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Inception. Pillola blu o pillola rossa?
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C'era una volta, in un tempo molto molto vicino al nostro, un mondo uguale, nonostante le sue evidenti diversità: la coscienza, la memoria, il comportamento, in altre parole, l'essenza stessa dell'uomo, diventano merce di scambio tra menti sempre in allerta, illuminate dalla consapevolezza e dall'apatia della loro stessa esistenza.
Il clima che circola non può essere definito, per il semplice motivo che varia da persona a persona, seguendo varietà infinite di punti di vista, scambi di personalità, e passaggi di senso; gli organi percettori si tramutano nella stessa trappola che prima ci difendeva dalle avversità che ci circondavano. E qui si giunge sempre alla stessa domanda: cos'è la realtà?
A Matrix ci hanno detto che è Zahion, che la superficie terrestre era popolata dai cattivi, e che il mondo fittizio in cui gli uomini vivevano per una parte della loro vita era solo male. E qui invece?
La chiave di lettura che Nolan ci fornisce, serve a non smentire quello che ci aveva mostrato fino ad ora il regista: è infatti quanto di più incerto e raccapricciante si possa arrivare a concepire. Le città, le strade, i paesini e le grandi megalopoli, i grattaceli e le capanne, le ferrovie e gli aeroporti, appartengono ad una Gotham City allargata fino a contaminare l'intero globo terrestre: il crimine, la sensazione umidiccia e repellente, l'omologazione degli uomini, ma soprattutto, il giganteggiare dell'industria capitalista mondiale, con tutto il suo sfarzo, la sua assenza di codici, ed i collegamenti quasi parassitari che esistono tra il potere politico e umano, e la criminalità organizzata, senza il codice alla padrino, sostituito invece da un sorriso folle stampato sulle sue effigi, simile a quello dell'”arancia meccanica” Joker, senza identità, e senza un'anima reale. L'individuo schiacciato da forze più grandi di lui, il protagonista, è ad un livello intermedio tra il giustiziere che reprime la sua coscienza di Memento, ed il disilluso e criminale agente di polizia di Insomnia, con lineamenti marcati e fascino tenebroso, come il Rik Deckard di Blade Runner, e con un passato tormentato dalla colpa e dal risentimento verso se stesso, simile al personaggio interpretato dallo stesso DiCaprio in Shutter Island.
Come in The prestige, bisogna osservare attentamente le immagini che scorrono con inesorabile cadenza ritmica, ma a differenza di questo, non ci viene detto ciò che i protagonisti fanno, o chi sono, o che cosa sono, e non ci viene dato nessun tipo di avvertenza: si parte in quarta, con DiCaprio abbandonato su di una spiaggia, e dopo si scoprirà che si tratta della fine, o comunque di una parte della fine, che non può essere indicata con precise misurazioni temporali, poi si torna indietro, e ci si ritrova ad una festa con arredamento giapponese, e da li si va a finire nel bel mezzo di una rivolta popolare, da qualche parte in Sud America, per poi fermarsi in un treno, con il terzo risveglio dei quattro protagonisti dei sogni concatenati, una fuga, un elicottero, la morte di uno dei quattro, ed una proposta da parte di uno dei più importanti capi dell'industria capitalista: modificare radicalmente i ricordi di un suo rivale, di modo che cambi idea sul padre egoista, e decida di operare in modo diverso sulla sua azienda. Dopo di che c'è una mezzoretta di pausa, in cui ci si deve riprendere dallo stordimento iniziale, provare a spiegarci il perché di certe cose, capire chi sono i personaggi, e farci alcune basi sull'arte dell'innesto e del furto di ricordi e sogni.
E poi ci si rituffa nell'azione e nell'incertezza: il primo livello del sogno, è piovoso, ed oscuro, una metropoli che sta per essere disturbata dalla guerriglia dei ladri e delle guardie della mente; il secondo livello è un albergo, con personaggi aristocratici, ed un ambiente raffinato; il terzo, è una landa ghiacciata, al centro della quale c'è una base militare, posta a sorvegliare l'innesto; e l'ultimo, fuoriesce dalla mente di Fisher (il soggetto dei tre sogni precedenti), per proiettarsi in una dimensione indecifrabile, quella della paura e della perdita della cognizione della realtà, il mondo di Cobb e di sua moglie morta. Ed in un arco di tempo brevissimo, accade di tutto, ma davvero di tutto, e contemporaneamente, non succede niente: la polizia spara ad un camion che precipita nel fiume, in un albergo sparisce la forza di gravità, in una base artica un'esplosione distrugge tutto, ed in un mondo costruito appositamente per la propria esistenza, l'amore e la morte, decidono i destini di un essere umano che non è più in grado di sognare.
E la conclusione di tutto questo, comunque la si voglia vedere, è terrificante e cinica: o Cobb non è riuscito ad uscire dal suo limbo, oppure ce l'ha fatta... ma era la realtà stessa ad essere il quinto sogno. Ma quindi se è così, sua moglie aveva ragione, i suoi figli non esistono, ed è stato tutta un'illusione creata dalla propria mente per alleviare il suo dolore, dunque che cos'è la realtà? È ciò che siamo noi. Nolan smonta e rimonta le tematiche felliniane del sogno che si relaziona alla vita di tutti i giorni, creando un film che è già proiettato nel futuro, straordinariamente girato ed interpretato, con una costruzione narrativa futurista, che farà scuola per le generazioni future, nonché un riassuntone della sua magnifica carriera.
Capolavoro.

 

Inception (2010)

di Christopher Nolan con Joseph Gordon-Levitt, Leonardo DiCaprio, Ellen Page, Marion Cotillard, Cillian Murphy, Michael Caine, Tom Hardy, Tom Berenger, Lukas Haas, Ken Watanabe

 

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