In un clima di tensione politica e aberrazione della società consumistica attuale, tornano alla memoria le immagini dell’opera di Pier Paolo Pasolini.
Proprio PORCILE proponeva una metafora sulla “cannibalizzazione” della società (il MONDO PORCO del quale fa parte l’umanità), mentre il successivo TEOREMA un’allegoria mistica sull’attualità che anticipava le opere di Alberto Cavallone (in particolare SPELL- DOLCE MATTATOIO, quasi un sequel del film pasoliniano), continuatore del discorso filologico di Pasolini.
L’opera testamento di Pier Paolo, SALO O LE 120 GIORNATE DI SODOMA, propone un triplo accostamento, epocale, delle aberrazioni dettate dal potere.
Infatti, riprende un romanzo del Marchese De Sade, ambientato qualche secolo prima, trasportando la vicenda alla Repubblica di Salò ma, allo stesso tempo, metaforizzando sulla società consumistica degli anni ’70.
Gli anni successivi, soprattutto l’attuale crisi, ci dimostrano quanto il Maestro fosse premonitore.
Guarda caso nel nuovo millennio sono tornate alla luce immagini inedite del film, tagliate dal montaggio originale perché ritenute troppo violente.
Le crude sequenze riguardano la scorticazione di alcune ragazze, metafora del potere che priva il popolo della sua pelle (il diritto di sopravvivenza).
Eccole qua, per il piacere delle pupille vostre.
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