Ho imparato ad amare L’Uomo Ragno quando da ragazzino in edicola circolava la ristampa delle sue avventure contenute nel L’Uomo Ragno Gigante. Un formato che non passava inosservato. Ho visto con stupore l’Uomo Ragno cialtrone del 1978, diretto da E. W. Swackhamer. Poi i cartoni animati anni ‘80, quelli con la mitica sigla che faceva: “Spiderman, Spiderman Friendly neighborhood Spiderman”
e io che non capivo le parole cantavo: “ Spiderman, spiderman genginevron Spiderman” . Ma andava bene lo stesso.
Poi è arrivato Sam Raimi. E ha fatto due capolavori e una cagata per contratto. L’invasione dei supereroi che dura da quando gli effetti speciali hanno reso possibile ciò che nel film dell’Uomo Ragno del 1978 era impossibile, è diventata massiccia. Dai più grandi Batman, Superman, I fantastici quattro, Hulk, X Men ai più inutili tipo, Elektra, Daredavil, Ghostrider e soprattutto Lanterna Verde magnificamente sbeffeggiato anche nel capolavoro di animazione Lego Movie tutti hanno avuto il loro wharoliano momento di celebrità sul grande schermo.
L’Uomo Ragno ha però un difetto originario: i suoi nemici almeno quelli classici, sono poco carismatici. A parte forse il Doc. Octopus e Goblin , l’Avvoltoio, Kraven, Mysterio, Electro, l’Uomo Sabbia non hanno una statura in grado di competere con il Ragno. Se è vero che il carisma dell’eroe si definisce dalla potenza della sua nemesi, un vecchio che si mette le ali o uno sfigato fatto di sabbia che con l’acqua si scioglie non sono propriamente il massimo in fatto di supercriminali.
Il carisma di Spiderman deriva quindi da altro, dal suo rapporto con la quotidianità, dall’esasperazione del concetto di identità segreta e dalla bizzarria dell’avere problemi comuni agli adolescenti che sognano un giorno di rivalersi sul mondo ostile. Peter Parker incarna questo sogno. Altro limite del ragnetto è il legame con l’habitat giungla d’asfalto e metallo che lo ospita. Per le caratteristiche acrobatiche del potere di ragno, Spiderman in un universo di villette a schiera perderebbe molto del suo potenziale. Ecco quindi che Manhattan diventa il centro del mondo e facendosi parte per il tutto concentra in sé le esplosioni di malvagità che necessariamente devono essere combattute dall’eroe.
I primi due episodi della saga di Raimi erano una gioia per gli occhi, cinema allo stato puro nel quale il riaggiornamento del potere di ragno si ibridava con le pulsioni ormonali dell’adolescente che vede il proprio corpo cambiare. Rimosso l’aspetto tecnologico della costruzione del personaggio di Spiderman, la ragnatela sgorgava liquida dai polsi di Tobey Maguire come una polluzione incontrollata. A sostegno della psicologia del Supereroe l’attenzione alla profondità psicotica dei nemici, guarda caso proprio Goblin con Willem Dafoe e poi il magistrale Dr.Octopus di Alfred Molina che nasce facendo suo un immaginario cimeatografico del fantastico che affonda le radici (o i tentacoli) del cinema della Universal e dei classici dell'orrore sapientemente ricreati da Raimi in una-scena-una.
