E' quasi l'inbrunire, le ombre si allungano sui campi e l'aria è ferma e calda. Tutt'attorno il silenzio, solo il canto lontano di qualche cicala ad interromperlo. Il portone è di quelli in legno, massiccio, incastrato in un muro regolare ma appesantito dagli anni.
Bussiamo. O meglio bussano. Io sono qui per puro caso, un villaggio di poche case nella immensa campagna francese, Borgogna fu detta. Non conosco nessuno, a parte Seb ovviamente, ed alcuni suoi amici: Nicola, Laurent, Robin, l'altro Seb e Ian (che tortura! Ian. Non mi molla un attimo). Un compleanno, ma di chi? Dove sono? Perchè del borgo non mi è noto il nome, e la strada per tornare a casa certo non la ricordo. Sembrano tutti uguali, quei serpentelli grigi di asfalto nello splendore del verde attorno. Figuriamoci la notte poi. "Vado bene così?" Chiedo timidamente, indicando il vestito di cotone a fiori un po' sotto il ginocchio, il corpetto arricciato che lascia le spalle scoperte. "Ma sì che vai bene" mi risponde distratto Seb. "Forse sono troppo elegante, fortuna che ho le scarpe basse, questo pavè liscio è tremendo" - penso. Il portone si apre, ci fanno entrare. Io resto timidamente indietro, per ultima. Siamo accolti festosamente e dentro, beh, un gran chiasso e confusione. "Che meraviglia" - esclamo in italiano. Una corte, solo parzialmente pavimentata. Nel prato tutt'attorno, tavoli lunghi e panche, come in una fiera paesana. Bambini che corrono, signore indaffarate e uomini vecchi e giovani, più spostato un gruppo folto di ragazzi in cui ci inseriamo. E cani che abbiano e scodinzolano in cerca di cibo, qualche gatto malinconico. In fondo a sinistra un pollaio. Non è propriamente una casa, più una antica fattoria, con un'area nobile (a più piani, il tetto a croce), quasi un castelletto. Lo spiazzo centrale è illuminato da fari ben piazzati ma non mancano, quà e là, delle suggestive candele a terra. Comincia a tirare il vento della notte, i campi emanano umidità: mi stringo nelle spalle, lo scialle chiaro sul capo. Mi presentano a zii, cugini, nipoti, nonne, amici: "elle est italienne" sorrido ma non afferro neppure tutti i nomi. Sono gentili e allegri, mi offrono quegli orribili paté e salumi, io accetto per cortesia ma poi non li mangio (tanto, nessuno lo nota). Chiedo a Robin (che è il più affidabile del gruppo) chi sia il festeggiato. Mi indica un ragazzo alto e biondino: "Paul". Paul si siede al nostro tavolo e comincia a chiacchierare. Non è patois, ma io spesso non capisco, parlano troppo veloce e credo utilizzino un gergo giovanile o qualcosa di simile. "Ma che c'è?" chiedo ancora a Robin. Sento risatine attorno, e quel Paul mi fissa insistentemente: "il dit que tu es bonne". E che vuol dire? "Que tu es belle, que tu ressemble à une Vierge". Arrossisco violentemente. Tutti si aspettano una risposta, o un gesto. "Merci".
Il gelo, in una notte d' agosto.
C'è un certo imbarazzo, poi Paul si alza e si allontana. La conversazione riprende. Questa faccenda della Madonna mi ha scombussolato, meglio trovare un posticipo appartato. Di stare a sentire questi, proprio non mi va.
La verità è che la suggestione mi colse immediatamente dal primo sguardo su quelle pietre antiche. Ero già lontana, a dirla tutta, fin da subito. Mi siedo sui gradini d'ingresso della casa, opposti rispetto ai tavoli pertanto nascosti e quasi del tutto nell'ombra. Mi risistemo il vestito. Chiudo gli occhi ed odoro la campagna attorno. Sento sulla pelle la carezza gentile del buio e della brezza, non più tiepida, che ha preso più vigore ora.
"Sfuggito al clima incantevole ma febbrile e un po' folle della festa...si trovò d'un tratto immerso in un'atmosfera di calma felicità". Sono io o Yvonne? Quale Yvonne, quella di Mealnes, o quella di Alain? Non siamo forse noi la stessa persona? I fantasmi prendono corpo nella quiete della tempesta delle loro anime. Lasciandosi cullare dal canto monotono delle cicale; in una danza soffice soffice ..... Cercando l'infinito nell'oscurità incantata. Raccontandosi una favola di magia e mistero, tra sogno e realtà.
