Dopo una lunga pausa riprende l'attività del Circolo Providence. Eccoci dunque qui riuniti nel nostro solito cinema-teatro, il successo degli incontri estivi è ormai un ricordo, tra i soci c'è la voglia di ritrovarsi per parlare dei rapporti tra cinema e letteratura di genere e magari per andare oltre questo e trovare spunti per parlare anche di altre cose.
La serata non è certo di quelle gradevoli, piove e fa freddo, ma siccome c'è sempre il rovescio della medaglia, in bene o in male, bisogna dire che le condizioni atmosferiche aiutano a creare l'ambientazione adatta per il tema della serata......ma andiamo ad incominciare....
Buona sera a tutti. Vedo con piacere che molti dei nostri soci sono qui con noi e che come al solito non manca qualche curioso. Bene, il nostro Circolo si è fino ad oggi fatto apprezzare per aver affrontato alcuni scrittori cosiddetti di genere (horror, fantascienza, fantasy e, anche se in maniera marginale, il giallo), questa sera per celebrare l'esserci ritrovati dopo un po' di tempo non parleremo di alcun autore, rivolgeremo piuttosto la nostra attenzione a quegli oggetti che del lavoro dello scrittore sono il prodotto finale: i libri.
In particolare si parlerà di quei libri avvolti da un alone di maledizione, che sono stati alla base di alcune pellicole che hanno sicuramente riscosso consenso fra i soci di questo nostro Circolo, i libri cosiddetti “maledetti”.
E quando si tratta di questo tipo di letteratura si finisce per parlare di pseudobiblia, ovverosia creazioni della fantasia di alcuni scrittori che li hanno citati come veri in proprie opere.
Una piccola introduzione (come sempre....)
Il termine pseudobiblion venne coniato da uno scrittore che per meriti indiscussi rientra sicuramente tra quelli di interesse per questo circolo: Lyon Sprague De Camp, autore di fantascienza e fantasy ma anche saggista, critico e biografo, tra gli altri, di H.P. Lovecraft e Robert E. Howard.
De Camp scrisse nel 1947 un articolo pubblicato sulla The Saturday Review of Literature : "The Unwritten Classics", in cui per l'appunto parla degli pseubiblia definendoli "unfinished books, lost books, apocrypha, and pseudepigrapha (falsely attribuide books)". Insomma libri esistenti solo nella fantasia dei loro creatori.
Del resto il termine deriva dall'unione dei due termini greci pseudo, “mentire”, “ingannare”, e biblíon, “libro”, e si può tradurre alla lettera come “libro ingannevole”.
Il più famoso degli pseudobiblia (almeno per noi del Circolo Providence) è sicuramente l'Al Azif, ovvero il Necronomicon (termine traducibile con “La descrizione delle Leggi dei Morti”) che l'arabo pazzo Abdul Alhazred redasse nell'VIII secolo tra le sabbie del deserto yemenita, cosa che gli costò una fine orribile.
Un altro pseudobiblion che merita una citazione, sempre nell'ambito della letteratura fantastica, è Il Re in Giallo, un malvagio volume la cui lettura conduce alla follia. Si tratta di un prodotto della fantasia di Robert W. Chambers, scrittore americano che per alcuni versi può essere considerato un precursore dello stesso Lovecraft (che infatti lo conosceva ed apprezzava).
In realtà la letteratura fantastica presenta spesso l'escamotage dello pseudobiblion il cui incauto maneggiamento è sempre fonte di guai per chi si avvicina in maniera non adeguata ai misteri contenuti nelle pagine maledette.
Non tutti gli pseudobiblia hanno comunque questo alone di malvagità, ad esempio in alcune delle più importanti opere di fantascienza vengono utilizzati con lo scopo di introdurre notizie funzionali alla storia, pensiamo alla celebre Enciclopedia Galattica che introduce lo splendido Ciclo della Fondazione di Asimov.
