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Sorelle d'Italia - Conversazione con i due registi
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Da villa San Martino (Arcore) a villa Certosa (Costa Smeralda) :

un viaggio nell’universo femminile lungo l’Italia di Berlusconi.

 

 

 

Qualche giorno fa, vi ho dato notizia del fatto che un documentario abbastanza attuale, in proiezione al FIPA di Barritz, avrebbe fatto parlare di sé sia per l'argomento trattato sia per la stretta connessione con il tema che in questi giorni sta riempiendo faldoni di tribunali, prime pagine di quotidiani e contornando con apocalittiche telefonate le dirette televisive dei programmi di approfondimento.

 

Sorelle d'Italia (2011)

di Lorenzo Buccella, Vito Robbiani

 

 

"Sorelle d'Italia", diretto da Lorenzo Buccella e Vito Rubbiani, è un progetto alquanto anomalo. Si potrebbe pensare che i due registi ticinesi abbiano voluto cavalcare l'onda della polemica e sfruttare il momento. La realtà è alquanto diversa: la fase di scrittura è cominciata alla fine del 2009 e ad agosto 2010 il girato era già pronto, tenuto in un cassetto perché sembrava non interessare nessuno. Oggi, invece, la svolta: l'attualità fa da promotrice per il lungometraggio, fenomeno alquanto raro e caso pressoché unico per la distribuzione (di solito avviene il contrario: non era mai successo che un documentario anticipasse una tematica così forte).

 

A spiegarci la genesi e l'evolversi dell'opera sono direttamente i due registi, in una conversazione nata per caso (anche questa, dopo quella con Roberta Torre, è nata attraverso le pagine di Facebook).

 

"Sorelle d'Italia", titolo abbastanza emblematico e simbolico, parte da un presupposto semplice: analizzare le immagini e le idee che le donne italiane hanno del Presidente del Consiglio a partire semplicemente dal suo nome, Berlusconi, senza pregiudizi a livello politico. Ci potete raccontare la genesi dell'idea? 

 

La dirompente carriera politica, il mito imprenditoriale, la ricchezza extra-large, gli scandali sessuali, la seduzione comunicativa, la spregiudicatezza argomentativa, i guai giudiziari, l’avversione della stampa internazionale, il repertorio più che discusso di barzellette, pacche sulle spalle e gaffes. Che nessuno più di Silvio Berlusconi abbia influenzato l’immaginario italiano degli ultimi vent’anni, nel bene o nel male, è questione fuori di dubbio.

Quella che però qui ci premeva indagare è l’opinione che vive nel basso, al di là dei riflettori televisivi e delle pagine dei giornali, raccogliendola al volo e in tempo diretto, proprio mentre gli eventi della cronaca politica profilavano un “autunno” complesso per il potere berlusconiano. E in particolare, ci si è concentrati sul versante femminile della popolazione, quello che in passato, statistiche alla mano, sembrava aver decretato il successo di Berlusconi, visto che la maggioranza delle donne gli aveva accordato una preferenza. Oggi, però, di fronte agli scandali sessuali del Presidente del Consiglio e alle sue intemperanze verbali nei confronti di alcune rappresentanti del “gentil sesso”, le cose sono cambiate? 

Noi siamo proprio partiti da lì, da una semplice domanda che ha fatto da detonatore per andare a capire le “mitologie” che hanno impregnato la vita pubblica e privata dell’uomo più potente e discusso d’Italia. Cosa pensano le donne italiane di Silvio Berlusconi? Per trovare le risposte multiple scatenate da questa semplice sollecitazione, abbiamo voluto percorrere i centri storici 
delle principali città italiane, da nord a sud, per parlare con le donne incontrate per caso nel nostro cammino e disposte a raccontare le proprie impressioni. 


 

 

Una volta individuata la chiave d'inchiesta come vi siete mossi nella scelta dei luoghi delle interviste?

 

Nove giorni di viaggio per sette tappe simboliche. Tutte scelte secondo criteri vividamente berlusconiani. Lo testimoniano bene le mete dell’inizio e della fine del nostro itinerario. Sabato tre ottobre 2009, infatti, mentre a Roma impazzava la manifestazione dei giornalisti italiani che scendevano in piazza per difendere la libertà di stampa, noi siamo andati ad Arcore, davanti al cancello di villa San Martino, dimora del premier, per iniziare il nostro tour di opinioni. Proprio là dove le donne del paese vivono a contatto con un vicino di casa così vistoso e al tempo stesso “ingombrante”, là dove le adorazioni e le repulsioni sembrano diventare più marcate proprio per l’estrema prossimità al personaggio famoso. La dimensione mediatica della fama lì si mischia in un mix inscindibile con un vissuto condiviso fatto di strette di mano, saluti, regali e posti di lavoro garantiti dalla sua presenza.

E lo stesso vale per la tappa conclusiva del nostro viaggio, Villa Certosa, a Porto Rotondo in Sardegna, che negli ultimi mesi è assurta nei rimbalzi della stampa internazionale a luogo di scandalo per feste con folle di giovani e aitanti ragazze. Anche lì, la stessa situazione lacerata: da una parte, le donne intervistate sentono l’intrusione di Berlusconi nel loro territorio come qualcosa che danneggia la fama di un’intera isola; dall’altra, invece, spunta l’orgoglio per il fatto che il presidente sia così affezionato a quel posto al punto da farla diventare sede prediletta per incontri con altri capi di stato.


 

Sembra chiaro che non vi fosse alcun intento politico dietro l'inchiesta, nonostante la spaccatura in due del Paese...