Il silenzio è scosso da un voce nota: "On y va, on y va". E' Ian. Ti prego no, non adesso. Accorre: "On y va". "Ou?" domando. "A la boîte" risponde allegro. No, per favore no! la discoteca, no! In una notte così bella, le stelle che brillano fino all'orizzonte. Ma non ho scelta. Yvonne la devo lasciare lì, su quei gradini. Yvonne resta, io vado.
............................................................................
"Ma mi stai seguendo? Ti vedo distratta! Stavo dicendo che il pezzo dura già una quindicina di minuti, la presentazione va decisamente accorciata, non ci stiamo nei tempi altrimenti. Sei d'accordo?" Il tono scocciato di Riccardo mi richiama al presente. "Mi stai ascoltando?"
"Scusami, no, in effetti stavo pensando ad altro. E' che questo Massenet mi ha riportato ad un'estate di tanti anni fa" farfuglio distratta.
"Lascia perdere, stavamo parlando della presentazione vero? Sì lo so' la devo accorciare. Non ti preoccupare, al limite vedo come si mette la serata e taglio sul cenni biografici"
Discutere la scaletta del concerto mi annoia a morte. Mentre Massenet, quello non mi annoia per niente. "Delicato flauto primo, cavoli! Puntare ma non aumentare il volume!" mi redarguisce il direttore.
Massenet e Fournier. Fournier e Massenet: la scrittura ritorna prepotentemente. Dilagando ad ondate nella mia mente. Devo rileggerlo "Il grande Meaulnes". Non ricordo nemmeno dove l'ho messo, quel tascabile, acquistato ancora al liceo.
Il giorno dopo lo cerco forsennatamente. Come se il ricordo di quell'estate potesse svanire senza le parole del testo. Mi ci vuole quasi una settimana. L'avevo messo in cantina, che strano.
E' una sera di Gennaio, quando lo divoro, voracemente. Ne è passato del tempo dall'ultima volta. Che effetto strano. Lo ricordavo più lungo, più dettagliato, più descrittivo. Ed invece è lì, nella sua semplicità, nei dialoghi brevi e nei caratteri dei protagonisti, abbozzati eppure potenti. "Un capolavoro minore" a volte definito. Che stupidaggine, come se i capolavori potessero essere maggiori o minori, mettiamoci il segno matematico magari. "Forse il libro più bello sull'adolescenza" ci disse l'insegnante di italiano al liceo, suggerendocene la lettura. "Forse" - penso io - "sulla perdita della purezza". Meaulnes, che dedica la propria vita alla ricerca di un castello perduto. Alla magia di una folle festa invernale. Tra le nebbie della campagna francese, erano essi deformazioni della fantasia o sogni? La realtà è semplice e dura da accettare. Ed Yvonne? Appena intravista, una passione immediata, rincorsa con tenacia e perseveranza, contro il tempo e lo spazio? E' anche lei solo una chimera? O forse no, la chimera è l'amore, che mai veramente si raggiunge?
................................................................................
Quella mattina del 2001 ero in ferie. Ecco perché mi presi un caffè al bar e diedi un'occhiata fugace al giornale. "Mauro, posso strappare questa pagina? Guarda che se mi dici di no, la strappo lo stesso!". L'articolo di Giuliano Gramigna mi colpì subito, lì per lì non avevo tempo di leggerlo per bene. Me lo portai a casa, ritrovo oggi il ritaglio nel tascabile, e la pubblicazione sul web.
