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LEGIO VIIII Hispana: spunti per una riflessione fra cinema e storia
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Quest'anno sta per uscire L'AQUILA DELLA XI LEGIONE del regista Kevin MacDonald. L'anno scorso è uscito, ma non in Italia, CENTURION, di Neil Marshall. Ricordo poi, anche se per motivi diversi, L'ULTIMA LEGIONE (2007), un brutto film di Doug Lefler, tratto dal bel libro di Valerio Massimo Manfredi; KING ARTHUR (2004) di Antoine Fuqua e IL GLADIATORE(2000) di Ridley Scott.

Da appassionato di storia romana, dovrei rallegrarmi di questo revival dei fasti di Roma antica, ma troppo spesso devo constatare, con notevole disappunto, l'enorme divario, in tema di serietà e di rigore, fra cinema e saggistica storica. Vi sono romanzi storici che sono stati saccheggiati e portati sullo schermo per delle versioni risibili e assurde. C'era forse più serietà in certi film italiani che trattavano tematiche dell'antica Roma di quanta se ne vede ora, forse perchè siamo, noi italiani, più restii, almeno nel cinema, a prendere a calci la verità storica. Ma la cinematogfrafia anglosassone risente di una sostanziale ignoranza, di una notevole leggerezza e disinvoltura nel confondere dati e date, nell'inventare fatti mai accaduti, nell'intento di esaltare ciò che fa effetto su masse di spettatori sprovveduti e mortificare, di converso, la realtà storica. Un caso emblematico è IL GLADIATORE: nonostante il regista sia un artista apprezzato come Ridley Scott, vi sono elementi che rendono difficilmente digeribile a stomaci un pò meno sprovveduti il pastrocchio che definisce in buona parte questo pluripremiato film.

Non si capisce, per esempio, che diavolo c'entrava il riferimento essenziale a LA CADUTA DELL'IMPERO ROMANO, di Anthony Mann (film che deliberatamente prendeva a calci la storia): una spiegazione potrebbe essere quella dell'impreparazione. La produzione, a corto di preparazione storica, affida la sceneggiatura a un semisconosciuto David Franzoni chiedendogli di basarsi sul film di Mann. Si parte cioè da un dato falso per costruirci sopra una storia fantasiosa. Il bello è che, se non teniamo conto della realtà storica e degli erroracci linguistici, comportamentali ecc., il film, grazie alla regia, a una sapiente ricostruzione ambientale e scenica e a una sceneggiatura, malgrado tutto, apprezzabile, riesce ad essere gradevole. Ma allora, ha senso stracciarsi le vesti se il film ha riscosso così tanto successo? Forse sarà meglio chiederci se ha senso mettere sullo stesso piano cinema e letteratura. Un buon libro come quello di Manfredi viene snaturato: chi ha visto il film (L'ULTIMA LEGIONE), difficilmente andrà in libreria a comprare il romanzo.

Ma non è sempre così: Robert Bresson dirige un capolavoro qual è DIARIO DI UN CURATO DI CAMPAGNA (1951) tratto dal libro omonimo di Georges Bernanos. E allora? Forse sarà più opportuno lasciare che il cinema abbia un suo percorso  autonomo dalla letteratura che lo ha generato o almeno ispirato.

Quando Mario Puzo scrive IL PADRINO, non sa che il suo libro avrà un'eco straordinaria nel mondo intero alpunto da condizionare perfino i comportamenti. E non può nemmeno immaginare che sarà grazie non tanto al suo libro quanto al film di Coppola. Viene anche da chiedersi se sia giusto comparare il film e il libro da cui è tratto.Quando Sandro Bolchi realizza I PROMESSI SPOSI nel 1967 per la tv, tenta di avvicinarsi al testo manzoniano il più possibile, ma si rende conto che i tempi e il linguaggio cinematografico sono altra cosa: Deve per forza tagliare, sintetizzare, creare atmosfere, inventarsi volti che siano congeniali al romanzo: insomma, un lavoro nuovo, che diventa creazione altra. Ma questa era la tv buona, quella dei professionisti seri, preparati e colti e quella degli attori presi direttamente dal teatro (attori assolutamente grandiosi).

La stessa serietà sembra contraddistinguere Stanley Kubrick quando dirige SPARTACUS (1960), partendo da un romanzo del 1958 di Howard Fast. Qual'è allora la differenza fra SPARTACUS e IL GLADIATORE? Chi conosce (anche solo per aver letto la sua biografia) Kubrick, sa anche quanto fosse meticoloso e maniacale nel realizzare i suoi film. E noi sappiamo bene anche quanto sia importante la cura del particolare, per quanto possa sembrare insignificante, perchè possa poi dare luogo a un puzzle di straordinario valore artistico. Per questo, quando notiamo, nei film di ambientazione storica,parlando, per essere chiari de IL GLADIATORE, incongruenze [il protagonista viene fatto prigioniero vicino a Merida, Spagna, e si sveglia in Africa!], anacronismi [sul Colosseo c'è una scritta, attribuita al Venerabile Veda vissuto seicento anni più tardi. Non si distribuivano certo volantini sul programma di lotte fra gladiatori a quell'epoca!], errori [il genitivo di gladiator al plurale è gladiatorum e non gladiatores], falsi storici[Commodo non morì nell'arena. Marco Aurelio morì di malattia. Lucio Vero è esistito ma non era quello rappresentato al cinema, ecc.], ci rendiamo conto che le premesse sono molto al di sotto delle attese e che tutto viene poi orientato in un'unica direzione: quella di ricavare quanto più possibile al box-office (al botteghino, pardòn). Il pubblico sembra essere una massa informe di beoti pronti a trangugiare tutte le brodaglie che vengono propinate. Non conta nulla la realtà, non conta nulla il rigore, conta solo fare soldi. Al diavolo il resto. E spiace che validi registi come Ridley Scott si siano lasciati sedurre dal profumo dei soldi. Quanto al mito della IX legione, di cui si scrive su IL CORRIERE DELLA SERA di martedì 22 febbraio, temo che per saperne di più e per immaginare quella storia dovrò fare ricorso alla mia immaginazione, alle mie conoscenze e ai testi del nostro validissimo Giovanni Brizzi. Di Rosemary Sutcliff, l'autrice di L'AQUILA DELLA IX LEGIONE (editrice Janus), scomparsa nove anni fa, ho stima, conoscendo la sua vita e la passioine con cui si dedicò allo studio delle leggende Sassoni e Celtiche (il film, che si ispira al suo libro omonimo, tratta appunto della presunta fine della IX legione annientata dalle orde celtiche degli Iceni della regina Boadicea o Boudicca. Ma un recente ritrovamento pare smentire questa tesi, dato che si fa riferimento alla IX legione vent'anni dopo in altro luogo). Non so invece quanto potrà essere rigoroso il film che si ispira al libro della Sutcliff. Ma ho poche speranze.

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