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Nostalgia canaglia... quando erano tutti "semafori verdi".
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La nuova rubrica dei semafori scritta da Spaggy, mi ha “ispirato” questo post molto personale, un post di “nostalgia canaglia” (chissà... potrebbe diventare anche questo uno spunto per nuove rubriche...?). Nella sezione “semafori rossi” c'è il nuovo film-tv per Mediaset , che andrà in onda mercoledì 16 e giovedì 17 aprile su Canale 5. Un film che si è ispirato niente po' po' di meno che a Rodolfo Valentino, per riproporre le gesta di un nuovo e sempre più sexy Gabriel Garko, nelle vesti di un mito romantico come Rudy Valentino.

Gabriel Garko

Rodolfo Valentino - La leggenda (2014): Gabriel Garko

Non voglio sparare sulla Croce Rossa, sarebbe troppo facile, le fiction che Mediaset e Rai propongono ultimamente sono a dir poco imbarazzanti: saghe mafiose fumettone e improbabili, rispolvero di antichi romanzi che nulla conservano dei romanzi originali, miti sportivi e dello spettacolo stereotipati, e i sempre verdi santi e martiri che fanno milioni di ascolti.

 

Solitamente mi guardo tutto, anzi ho un debole per le trasmissioni “dove si litigano”, che spesso ospitano attori e attrici che popolano queste fiction da anni, che ci campano e che quando sono in stato interessante vengono chiamate come opinioniste per i reality (caso della Manuela Arcuri al “Grande Fratello”, rimasta fuori dal sopra citato “Rodolfo Valentino”).

 

Ma è proprio questo ultimo Rodolfo Valentino, che ho trovato assurdo, mi ha fatto salire un groppo alla gola, pensando agli sceneggiati di molti anni fa, quando il teatro entrava in televisione (e non viceversa), quando i dialoghi televisivi rispettavano quelli del romanzo al quale si erano ispirati, quando anche grandi attori del teatro dovevano molto della loro popolarità al piccolo schermo.

 

Senza fare la “Fabio Fazio” dell'ultima ora, voglio approfittare di questo piccolo spazio per una serie di ricordi legati alla mia infanzia, quando la visione dei film era legata al lunedì sera (sacro) su Rai 1, quando la TV per ragazzi non era spolverata su una decina di canali digitali, ma reclusa nello spazio di un paio d'ore pomeridiane (che si attendevano mangiando pane e Nutella), quando il giovedì sera c'era il quiz, e il martedì e il venerdì lo sceneggiato.

 

Lo sceneggiato che sicuramente ha influenzato le mie notti insonni e anche i miei gusti futuri è stato “L'amaro caso della baronessa di Carini”-1975, la manina insanguinata sul muro ha segnato la mia fantasia per moltissimi anni, complice anche la leggenda avvincente della baronessa accoltellata per amore e gelosia, e per la bellissima canzone della sigla cantata da Gigi Proietti, che anche a distanza di tempo fa salire un brivido sul collo. Quanto ho dovuto battere i piedi per terra con la mamma per farmelo vedere: i cugini più grandi mi narravano le puntate paurosissime mettendomi ancora più paura... e io volevo vedere... vedere la manina insanguinata. Quando finalmente ottenni il permesso dalla mamma (“ma mi prometti che se ti fa paura vai nell'altra stanza” mi diceva la mamma, e io promettevo ciò che sapevo già non essere possibile) per vedere solamente la sigla con la famosa manina, rimasi alquanto scioccata e per molte notti a seguire andai a dormire nel lettone.

 

Altro sceneggiato di paura determinante per la mia “formazione” è stato “Ritratto di donna velata”-1975, con Nino Castelnuovo, che all'epoca era una sorta di Gabriel Garko della televisione Rai (pensa te quanto sono cambiati i tempi), e Daria Nicolodi, che aveva già fatto “Profondo Rosso” quindi una dark lady versione anni '70, anche qui fantasmi di affascinanti donne del passato che tornavano a reclamare i loro amori perduti.

 

Cosa funzionava allora e cosa non funziona oggi? Io non lo so, forse il ricordo della mia infanzia rende tutto più bello e più affascinante, forse tra trent'anni ci saranno altre Maghelle che ricorderanno un film su Rodolfo Valentino dato su Canale 5 (sarà improbabile), quello di cui sono sicura è che c'era un altro tipo di approccio al lavoro da parte di chi quei sceneggiati li scriveva e li girava: attori di teatro per lo più, che spesso giravano in diretta gli episodi; una sceneggiatura fedele al romanzo originale che ne rispettava la forma e la sostanza, registi di talento con molta gavetta alle spalle. Questo per quanto riguarda gli sceneggiati che si rifacevano ai grandi romanzi classici (un ricordo mio personale per “Il conte di Montecristo”-1966 e riproposto in seguito in tv con Andrea Giordana (bellissimo) e per un indimenticabile “Madame Bovary”-1978 interpretato da una grande Carla Gravina).

 

 

Siccome ricordo chiama ricordo... e io oggi mi sento una “nostalgia canaglia” che mi attanaglia, finisco con la sigla di Lucio Dalla che apriva la prima serata di Rai 1 il lunedì sera, quando c'era il film: shhhh comincia, tutti zitti!

 

Avevamo una televisione in cucina, piccola, di quelle che si doveva girare l'antenna a mano per trovare i canali, e poi si aveva la televisione grande nel salotto, quella dove il babbo ci guardava le partite. Il lunedì tutti e tre (mamma, babbo e io) ci mettevamo accoccolati sul quel bel divanone soffice, la coperta che arrivava sulle gambe mie e della mamma, buio e quella luce bluastra tremolante della televisione che sapeva tanto di caminetto accesso, di focolare.

Spesso mi addormentavo e allora il babbo mi portava nel lettino e la mamma arrivava a rimboccarmi le coperte (“però domani me lo dici come va a finire?” borbottavo prima di crollare definitivamente).

 

 

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