È più che indicativo osservare ed analizzare le candidature agli Oscar nostrani, quei David di Donatello che avrebbero bisogno di una revisione completa sia nel sistema di votazioni che nella promozione del riconoscimento in sé. Che, ben inteso, lascia il tempo che trova, val quel che vale perché, detto in soldoni, non porta incassi aggiuntivi ai film in gara, spesso per logiche di uscita abbastanza evidenti. Gli Oscar vantano ancora quel potere per questo motivo: strategicamente posti all’inizio dell’anno, costringono i film più papabili ed appetibili ad uscire nell’arco di un trimestre, così da essere visti e considerati dalla giuria. Cosa succede invece con i David?
Prendiamo due casi emblematici: La grande bellezza e Anni felici. Due ottimi film, diversissimi ma imperfetti e per questo lodevoli. Alla tornata dei David, il film di Paolo Sorrentino arriva dopo un anno segnato da una pioggia di riconoscimenti internazionali, tanto da suggerire l’idea che, di fondo, sarà subissato da una montagna di David più per emulazione e conformismo che altro. La grande bellezza ha, dunque, bisogno di un David? No, ha in bacheca un Oscar e un Golden Globe, figuriamoci. Ne aumenta il prestigio, certo. Ma è un prestigio pilotato se non proprio superfluo, se solo pensiamo che l’altro premione italiano, il Nastro d’Argento, lo premiò, a ridosso del Festival di Cannes, solo in quattro categorie, dimostrando così l’effettivo interesse e il più reale approccio al film di Sorrentino da parte del settore giornalistico italiano (quella stessa categoria che, oggi, incensa il “film da Oscar”, il “regista da Oscar”, gli “attori da Oscar”). Poco spontaneo, insomma, se il 10 giugno Sorrentino e company riceveranno David su David. Per il film, infatti, ci sono diciotto candidature per film, regia, sceneggiatura produttore, i quattro attori (Toni Servillo, Sabrina Ferilli in un’assurda nomination come protagonista, Carlo Verdone e Galatea Ranzi come non protagonisti), fotografia, scenografia, costumi, musica, montaggio, fonico, effetti speciali, trucco, acconciatura e David giovani. Praticamente tutte le candidature possibili.
Prendiamo l’altro caso, Anni felici. Film complesso, difficile nonostante la patina mainstream e vintage, apprezzato al Festival di Toronto e garbatamente ignorato dal pubblico. Se fosse uscito nel 2014 avrebbe goduto di maggiore fortuna? Arduo rispondere tanto è umorale e complicato il pubblico italiano. L’uscita ad ottobre l’ha relegato ad un sostanziale ed immeritato oblio, da cui nemmeno i pur ininfluenti David desiderano salvarlo. Come si possono ignorare le magnifiche performance di Kim Rossi Staurt e Micaela Ramazzotti? Per gli Anni felici di Daniele Luchetti solo cinque nomination tecniche (scenografia, costumi, fonico, trucco, acconciatura).
Veniamo alle candidature che, va detto, presentano interessi stimoli d’innovazioni e problema non indifferenti. La parte del leone, assieme alla Grande bellezza, l’ha fatta lo splendido Il capitale umano di Paolo Virzì, che ha ottenuto una candidatura in più rispetto a Sorrentino (quella per la canzone originale; gli attori giustamente nominati sono Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino e Fabrizio Gifuni). È uno dei film italiani più importanti dell’annata, una commedia che non fa ridere e un dramma che non fa piangere, un grande equilibrio narrativo memore della lunga tradizione melodrammatica italiana ed influenzato dalle atmosfere noir della cinematografia europea, una tappa decisiva nella carriera di Virzì, unico, vero erede della commedia italiana di Monicelli, Risi, Germi, Scola.
Proprio Ettore Scola compete col regista toscano nella categoria dei registi con Che strano chiamarsi Federico. È necessario ammetterlo: una nomination che niente aggiunge alla grandezza del regista di Trevico, più doverosa che dovuta, più evocativa che sincera, considerando che è l’unica segnalazione al suo ultimo, piccolo e pur bello film. Gareggiano con Virzì, Sorrentino e Scola anche il Ferzan Ozpetek del poco riuscito Allacciate le cinture (undici nomine: regia, Kasia Smutniak, Paola Minaccioni, fotografia, musica, scenografia, costumi, montaggio, fonico, trucco, acconciatura) e il compianto Carlo Mazzacurati de La sedia della felicità (film, regia, il cammeone di Milena Vukotic, Giuseppe Battiston, acconciatura) a cui è stato assegnato anche un riconoscimento alla memoria.
Giuseppe Battiston è candidato sia come protagonista che come non protagonista, caso già capitato altre volte nella storia dei David (l’anno scorso Valerio Mastandrea fu addirittura premiato in entrambe le categorie) ed arriva a quota nove nomination in quattordici anni. Ora, fermo restando che Battiston è un grande attore, fermo restando che raramente sbaglia un colpo, fermo restando tutto: che senso ha votare ogni anno Battiston, tra l’altro in più categorie, lasciando fuori attori che meriterebbero una segnalazione? Perché escludere il Carlo Buccirosso di Song’e Napule o il Filippo Scicchitano di Allacciate le cinture?