La storia di una passione amorosa è, per definizione, una storia a due, sebbene la realtà moltiplichi spesso i protagonisti: tre, quattro, molti. Ma ci sono anche storie che mostrano un protagonista unico: non perché il partner sia inesistente, un fantasma, un simbolo; piuttosto perché è l' uno ad assumere per sé ogni impegno, ogni rischio, a bruciare, diciamo così, tutta la legna della passione, anche per l' altro (o l' altra). Sono amori dai quali può nascere qualcosa di straordinario. Dante vede passare Beatrice e ammutolisce; ma quell' incontro, in fondo, produce la Commedia. Vorrei raccontare una di queste storie, così bloccate, assurde eppure così ricche, che riguarda persone della vita reale: la storia dello scrittore francese Henri-Alban Fournier, più noto come Alain-Fournier, nato a La Chapelle d' Anguillon nel 1886, morto all' inizio della Prima guerra mondiale a ventotto anni. Fournier incontra a Parigi, in Cours-la Reine, una ragazza bionda e sottile, Yvonne, scambia con lei poche parole, poi la vede scomparire e l' ama per tutta la vita. Passione ad uno, come dicevo? Forse passione a tre, perché fra i due ragazzi, nella cronaca della passione, s' insinua un terzo personaggio: il romanzo "Le Grand Meaulnes", di Alain-Fournier, che narra quell' incontro, quell' amore, quella lunga fedeltà; e conferisce a una vicenda non poi straordinaria, forse insignificante, una realtà superiore, incontrovertibile. "Le Grand Meaulnes" è un libro epocale, straordinario, che tiene ancora il campo - e non perché lo assicurino le storie della letteratura. L' ho definito epocale perché marchia, una volta per sempre, un' epoca di ogni lettore (a qualunque età venga letto). È la storia di due esseri di carne, non di carta e stampa. Questa passione amorosa che dura, e invade, tutta una vita, comincia in un giorno preciso: una domenica di giugno del 1905, giorno dell' Ascensione: Alain-Fournier ha diciannove anni. Mentre passa in Cours-la-Reine, a Parigi, il suo sguardo incrocia quello di una ragazza, pressapoco della sua età. «Non è niente dire che era elegante» scrive Alain-Fournier in una lettera di qualche anno dopo a un amico, il «petit B.», ossia René Bichet, rievocando l' incontro. «La parola "purezza" è quanto meglio le conviene: al suo abito, al grande mantello marrone, al suo corpo, che non ho mai saputo immaginare, al suo viso... Non ho mai veduto nulla di così infantile e insieme grave... Non ho mai incontrato una donna così bella... In ogni caso era l' anima più femminile e più candida...». Pochi passi insieme, poche parole scambiate. «Siamo dei ragazzi che hanno fatto una follia» osserva lei: chi può dire di che follia parlasse? fra i due non era corsa nessuna frase d' amore. «Questo amore, nato in modo tanto strano e così stranamente confessato - continua la lettera - fu di una purezza così appassionata, che diventò quasi spaventoso da sopportare...». La ragazza, Yvonne (Yvonne de Quiévrecourt nella realtà, diventata Yvonne de Galais, nome indimenticabile per il lettore! nel romanzo "Le Grand Meaulnes") invita il suo improvviso adoratore a non accompagnarla oltre. «Appoggiato a un pilastro di un ponte l' ho vista andare via. Per la prima volta, andandosene, lei si voltò un momento a guardarmi». Nel romanzo l' incontro è spostato in uno scenario campagnolo e fluviale, ma vi ricorrono atteggiamenti, schegge di frasi che vengono di peso dalla testimonianza epistolare. «Meaulnes (che è l' alter ego romanzesco di Alain-Fournier) fissò la ragazza che gli passa vicino al braccio di una vecchia dama... Fece in tempo a vedere, sotto pesanti capelli biondi, un viso dai lineamenti minuti ma disegnati con una delicatezza quasi dolorosa». Saliti sul battello della gita, i due ragazzi si scambiano occhiate, non parole. «Anche lei lo guardava; rispondeva alle compagne, sorrideva poi posava con dolcezza gli occhi turchini su di lui, mordendosi appena il labbro...». «Lei è bella» avrà il coraggio di dirle Meaulnes. I due si scambieranno a malapena i nomi: Agustin, Yvonne. Sguardi che si cercano, fra la timidezza, il riserbo, quasi l' imbarazzo; qualche frase che sembra un rimprovero per qualcosa che non è mai accaduto. La passione di Alain-Fournier è tutta qui, ma gli offre materiali per un ricordare-fantasticare che sarà la vera sostanza della sua esistenza, peraltro breve, come ho detto. Nessun altro incontro, salvo uno alcuni giorni più tardi, forse dubbio, poco prima della guerra: del resto, Yvonne era già fidanzata, si sposerà, avrà dei figli - tali notizie arriveranno anche a Alain-Fournier, lo feriranno probabilmente. Ma il giovane è ormai avvolto nel fantasma di una