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Il vocabolario dei sentimenti - Amarezza (1)
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L’amarezza si legge a chiare lettere nello sguardo di Camille, nei suoi occhi sottolineati da un tratto eccessivo di trucco, nella sua fronte aggrottata, nei suoi movimenti nervosi, nella sua voce che si incrina, nelle sue parole aggressive. È una donna ferita nell’orgoglio perché ama e non è riamata. Di fronte a lei Stephane sembra quasi appartarsi nel suo silenzio, giusto qualche sillaba a voler infrangere la furia beluina di Camille. Pallide giustificazioni, un gioco a mostrare e nascondersi. Un tentativo di seduzione appena accennato.

Ma se era un gioco, allora bisognava andare fino in fondo” gli grida Camille.

Lo chignon le trattiene a stento i capelli, una ciocca le ricade sulla fronte, la bocca rosso fuoco risalta ancor di più. E Stephane lì di fronte a lei espone il suo cuore in inverno. Che non sanguina. Due minuti di film che valgono intere filmografie, una cinepresa che accarezza i volti e fa assaporare l’atmosfera del bistrot parigino affollato in cui avviene il rendez vous. Sul tavolo due bicchieri di vino che nessuno toccherà mai. Quante volte ho riguardato questi due minuti, quante volte li ho consumati con gli occhi e immaginati diversamente, che cosa avrei dato per essere io lì di fronte a Camille a confortarla, a prendere le sue mani tra le mie, a sfiorare appena il suo viso angelico solo per smorzare quello spirto guerrier che entro la rugge. In quegli occhi sarei annegato molto volentieri, quei capelli li avrei accarezzati fino alla fine del tempo. Se in un’altra dimensione esistesse questa Camille io sarei lì al suo fianco a darle tutto l’amore di cui ha bisogno. Lo stesso bistrot in un momento diverso. Due tazzine di caffè in attesa di essere consumate. Stephane è seduto, arriva Camille. Stavolta è serena, riconciliata apparentemente con se stessa. Due parole di circostanza e un saluto. Un bacio sulla guancia e dalla macchina i grandi occhi di Camille lo fissano memori di tutto il passato che lei e Stephane non sono mai riusciti a vivere assieme. Adesso Stephane è solo e l’amarezza stavolta cala come un velo ad opacare il suo sguardo mentre nella via di fronte al bistrot la vita scorre sempre uguale a se stessa, la gente affannata disegna traiettorie casuali davanti alla vetrata. Attraverso quel vetro Stephane scruta i fantasmi del suo passato che tornano e nel frattempo vede allontanarsi la sua unica speranza di felicità. Arriva il rimpianto. La settimana dopo Camille e il suo violino saranno a Parigi. Chissà...

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