 

Una spaccatura in due nel paese che si riflette anche a livello antropologico, delineando, pur nelle grandi varietà, due tipi essenziali e differenti di donne. Qualcosa di molto più profondo e umano rispetto a una qualsiasi indagine politica. Ed è proprio lì che abbiamo appuntato il nostro principale interesse. La cosa strabiliante infatti è che le due fazioni femminili sembrano incapaci di mettersi d’accordo su ogni minimo valore di condivisione civile. Una divaricazione netta e senza sbocchi di riconciliazione che abbiamo verificato anche nelle altre soste del nostro viaggio. Nella Milano che per molti anni è stata la capitale della cultura del fare berlusconiano. Nella Bologna, capitale nemica e città natale dell’unico politico, Romano Prodi, che per due volte di fila ha sconfitto Silvio Berlusconi. A Roma, davanti alla basilica di San Pietro, stella polare di quell’universo cattolico che ora pare dividersi di fronte ai giudizi morali rilasciati sull’operato pubblico e privato del presidente. E poi ancora Napoli con la sua spazzatura, ora scomparsa ora no, a seconda della prospettiva con cui queste donne vogliono dare risalto o critica alle azioni del governo attualmente in carica. Per non parlare di quella Bari, divisa tra la parte vecchia della città e quella nuova, dalla cui questura sono partite tutte le inchieste che hanno svelato le storie scabrose di escort e ricatti vari.


 

Quindi, mi sembra di capire che per la prima volta ci si trovi di fronte ad un documentario dal "basso"...

 

Si, una frastornante e scanzonata vox-populi che trova scintille diverse in tutte le località incocciate, a partire dal cambio delle parlate delle donne intervistate e dal mutamento della prospettiva a seconda dei problemi toccati. Il tutto per riuscire a scattare una fotografia in movimento di un paese spezzato in due parti, in cui il discrimine rimane sempre e comunque la figura di Berlusconi. Il suo camaleontismo, per dire, è testimoniato dal fatto che le donne favorevoli a Berlusconi a Napoli sentono il presidente come un “napoletano”, a Roma come un “romano”, a Milano come un “milanese”. Un inseguimento dietro il vento “istantaneo” dei sondaggi che invece diventa per l’altra metà delle donne intervistate motivo di profonda vergogna ogni qualvolta sono costrette a soggiornare all’estero e a sorbirsi gli inevitabili sfottò che la condotta poco diplomatica di Berlusconi suscita fuori dai confini nazionali. 

E a testimonianza che tutto può essere discusso, ma mai portato a dialogo per la ricerca di una verità comune, si può citare il problema della libertà di stampa: tutti sono d’accordo, il problema c’è. Per i contro-Berlusconi, il cuore della questione sta tutto nel conflitto di interessi. Per i pro-Berlusconi, invece, nel fatto che tutti i giornalisti sono di sinistra.

 

Mi sembra di intuire anche che i toni delle interviste siano abbastanza pacati, senza ricerca di sensazionalismo o di facile scontro di idee...

 

Al massimo, infatti, come è successo in più occasioni, può nascere un confronto ravvicinato tra due donne che non la pensano nello stesso modo e che, dopo la nostra domanda iniziale, iniziano a battibeccare tra loro. Come a dire, che la verità sta tutta in quel litigio perenne che fa da rumore di sottofondo alla vita quotidiana italiana dell’ultimo ventennio.

 

Un'ultima curiosità. L'ultimo giorno di riprese in Sardegna, nei pressi di Villa Certosa, siete stati fermati dalle forze dell'ordine e "costretti" a ritardare le riprese per un'intera giornata. So che ne è nata una lettera di protesta da parte di un'associazione della stampa svizzera. Avete almeno ricevuto delle scuse?

 

No, le stiamo ancora aspettando...

 

 

 

Chissà perché, visti i tempi, temo che non arriveranno mai...

 

"El documental 'Sisters of Italy', en el que los periodistas suizos Lorenzo Buccella y Vito Robbiani entrevistan a 101 mujeres desde Milán hasta Bari, ejemplifica este esquema en su arranque: dos chicas de Arcore cuentan haberlo encontrado un sábado por la tarde en el centro comercial. "Él se acerca, nos aprieta las manos, sonríe y exclama: 'Hola, guapas', y se va" (Lucia Magi, El Pais, 25 gennaio 2011)

 

Note biografiche sui due registi:

 

Lorenzo Buccella (1974) è cineasta, scrittore e critico cinematografico.

Insegna “Stili e tecniche del cinema” all’Università Professionale della Svizzera Italiana di Lugano (SUPSI) e “Narratologia e sceneggiatura” al Conservatorio Internazionale Scienze Audiovisive (CISA) di Lugano.

Collabora regolarmente con la Cineteca di Bologna e con La Repubblica, l’Unità, La Regione-Ticino, RSI – Televisione Svizzera, Rai Radiodue. Tra i suoi ultimi lavori, la sceneggiatura del film “Taxiphone” di Mohammed Soudani (con Bruno Ganz), i documentari “Il dilemma svizzero – Bill Barazetti” e “Vendesi Sicurezza”.

 

 

Vito Robbiani (1972) è giornalista e regista-operatore indipendente.

Attraverso la sua società di produzione, mediaTREE, ha collaborato con diversi network europei: Radiotelevisione svizzera (RSI), euroNews, alphaTV-Grecia, RTVslovenia, RAI. Insegnante presso l’Università Professionale della Svizzera Italiana di Lugano (SUPSI), corso di “Tecniche audiovisive e Documentario” assieme al regista Gianfranco Rosi.

È membro del comitato centrale della Federazione svizzera dei giornalisti (Impressum).

 

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