felicità appena intravista e subito perduta. Alla fine, la rinuncia è un bene che può riuscire perfino più prezioso della conquista, dell' appagamento. L' idea che non solo l' uomo ma scrittore Alain-Fournier ha coltivato della felicità è più che romantica, ascetica. Nel romanzo fa il paio con il mito del «dominio misterioso», dove avvenne l' incontro, alla cui caccia vanno Meaulnes e il suo amico Seurel, il narratore. Questa scelta è una scelta assolutamente infantile, cioè tenera e irriducibile. Mi domando quale possa apparire, agli occhi di un giovane del nuovo millennio, con gli usi e anche le superstizioni emotive e sociali del nuovo millennio, la vicenda umana dello scrittore francese. Spero che non si vedrà in lui un debole, uno sconfitto dalla vita, uno che abbandona il campo. Essere padroni del proprio destino non significa sempre combatterlo, contrastarlo violentemente; significa anche, e forse più, assumerlo con tutti i rischi e le sconfitte che implica, trasformarlo in «cosa di sé stessi». Si vada a guardare una fotografia di Alain-Fournier adolescente. Questo adolescente, che ha curiosamente la posa di Rimbaud ragazzo nel quadro famoso di Fantin-Latour, ciuffo sulla fronte, mento sulla mano, non è l' immagine di un «debole», che ha consumato la vita in fantasie, addirittura allucinazioni, vittima di un amore infelice, che non poteva trovare sbocco se non nella letteratura. Un libro, Le Grand Meaulnes, è stato il suo modo di nutrire, fare densa e reale quella passione amorosa, per capirla e impadronirsene. Ho parlato prima di «passione a uno», in realtà questa che ho cercato di abbozzare è una «passione a tre», dove a buon diritto entra un libro, non come artificio, ma come pietra di paragone dell' autenticità della passione stessa. Il caso di Henri e di Yvonne, per quanto ne sappiamo, si sarebbe inciso con tanta tenacia nella nostra mente se non avessimo avuto la voce segreta che sta sotto le pagine di Meaulnes? Non significa che vogliamo fare del romanzesco ad ogni costo. Fino a qui sono state portate le testimonianze della passione dalla parte di uno dei due «attori». Ma Alain-Fournier non era uomo condannato a correre sempre dietro a simulacri femminili, a fantasmi. Si sa che ebbe relazioni erotiche complete, come quella, negli ultimi anni della sua vita, con l' attrice Simone, moglie di un uomo politico, Claude Casimir-Perrier, del quale era diventato segretario. Tuttavia come nascondere che il rapporto del giovane scrittore con il corpo femminile subiva un complesso e sottile straniamento in un' immagine o meglio in una «condizione» infantile. «La donna è in primo luogo, al tempo dell' infanzia, la madre, che è una veste, una gonna fra le cui pieghe ci siamo rifugiati da bambini, per cercarvi un angolo caldo dove addormentarci... Poi, quando viene la più forte passione umana, l' amore, quello che ci si offre è quello stesso corpo femminile mescolato al nostro misterioso passato infantile e cristiano...». Yvonne è tale misterioso passato che dura attraverso l' intera vita di Alain-Fournier. Correggendo un famoso giudizio del critico Albert Thibaudet si potrà dire che «l' avventura amorosa è perfettamente bella solo in un mondo infantile». Continuando a restare nella vita di Alain-Fournier come una realtà dalla quale non ci si può staccare e che non può essere completata perché ormai completa, chiusa in se stessa, l' «avventura» con Yvonne incise sui successivi rapporti dello scrittore con altre donne. La relazione con Jeanne, la giovane sarta che nel romanzo sarà trasposta nella figura di Valentine, non porterà felicità a nessuno dei due. «C' è qualcosa di cattivo, di perverso in questo ideale irraggiungibile che tu poni a te stesso e agli altri» dirà una di queste donne. Il desiderio di purezza, di un amore casto fissato sul ricordo di Yvonne, è nello stesso tempo una ricchezza straordinaria e un veleno. La storia di Henri e di Yvonne è senza dubbio una storia d' amore forte e travolgente, anche se senza violenza, tradimenti, sangue come quelle celebri di Paolo e Francesca e di Abelardo ed Eloisa. Non si può chiamare tradimento il fatto che Yvonne abbia sposato un altro, abbia avuto una famiglia, dei figli. Fra lei e Henri, in quell' incontro di Cours-la-Reine non era accaduto nulla; o tutto, se si preferisce. L' intensità di una passione non si calcola sempre con lo stesso metro. Di ciò che accadde nell' animo di Yvonne in tutti quegli anni non sappiamo dire niente, o molto poco, se non quello che ci arriva di riverbero, come un' ipotesi o un indovinello, dalla esistenza di Alain-Founier. Del resto sfugge anche il segreto della gelosia che