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Il vocabolario dei sentimenti - Amarezza (6)
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Addio, mia bella casa!

 

“…dove i tram non vanno avanti più, è più facile sognare che guardare in faccia la realtà…”

“Sono amareggiata…”,  disse mia madre, quando seppe che volevo scrivere. Si aspettava che facessi altro. Magari il medico. Per questo mi aveva fatto laureare. Ma con quell’idea fissa avevo alimentato la mia vita. E’ grazie al tuo sogno che puoi resistere a Scampia. Ho letto tomi su tomi, sentito la gente discuterne, ascoltato dibattiti in televisione. Mi chiedo se ci siano mai venuti, a casa mia. Già: tutti ne parlano, ma solo un napoletano può sopportare l’amarezza di passare da via Bakù o magari transitare per via Ghisleri…ah, napule mia, quant m’aggia amariggiato mentre t’accurtellavano e ìi’ nun puteva fa niente.  La vita è una questione di nascita, no? Se fossi stato un londinese, magari con una mezza vita a Notting Hill, forse, che so, avrei fatto il libraio. Scrivere è un’altra cosa, va bene. Però, sempre di cultura, parliamo. Magari nel tuo negozio può capitare una diva famosa, che so, un’attrice bellissima, la tua vita può cambiare. Potevo nascere a Casablanca,  nel 1942. O a Manhattan. Oggi, forse, avrei una quarantina d’anni, una fidanzata di diciassette, un’amante interessata all’arte. Perfino un ex moglie che convive con un’altra donna. Ma volete mettere abitare nelle Vele, disoccupato, alla periferia (!) di Secondigliano? Eppure, anche qui, tra poche ore, si festeggerà l’Unità d’Italia….D’accordo, anche Guttuso ha avuto la sua Vuccirìa. E, nonostante tutto, Irvine Welsh non rinuncerebbe a Fettis, su ad Edinburgh. Ma allora, mi chiedo, perché Bergman ha continuato a cercare per tutta la vita il suo posto delle fragole? Nei primi tempi, però, non me l’ero sentita di deludere mamma. Un amico di famiglia, secondo lei, poteva darmi una mano. Accettai: in fondo, si trattava di un lavoro ben pagato. Smaltimento rifiuti, capperi! Era una missione ecologica. Bastava trovare i siti più adatti. Solo di ritorno dal nord capii l’errore: vivevamo dei veleni che vendevamo alla povera gente…Scesi dal furgone. Tony cercò di fermarmi. Non gli diedi ascolto. Lo sconforto lasciò il posto all’amarezza. Ciao, Servillo, dissi sottovoce. Da allora, vivo sotto protezione, senza sapere neppure perché. Non ho visto più mia madre. Il giorno che fui costretto ad andare via, potei lasciarle solo un semplice biglietto, gonfio d’amarezza: “Non tornerò. Salutami Gomorra”.

 

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