Spider pollution
Dr. Octopus
Lo Spiderman di Marc Webb, prodotto Sony per Marvel, abbraccia sia con il primo discutibile capitolo, The Amazing Spiderman con Lizard come goffo villain e con questo secondo The Amazing Spiderman 2: il potere di Electro, un realismo fantastico dal punto di vista tecnologico, attribuendo ad un centro di malvagità permanente ficcato come un totem in piena Manhattan, la torre dell’industria Oscorp , l’origine di tutti i mali e ratificando così l’appartenenza indigena al cuore di New York del ragnetto. Al tempo stesso riprende in maniera massiccia tutte le paturnie adolescenziali amorose di Peter Parker, cercando nel passato dei genitori la ragione della sua natura. Nel secondo capitolo l’aspetto privato è molto caricato di significati che stratificano la statura drammatica dell’eroe relegando i supercattivi a sparring partner in debito di ossigeno in quanto a carisma. Da questo punto di vista lo Spiderman di Webb è molto più aderente allo spirito del fumetto ma è strutturato per un pubblico adolescenziale che di Spiderman ha letto poco, piuttosto lo ha visto crescere nel video, nel merchandising, nelle avventure a cartoni animati di moderna concezione. Non è neppure necessario quindi ricalcare l’estetica dei personaggi (Zia May di Sally Field con il fumetto non c’entra nulla), eliminarne di fatto altri (J.Jonah Jameson direttore del Daily Bugle) per crearne altri funzionali ad approfondire la storia di Peter (i genitori) . Non è necessaria l’immedesimazione fisica nei personaggi, quanto sostenerne la psicologia, limandone i limiti.
Lo Spiderman di Raimi era destinato invece ad un pubblico un po’ più colto (non trovo parola migliore) dal punto di vista “letterario” pop e cinematografico e se dal punto di vista visivo aderiva alla memoria storica di un pubblico adulto cresciuto a pane e fumetti, dall’altra si allontanava della spirito del fumetto stesso per elevarlo a metafora dell’epica dell’eroe mettendogli di fronte la nemesi stessa della sua condizione di privilegiato con gravi problemi di relazione.
Il tratto comune delle due interpretazioni del supereroe sono le figure femminili. Tanto la rossa Mary Jane Watson di Kirsten Dunst quanto la superba Gwen Stacy di Emma Stone (superba anch’essa) sono in grado di tenere la scena. Ma ad onor del vero basta un bacio rovesciato di Mary Jane allo Spidey sotto la pioggia in un sozzo vicolo per far sparire d’un botto tutto il melò da serial adolescenziale di questo ultimo film. Potenza dell’autore.
Emma Stone bacia Andrew Garfield
Un bacio al ragno nel film di Raimi.
I nemici di Spiderman in questo secondo capitolo di Webb sono tre. Uno meno carismatico dell’altro. Tutti meno carismatici del loro alter ego “normale”. Max “Electro” Dillon è cattivo perché un po’ stupido e asociale ma la brama di distruzione non è sorretta da una sufficiente introspezione psicologica. E’ sostanzialmente un cretino nella macchietta da perdente nella bassa caratterizzazione di Jamie Foxx che richiama il Dr. Manhattan nella sua manifestazione malefica.
Green Goblin appare e in un battibaleno scompare dopo una corposa preparazione che di fatto sembra uno spin off inserito nel film dalla narrazione parallela, con il fulcro sul deviante e bravissimo Dane DeHaan, perfetto per la parte ma poi sacrificato da esigenze di timing. Senza colpa Rhino nel cammeo di Paul Giamatti che serve solo a chiudere il film.
Tanto caos alternato a momenti di pathos che scivola verso il melò da teenager contemporaneo, complici i visi puliti di Adrew Garfield di Emma “mozzafiato” Stone strizzando un l’occhio al neo romantic alla Twilight con una stilla di coraggio in più: la morte dell’eroina Gwen Stacy, come fumetto impone. L’azione è invece divertente e divertente è Spiderman, irriverente sbruffone, ironico nello sbeffeggiare i suoi nemici e tanto adorato dalle folle alla faccia di J. Jonah Jameson e del suo fogliaccio. Che infatti non compaiono. Tra le chicche, il telefonino di Peter Parker ha come suoneria la sigla dei cartoni animati di Spiderman. “Spiderman, Spiderman, genginevron Spiderman.” Eh si, è la cosa più bella del film. Il terzo capitolo è già in pre produzione. Nel covo della Oscorp tra le armi in stand by si scorgono le ali dell’Avvoltoio e i tentacoli di Octopus, ovviamente riaggiornate in stile hi-tech. Avanti tutta, senza sorprese.
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