Molti sono i biplani impiegati nel cinema ad offrire scene di acrobazie aeree spettacolari e duelli all’ultimo sangue, Sin dal primo esemplare dei fratelli Wright, l’evoluzione tecnica di questi aerei, piccole automobili con le ali, fece, prevalentemente per necessità belliche, passi da gigante e, per la loro maneggevolezza, rimasero in dotazione di numerosi paesi sino alla IIWW (vedi gli aerosiluranti Fairey Swordfish ed i loro effetti micidiali sulla nostra Flotta a Taranto) ed imbarcati su naviglio da guerra pesante come aerei da ricognizione. Ma in genere furono protagonisti nella IWW. Fra i vari modelli la mia preferenza è entusiasta verso il Sopwith Camel.
Elegante, micidiale, maneggevole solo per i piloti con maggior capacità, fu il miglior caccia inglese usato nella IWW. Entrò in servizio nel giugno 1917. Provvisto di due mitragliatrici Vickers, primo ad essere dotato di armi fisse sincronizzate per sparare attraverso le pale dell'elica. Il supporto di queste armi e il carter a protezione delle culatte formavano una gobba dietro al motore che ha dato il nome all'aereo (camel). Gli aviatori esperti ed entusiasti sostenevano che volare con il Sopwith Camel comportava tre sole possibilità: andare al cimitero, essere ricoverato o guadagnare la Victoria Cross.
Nel cinema il biplano appare a volte protagonista, più spesso in apparizioni contenute. Impiegato sia per film riguardanti la IWW, sia nell’attività postbellica quale mezzo di trasporto della posta o per esibizioni in circhi volanti da parte di appassionati piloti, spesso privi di altre possibilità di lavoro. Tra i primi film è necessario ricordare quelli del regista Howard Hawks (aviatore nella prima guerra mondiale): “La via delle stelle” (1928), “La squadriglia dell’aurora” (1930), “Le vie della gloria” (1936). Anche nel suo “Avventurieri dell’aria” c’è un breve drammatico spezzone riguardante il collaudo di un biplano da parte di C. Grant.
Più recenti sono “ La caduta delle Aquile” (1966) di J. Guillermin, “La battaglia delle aquile” (1968) di M. McDowell e “Giovani Aquile” (2006) di T. Bill. Di passaggio ricordo “All’ovest niente di nuovo” (1930) di L. Milestone ed il suo remake “Niente di nuovo sul fronte occidentale” (1979) di D. Mann, ove la presenza di aerei rientra solo nel contorno dei film. Sempre in ambiente militare, ma post bellico, rientra il film di J. Ford del 1957 “Le ali delle aquile” che illustra la nascita delle portaerei.
Ma i biplani sono protagonisti in molti altri film a contenuto non bellico. Ricordo “Quei temerari sulle macchine volanti” di K. Annakin del 1965, “Il temerario” di G.R. Hill del 1975, “Avventurieri alla fine del mondo” simpatico film di avventura di B.G. Hutton del 1983 e, nella parte iniziale, quella del servizio postale, “Aquila solitaria” di B. Wilder del 1957, per arrivare a“The Aviator” di M. Scorzese del 2004 (sempre all’inizio).
Ovviamente la lista non può essere completa. Mi sono lasciato per ultimo, volutamente, “Il Barone Rosso” di R. Corman del 1971, che, come ho potuto confrontare con documentari dell’epoca e testi storici, ricostruisce abbastanza fedelmente il servizio militare prestato durante la IWW dal Barone Manfred von Richthofen. Aviatore coraggioso, grande combattente, freddo in azione, era riuscito ad abbattere 80 aerei. Il 21 Aprile 1918, mentre stava per colpire la sua 81° preda, troppo preso dall’inseguimento, non si accorse che dietro di lui c’era il capo-pattuglia della futura vittima, a bordo di un Sopwith Camel, che, vista la scena, si era messo alle spalle dell’avversario. Troppo tardi il Barone Rosso si voltò a guardarlo: il capo-pattuglia sparò una raffica di mitragliatrice e il Fokker rosso si fracassò al suolo. Il pilota della R.A.F. era un canadese e aveva un cognome significativo: Arthur Roy Brown. Nel film i fatti sono descritti in modo diverso e d’altra parte anche l’attribuizione dell’abbattimenti a Brown è ancora sotto discussione.
La vita militare di von Richthofen conclusa con l’abbattimento e la morte da parte di Roi Brown sarebbero stati già di per se avvenimenti storicamente importanti, ma per tutto il XX secolo hanno avuto grande notorietà per merito del Bracchetto (Beagle) di Charles M. Schulz, Snoopy
Il cane di Chrlie Brown (notare il cognome identico al vincitore del Barone Rosso) vive sul tetto della sua cuccia, riccamente dotata all’interno di un biliardo e di un Van Gogh) e si presenta nelle striscie dei Peanutz con varie personalità. Famosa quella di scrittore fallito. I suoi scritti hanno sempre l’incipit. “Era una notte buia e tempestosa…”. Ma tipica è quella in cui impersonifica un asso della IWW. Snoopy sale sul suo Sopwith Camel (aereo-cuccia), indossa occhialoni e cuffia, sciarpa al collo, e ingaggia duelli immaginari (in cui ha sempre la peggio) col "dannato barone rosso". Snoopy, nella sua saggezza, rimane un perdente che però non demorde e per questo ha goduto dell’affetto di tutti coloro che per generazioni hanno apprezzato le sue avventure ed i suoi alter ego.
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