“Ecco una cosa che ho capito, che molti vogliono ammazzare qualcun altro, ma io non capisco perché”. Non capisce la piccola Martina, non può capire, le trame dei grandi sono troppo complicate per una bambina come lei, troppe intrise di cattiverie per poter essere penetrate dalla sua santa ingenuità, troppo enormi per essere catturate dai suoi occhi trasognati. Delle cose però le ha percepite tra tutte quelle che gli capita di vivere, sensazioni strane per una bambina, che la costringono a crescere in fretta, a guardare la morte in faccia, a farsi delle domande sulla gratuita crudeltà della guerra. Ha intuito che in questa storia ci sono dei cattivi e che questi cattivi provocheranno molto male, che nulla sarà come prima quando tutto sarà finito, che le scariche di mitra hanno già interrotto quella serenità bucolica su cui si adagiava placida la sua esistenza e quella di tutte le persone che conosce. Che alla fine non si dovrà fare solo la conta delle persone morte ammazzate ma anche certificare il progressivo declino culturale della civiltà contadina, inserita arbitrariamente in una guerra che non le riguardava, a fare la vittima in una storia che non ricorda mai i loro nomi. Un intero mondo, coi suoi usi e costumi, i suoi dialetti, il suo istintivo rapporto comunitario, verrà naturalmente contaminato dagli odi intestini che ne scaturiranno e fatalmente assassinato da un sistema di cose che lascerà poco spazio a chi non si omologherà alla cultura dominante. Si, perché Martina non parla, da quando il piccolo fratellino gli morì tra le braccia e le prime avvisaglie della prematura perdita dell’innocenza già bussarono alla porta del suo piccolo cuore, ma vede e ha due occhi grandi come il sole, che illuminano a giorno il buio che avanza e sembrano avvertirla in tempo dei pericoli che incomberanno sulla sua gente, indicargli la direzione da prendere di volta in volta. Perciò lei impara a muoversi correttamente in mezzo a questa storia per adulti, con la discrezione di chi ha compreso cosa significa stare dalla parte debole della storia e l’istintività di chi, sentendosi braccato, cerca di sfuggire a un pericolo imminente. Così, prima si nasconde e poi fugge, prima aspetta impaziente la nascita del nuovo fratellino e poi se lo stringe al petto come se se stesse giocando a fare la mamma. Come un altro sogno da coccolare e una nuova speranza da crescere bene.
L'uomo che verrà (Giorgio Diritti)
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