Perché è l’intero sistema delle crocette sulle schede a dover essere revisionato, il votare senza criterio in tutte le categorie un determinato film o un solo interprete o regista per pura popolarità, glamour o stima. È il caso di Claudia Gerini, la cui prova in Tutta colpa di Freud (due candidature, l’altra è nei David giovani) non è esattamente memorabile, così come quella di Paola Cortellesi per Sotto una buona stella (segnalazione anche per la musica). Che fine hanno fatto l’Elena Cotta di Via Castellana Bandiera, la Giuliana LoJodice di Una piccola impresa meridionale (candidato per la canzone) o la Matilde Gioli de Il capitale umano?
La giovanissima e bravissima Gioli, compagna di scena della Golino nel film di Virzì, ci dà il pretesto per focalizzare l’attenzione sull’aspetto più interessante di questa edizione dei David: ci sono perlomeno quattro opere prime che ottengono risultati più che lusinghieri e due sono candidate come miglior film. Non è, come si potrebbe pensare, un ammiccamento paternalista, ma la più lucida testimonianza della stagione: Smetto quando voglio (dodici candidature: film, regista esordiente, sceneggiatura, produttore, Edoardo Leo, Valerio Aprea, Libero De Rienzo, Stefano Fresi, canzone originale, montaggio, fonico, effetti speciali), La mafia uccide solo d’estate (nove candidature: film, regista esordiente, sceneggiatura, produttore, canzone originale, costumi, trucco, effetti speciali, David giovani), Miele (sette candidature: regista esordiente, sceneggiatura, produttore, Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, fotografia, montaggio) e Salvo (quattro candidature: regista esordiente, poduttore, fotografia, scenografia) rappresentano le più sincere e lodevoli realtà della stagione, vuoi per l’innovazione del linguaggio e la padronanza del mezzo, vuoi per la potenza del messaggio unita alla potenza della realizzazione, vuoi per il successo di pubblico e l’attenzione della critica.
Se uniamo anche le due candidature di Zoran, il mio nipote scemo (regista esordiente e Battiston), le spaurite segnalazioni per Song’e Napule (musica, canzone, effetti speciali) e L’arte della felicità (canzone) ma anche la vitalità del documentario italiano (Stop The Pounding Heart di Roberto Minervini ha avuto la meglio sul Sacro Gra di Gianfranco Rosi e L’amministratore di Vincenzo Marra), se cerchiamo di non disperdere le potenzialità di questi valenti giovani, se riusciamo a sostenerli anche noi come spettatori consapevoli, possiamo sperare, senza retorica né faciloneria, in qualcosa di buono in un futuro prossimo.
Tra i film stranieri è piacevole notare le poco scontate presenze di Grand Budapest Hotel e Blue Jasmine tra gli extraeuropei e Ida, Philomena e Still Life tra gli euorpei. Infine, inappuntabile David alla carriera a Marco Bellocchio, già laureato miglior regista nel 1980 con Salto nel vuoto e 2010 con Vincere. E significativo anche il David speciale ad Andrea Occhipinti e Lucky Red, un cinema con una identità precisa e riconoscibile. A seguire, i miei pronostici.
Miglior film
La grande bellezza
Miglior regista
Carlo Mazzacurati per La sedia della felicità o Paolo Sorrentino per La grande bellezza
Miglior regista esordiente
Pif per La mafia uccide solo d’estate
Miglior sceneggiatura
Francesco Piccolo, Francesco Bruni e Paolo Virzì per Il capitale umano
Miglior produttore
Nicola Giuliano e Francesca Cima per La grande bellezza
Miglior attrice
Sabrina Ferilli per La grande bellezza o Valeria Bruni Tedeschi per Il capitale umano
Miglior attore
Toni Servillo per La grande bellezza
Miglior attrice non protagonista
Valeria Golino per Il capitale umano
Miglior attore non protagonista
Carlo Verdone per La grande bellezza
Miglior fotografia
Luca Bigazzi per La grande bellezza
Miglior colonna sonora
Pasquale Catalano per Allacciate le cinture
Miglior canzone originale
A’ verità per Song’e Napule
Miglior scenografia
Giancarlo Basili per Anni felici
Migliori costumi
Daniela Ciancio per La grande bellezza
Miglior trucco
Massimo Colli per La grande bellezza
Miglior acconciatura
Aldo Signoretti per La grande bellezza
Miglior montaggio
Cristiano Travaglioli per La grande bellezza
Miglior fonico della presa diretta
Emanuele Cecere per La grande bellezza
Migliori effetti speciali
Chromatica per La grande bellezza
Miglior film dell’Unione Europea
La vita di Adele
Miglior film straniero
Blue Jasmine
David Giovani
La mafia uccide solo d’estate
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