Quando Endy Diufresna varcò i cancelli del penitenziario di Sciò Scièn, pensai subito che non ce l’avrebbe fatta. Ogni volta che arrivavano nuovi detenuti, avevamo l’abitudine di scommettere su quale sarebbe crollato per primo durante la notte. Puntai tre pacchetti di sigarette su quello spilungone dall'aria trasognante.
Endy non mi deluse, dopo solo un’ora dallo spegnimento delle luci, dalla sua cella arrivarono singhiozzi sommessi; dopo un po’ piangeva a dirotto cercando la mamma ed urlando la sua innocenza. Le guardie lo presero, lo portarono sotto dove tutti potevano vederlo e gli diedero tante di quelle manganellate da ridurlo in fin di vita, sia lui che il manganello.
Nei giorni seguenti Endy se ne stava da solo in un cantuccio, ogni tanto raccoglieva qualche manciata di sassolini e se li lasciava scivolare per le mani mentre con aria malinconica osservava l’orizzonte al di là delle mura di Sciò Scièn, presto però avrebbe capito che in prigione non si può stare da soli.
John “trapano” Smith, aveva posato gli occhi su Endy e presto o tardi gli avrebbe fatto una visita di cortesia. Quella settimana Diufresna era stato assegnato alla lavanderia e John fece in modo che si trovasse da solo quando lui ed i suoi due compagni bloccarono Endy e lo fecero inginocchiare. John gli puntò un coltello dritto sulla tempia e disse “adesso prendimelo in bocca”. Endy lo guardò negli occhi e rispose risoluto: “se qualcosa entrerà nella mia bocca, non ne uscirà più…”.
“Se provi a mordermi ti ficco il coltello dritto nel cervello”.
“Stupido, se inserisci il coltello lì provocherai una contrazione del nervo facciale che farà serrare la mia mascella tanto forte che per aprirla servirà un piede di porco”.
John sudò freddo ed impallidì, a quel punto tolse il coltello dalla tempia di Endy e lo piazzò con decisione all’altezza della giugulare, “qui non ci sono nervi facciali, prendilo in bocca adesso”.
E fu così che Endy capì che in carcere le regole le fa il più forte e che gli serviva aiuto.
L'occasione gli capitò ascoltando per caso una discussione tra il capo delle guardie, Simur Delacruà, e Mortimer Malloy, direttore del penitenziario. Non sapevano come far sparire i soldi ricavati con i lavori forzati senza dare nell'occhio. Endy entrò dicendo che il suo lavoro da vice-direttore di banca poteva tornare molto utile ma in cambio voleva protezione contro le angherie degli altri detenuti. Da quel momento Endy Diufresna entrò nelle grazie di quella canaglia di Mortimer e da allora nessun detenuto osò più alzare un dito contro di lui.
Col passare dei mesi Endy riuscì ad accattivarsi sempre più le simpatie del direttore attraverso suggerimenti che fecero gonfiare le tasche di quel porco come otri durante la vendemmia, al punto da portarlo a dare una sovvenzione alla biblioteca del penitenziario per la gioia di Endy che era ormai l'unico ad occuparsene.
Durante l'ora d'aria Endy restava sempre solo e continuava a rigirare sabbia e pietrisco tra le mani. Ero l'unico detenuto con cui si fermava a parlare. Senza preavviso, un giorno come tanti, Endy mi disse qualcosa che solo più tardi avrei compreso appieno.
“Red, devi promettermi una cosa. Se mai uscirai da qui, dovrai farmi un favore. Hai presente la collina di Spun River?”, annuii con la testa, “beh, devi salire su quella collina e raggiungere l'albero di Cripopa che la domina. C'è un muro a secco diroccato dietro quell'albero, devi piazzarti a metà dello stesso e togliere i sassi che sono accumulati alla base. Lì troverai qualcosa di importante, devi prenderlo per me”. Guardai Endy sorridendo, sapevo che non sarei mai uscito vivo da Sciò Scièn ma gli promisi ugualmente che avrei rispettato la mia promessa.
Qualche settimana dopo, una sera che pioveva come dio la mandava, Endy sparì.
Semplicemente, la mattina dopo le guardie non lo trovarono nella sua cella. Chiamarono più volte durante l'appello ma dalla cella di Endy non giungevano risposte. “Diufresna, maledizione! Esci da lì o ti diamo tante di quelle sberle che per riconoscerti dovranno utilizzare le nostre impronte digitali!”
Fu a quel punto che dalla stanza dell'infermeria uscì Delacruà, si avvicinò alla guardia che chiamava l'appello e gli sussurrò qualcosa all'orecchio. Più tardi scoprimmo che Endy stava scavando da mesi un tunnel con un cucchiaio, coprendo il buco con un poster di Rita Rusic e portando con sé ogni giorno manciate di materiale che disperdeva nel cortile durante l'ora d'aria.
Dopo mesi di lavoro aveva scavato ancora solo un foro grande quanto il cucchiaio stesso e stava per rinunciare, senonché approfittando della fiducia delle guardie, riuscì a portarsi in cella nientemeno che un piccone. Durante la notte, approfittando del temporale, Endy si decise a dare una svolta ai suoi lavori colpendo con intensità rinnovata e andando a sfondare la tubazione delle acque bianche che passava dietro il muro. La cella si inondò.
Quando Delacruà si accorse di ciò che stava accadendo entrò nella cella di Endy. Non si sa esattamente cosa gli fece ma Endy sparì da Sciò Scièn dentro un'ambulanza e pare che da quel momento cominciò a nutrirsi solo attraverso una cannuccia.
Ecco, durante il finale di questo splendido film, in un secondo come fossero ore, si è dispiegata tutta questa storia nella mia mente. Ero compiaciuto dello splendido finale de “Le ali della libertà”, contento di come l'ingiustizia fosse stata bilanciata dall'ultimo gesto di Andy Dufresne e di come fosse possibile sognare una vendetta ed una rivalsa. Ma immaginai il modo in cui realmente sarebbe andata la storia e realizzai che troppo spesso i film ci raccontano una balla, un'invenzione di fantasia. Nella maggior parte dei casi non c'è alcuna rivincita, non c'è alcun modo di correggere le ingiustizie. Nelle celle si consumano dei drammi, molti ragazzini subiscono angherie e violenze e non c'è qualcuno che rimedi per loro, che li difenda, che impari le arti marziali e gliele insegni per vendicarsi. Non c'è proprio nulla di tutto questo nella realtà ed allora il film è solo un modo per mentire a noi stessi, alle nostre speranze e negarci quella realtà che solo raramente prevede eroi e rivincite contro i più forti o i più potenti.
Ma chi avrebbe mai letto il libro di Stephen King o visto il film di Darabont se avesse narrato la vera storia di Endy Diufresna? Nessuno probabilmente.
Ecco cosa ci resta, l'illusione di raccontare una storia vera, facendo un doppio torto a chi non ha avuto mai nessuna rivincita, ai milioni di Endy Diufresna sepolti nell'indifferenza e nel disinteresse.
(//www.filmtv.it/scheda.php/film/12742/le-ali-della-liberta/)
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