dovette mordere lo scrittore: il quale, nel romanzo, si prende una rivincita sulla realtà: Meaulnes, la sua stessa proiezione come ho detto, ritroverà Yvonne de Galais, addirittura la sposerà, fuggendo però l' indomani del matrimonio. Perché? è la domanda più sottile e affascinante, forse contiene il vero senso del libro. Nel libro Yvonne muore. Forse una vendetta inconscia che la via letteraria ha permesso allo scrittore? I due si videro ancora dopo la passeggiata di Cours-la-Reine? Marc Rivière, fratello di Jacques Rivière, critico letterario, amico intimo di Alain-Fournier, di cui ha sposato la sorella Isabelle, fa giungere a Henri la notizia inopinata di avere per caso incontrato a Rochefort una giovane donna, Yvonne de Quiévrecourt, che sarebbe la favolosa Yvonne, tanto desiderata tanto attesa - senza speranza. È il 1913: Le Grand Meaulnes sta per uscire a puntate sulla Nouvelle Revue Française. Alain-Fournier parte per Rochefort, a rivedere finalmente Yvonne. I due seggono saggiamente su una panchina di legno, in un giardino pubblico, fra due campi da tennis, secondo quanto ha raccontato Marc Rivière al biografo di Alain-Fournier, Jean Loize. La giovane donna confessa di non avere scordato il rapido incontro del 1905, di avervi pensato soprattutto nei momenti di infelicità coniugale. «Se foste comparso tre anni fa, tutto sarebbe stato possibile...». Questa frase rivelatrice è stata davvero pronunciata? Ad ogni modo, ora fra loro non può esserci che un' amicizia «secrète et lontaine», segreta e distante. Alain-Fournier riparte, ancora, desolato e in qualche modo felice: il suo grande sogno non è stato un delirio solitario. Non sappiamo quanta attendibilità dare alla storia di questo incontro e alle parole (ipoteticamente?) scambiate fra i due. Può stupire un poco la rassegnazione dello scrittore, che in quegli stessi mesi del 1913 diventerà l' amante dell' attrice Simone. Ma è proprio certo che sia una rassegnazione, un infiacchirsi della grande passione, piuttosto che una forma di felicità, isolata in un mondo che non può più essere toccato e guastato? Non si capisce meglio, così, la natura non solo dell' uomo ma dello scrittore Alain-Fournier? In una bellissima poesia di Alcool, Apollinaire proclama: «Notre histoire est noble et tragique / comme le masque d' un tyran», La nostra storia è nobile e tragica / come la maschera di un tiranno... Anche la vicenda amorosa di Henri e Yvonne è «nobile», fin troppo nobile, forse. Tragica anche, ma si tratta di una tragicità tutta interna, da accettare prima ancora di capirla. D' altronde, la cronaca di quegli anni si affrettò a imbrattarla anche della goccia di sangue che mancava. Nel 1914, allo scoppio della guerra, il tenente Henri Alain-Fournier è al fronte con un reggimento di fanteria. Nel settembre parte per una ricognizione, nella quale sarà ucciso. Non aveva ancora ventotto anni. Il suo corpo non verrà ritrovato.
La critica dovrebbe essere, quasi sempre lo è, precisa ed un po' asettica. Ma questo pezzo, mi commosse nel 2001 esattamente come lo fa oggi, rileggendolo, nel 2013. Meaulnes che ama Yvonne, la fa sua ma la lascia, e lei muore. Alain che ama Yvonne, non potrà mai farla sua, ma non la lascia mai (sentimentalmente ed emotivamente), ed alla fine è lui che muore. Entrambe le Yvonne, in fondo, fedeli ad una passione, sia essa piena e realizzata oppure segreta e mai confessata.
Ho sempre trovato questa vicenda estremamente cinematografica. Ma forse, non tutti la vedono come me.
"I verdi anni della nostra vita" 1967 - visione a brandelli (su vecchia videocassetta). Non arrischio commenti dettagliati. Mi è parso un film modesto. "Le grand Meaulnes" 2006 - .Visione a brandelli (su you tube). Non arrischio commenti. Mi è parso un film molto modesto, a partire dalla scelta e dalla fisicità degli interpreti. Ed ovviamente: "Il grande amico" di Alain-Fournier, Classici Moderni Oscar Mondadori e "Il grande romanzo di Fournier sedotto dallo sguardo di Yovonne" di Giuliano Gramigna, "Corriere della Sera" 21 Agosto 2001
Si studia spesso quanto la biografia di un autore possa avere influenzato l' opera. Per Fournier, difficile capire quanto la vita abbia impregnato la letteratura e quanto la letteratura la vita. Forse, ci sono ragioni che sfuggono alla ragione. Come l'amore, che prende a volte le vie più difficili e meno battute.
Ma è una consolazione e un'emozione sempre nuova, sapere che esso sia. Comunque.
Anche contro le ragioni, che sfuggono alla ragione.
Come un libro, che può cambiare una vita. O dare ad essa un senso nuovo. Sia tu scrittore, o lettore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta