Un film incalzante e violento dove l'imprevisto entra in scena e fa prendere una piega ben diversa e più violenta ad una operazione quasi banale di ripresa di possesso di un una figlia ribelle: scene forti, un finale che non concede tregua o speranza e che crea qualche perplessità presso il pubblico, generalmente non proprio di primo pelo quanto a suscettibilità o delicatezza di stomaco, forse colto impreparato ad affrontare argomenti e piaghe familiari così forti così all'improvviso e di prima mattina. Ma il film, forte di uno stile asciutto e aiutato da una ambientazione di provincia singolare in cui piccoli villaggi all'apparenza tranquilli lasciano spesso spazio a pianure brulle e declivi improvvisi di gran fascino visivo, si può considerare riuscito e un ottimo esordio cinematografico.

VOTO ***1/2

 

 

GETT, THE TRIAL OF VIVIANE AMSALEM,

 

locandina

Gett: The Trial of Viviane Amsalem (2014): locandina

Ronit Elkabetz

Gett: The Trial of Viviane Amsalem (2014): Ronit Elkabetz

 

degli israeliani Ronit e Shlomi Elkabetz, narra con un certo spirito, ma non senza una forte ed ironica serietà di fondo, l'odissea infinita di Vivienne, bellissima donna che cerca da oltre tre anni di divorziare dal marito, ma inutilmente. Infatti la religione del posto impone che solo un rabbino possa impugnare un matrimonio celebrato secondo il rito ebraico e che se il marito non acconsente, tale divorzio non potrà mai essere reso effettivo.

Pertanto assistiamo ad udienze interminabili ed inutili che si potraggono per oltre cnque anni, in cui i giudici impotenti si prestano ad ascoltare le testimonianze, spesso contraddittorie e antitetiche, di parenti od amici dei due coniugi, mentre tutta la forza ed il risultato della vicenda sta nelle mani del marito, che nicchia, non si decide, forse perché non vuole perdere una donna ancora così bella ed attraente, o forse perché si muove spinto solo da un ostinato orgoglio senza costrutto.

Un film in cui si ride per non piangere, per non farsi sopraffare dalla rabbia verso usi, costumi e prevaricazioni storiche insensate dove guarda caso la figura femminile finisce sempre per essere la parte soccombente e assoggettata. Fino lameno ad un finale surreale e sarcastico in cui il tempo dimostra di saper far accettare praticamente ogni croce e dilemma, creando disagi proprio quando la situazione alla fine è sul punto di sbloccarsi.

 

Voto ***1/2

 

BANDE DE FILLES,

 

locandina

Girlhood (2014): locandina

Marietou Touré, Lindsay Karamoh, Karidja Touré, Assa Sylla

Girlhood (2014): Marietou Touré, Lindsay Karamoh, Karidja Touré, Assa Sylla

 

film francese di quella Celine Sciamma che ci ricorda un po', per ambientazione della vicenda ed età dei personaggi, il Kechiche de La schivata, oppure, in tema di bande giovanili femminili, l'ultimo film americano di Laurent Cantet Foxfire – Ragazze cattive. Dopo il delicato Tomboy, la Sciamma resta in tema di disagio caratteriale e persino della personalità, intesa come l'antitesi tra l'essere ed il voler essere, ma prende in considerazione una fascia leggermente più adulta di donne: le sedicenni di colore in una Parigi della banlieue fatta di palazzoni grigi e squadrati e parchi appena sforati dal verde che invece campeggia opulento in ogni quartiere resdenziale o centrale cittadino di Francia. Marieme subisce con sempre più insofferenza i divieti e gli obblighi a cui è costretta dalla famiglia, da un fratello prepotente, da coetanee che tendono a dominarla e a renderla succube. Per questo, coadiuvata da altre tre dinamiche ribelli, decide di farsi valere nei confronti di tutto e di tutti. Il film appare riuscito soprattutto nei dialoghi brillanti e spiritosi che caratterizzano la formazione della squadra, un quartetto variopinto di ragazze che ha deciso di smetterla di subire. E nelle situazioni complici e intime, in cui l'umanità tenera e sensibile di Marieme si scontra con la dura realtà urbana e metropolitana di una città che ti fagocita se non riesci ad importi sugli altri. Riuscendo ad evitare, almeno in parte, i soliti luoghi comuni della ribellione generazionale che sfocia nella violenza e nel teppismo, Girlhood cerca di prendersi sul serio senza drammatizzare eccessivamente, come sanno fare alla perfezione i ragazzi teen di quella fascia d'età dove l'insofferenza fa a pugni con l'inesauribile ottimismo della gioventù e dell'inesperienza, che inebria e riesce ad allontanare il pensiero desolante dell'inutilità di tutte le lotte per la salvaguardia delle proprie libertà individuali indispensabili.

VOTO ***

 

 

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