Conclusa questa breve, ma necessaria, digressione per introdurre l'argomento andiamo dunque a parlare di alcune celebri pellicole nel campo dell'horror la cui efficacia è legata (anche) alla presenza di libri maledetti.
Una avvertenza doverosa: chi non si sentisse saldo di nervi e temesse di perdere la ragione forse farebbe meglio ad alzarsi e ad abbandonare la sala. Uomo avvisato......
Film e libri maledetti
Cominciamo proprio con il Necronomicon, che in un celebre film horror è la causa dei guai che investono un gruppo di malcapitati in vacanza in uno chalet sperduto in un bosco.
Stiamo parlando dell'opera prima di Sam Raimi, La Casa (The Evil Dead ,1981). Come detto (e risaputo tra gli appassionati di cinematografia horror) la storia è quella di cinque amici che decidono di trascorrere una breve vacanza in un casolare isolato. Purtroppo già dal loro arrivo cominciano a percepire segnali inquietanti fino alla scoperta, nella cantina dell'amena badia, di un libro rilegato in pelle umana.
Come si era già fatto rilevare nel primo dei nostri incontri, quello dedicato al cinema di ispirazione lovecraftiana, la pellicola di Sam Raimi ha in realtà ben poco a che fare con le tematiche del Solitario di Providence, che alla descrizione diretta di orrori preferiva suggestionare il lettore con la creazione di atmosfere terrorizzanti. Raimi all'opposto non lascia spazio all'immaginazione calcando la mano sull'esibizione delle mostruosità scatenate dal Morto Malvagio richiamato dall'incauta lettura del libro (peraltro fatta non dai protagonisti ma dalla voce registrata su un vecchio nastro dell'archeologo che aveva rinvenuto l'infame volume).
Possiamo dunque parlare di un omaggio a Lovecraft in un contesto che di lovecraftiano non ha dunque alcunché. E' curioso rilevare come questo libro, nel corso della trilogia, costituita da La Casa e dai successivi La Casa 2 (Evil Dead II: Dead by Dawn, 1987) e L'Armata delle tenebre (Army of Darkness, 1992), muti nome ad ogni passaggio.
Nel primo si chiama infatti Naturom Demonto (ma la descrizione che viene fatta non lascia dubbi sul fatto che sia ispirato al Necronomicon), in Evil Dead II diventa il Necronomicon ex mortis per essere il Necronomicon e basta nell'episodio finale.
Il libro maledetto è dunque indiscutibilmente uno dei protagonisti della serie a cui deve molta della fama acquisita in tempi recenti.
Di Necronomicon in un film si torna a parlare qualche anno dopo con Omicidi e Incantesimi (Cast a Deadly Spell, 1991), film in bilico tra l'horror e la commedia (già segnalato nel sopracitato post sulla cinematografia lovecraftiana) ambientato in una realtà parallela dove un investigatore privato, Harry P. Lovecraft, riceve da un miliardario l'incarico di recuperare il famigerato volume
Del 1994 è invece Necronomicon, film a episodi di non eccelso livello, diretto da Christophe Gans (Il Patto dei Lupi, Silent Hill), Shusuke Kaneko (Death Note) e Brian Yuzna (Society – The Horror, Faust), e prodotto da quest'ultimo, che è anche l'autore dell'episodio meglio realizzato.
Concludiamo questa parte segnalando il remake della prima e indimenticabile pellicola di Sam Raimi, che dovrebbe uscire nei prossimi mesi, diretto dallo sconosciuto Fede Alvarez e prodotto (ovviamente) dallo stesso Raimi.
In quello stesso 1981 un regista italiano realizzò un film in cui si parla di un libro maledetto: Lucio Fulci. Il film è il suo capolavoro ...E tu vivrai nel terrore! L'aldilà. Un'opera visionaria che regala agli spettatori momenti di altissima cinematografia horror.
La storia è imperniata su un fatiscente albergo edificato nelle paludi della Louisiana, l'Hotel Sette Porte. Il nome è collegato alla funzione reale dell'edificio, costruito sopra una delle sette porte dell'Inferno. E qui entrano in gioco le pagine maledette del Libro di Eibon, letto nelle sequenze iniziali da Emily, personaggio la cui misteriosa presenza aleggerà nel corso della vicenda.
“In questo libro sono raccolte le profezie di Eibon, che si tramandano da più di quattromila anni. Sette terribili porte sono nascoste nella terra e nel mare in sette luoghi maledetti. Guai a chi si avvicinerà senza sapere! Guai a chi aprirà una delle sette porte dell'Inferno, perché attraverso quella porta il male invaderà il mondo!”
Il Libro di Eibon è una creazione della fantasia di Clark Ashton Smith (1893 – 1961) scrittore e artista californiano, corrispondente letterario di H. P. Lovecraft per circa un quindicennio.
Smith, autodidatta come il suo illustre amico di penna, fu un poeta di notevoli doti al punto da essere paragonato a John Keats, le sue prime opere in questo senso risalgono addirittura agli anni dell'adolescenza. Successivamente, e grazie anche all'influsso che ebbe su di lui la conoscenza, sia pure soltanto per via epistolare, con il Solitario di Providence, cominciò a scrivere racconti.
In uno di questi intitolato La Porta di Saturno (The Door of Saturn, 1932) si parla del mago Eibon della città di Iqqa in Hyperborea, e del suo libro, una raccolta di incantesimi e di invocazioni a divinità oscure. Libro che verrà poi ripreso da Lovecraft in alcuni suoi racconti.
Appare evidente che la presenza del testo nel film di Fulci deve essere intesa come una citazione colta e nulla più, il Libro di Eibon nel film è infatti, come si evince dal passo sopra ricordato, una raccolta di profezie.
Al di là della fedeltà piace comunque questo omaggio che uno dei maestri dell'horror nostrano ha voluto tributare a uno scrittore poco conosciuto e sicuramente meritevole di una riscoperta.
Emilio Varelli, architetto ed alchimista vissuto, di sicuro, a Londra e poi chissà dove, alla fine del XIX secolo costruisce per conto di tre sinistre signore tre case: una a Friburgo, una a Roma e una a New York. Peccato che le tre dame si rivelino essere le Tre Madri che dalle loro dimore dominano il mondo con il dolore, le lacrime e le tenebre.
Varelli pone su carta la sua esperienza e scrive un libro, “Le Tre Madri” la cui lettura però può essere, tanto per cambiare, assai pericolosa.
A questo punto avrete capito tutti di che film stiamo per parlare. Ebbene sì, il maestro dell'horror italiano, l'uomo a cui tutti noi siamo devoti nonostante da più vent'anni non azzecchi una pellicola neanche per sbaglio, entra - sia pur solo virtualmente - nel nostro Circolo: Dario Argento.
Inferno del 1980, appartiene a quel gruppo di titoli che ci hanno fatto amare questo regista. Ed entra in questa nostra dissertazione con ben due libri di riferimento.
Il primo è uno pseudobiblion in piena regola, e lo abbiamo citato, l'altro invece è un volume reale: si tratta di Suspiria de Profundis ed è opera dello scrittore inglese Thomas De Quincey, che lo pubblicò nel 1845.
De Quincey fu un esponente del cosiddetto romanticismo inglese e per certi versi un anticipatore del decadentismo, un personaggio inquieto che la ricerca di nuove esperienze ed emozioni portarono a diventare schiavo dell'oppio. Una visita a Milano in casa Imbonati, palazzo avvolto da sinistre leggende, lo suggestionò a tal punto da portarlo a sognare l'incontro con la dea Levana che gli faceva conoscere le cosiddette Nostre Signore del Dolore, ovvero Mater Suspiriorum, Mater Tenebrarum e Mater Lacrimarum.
La lettura di questo libro suggerì ad Argento la creazione di una trilogia, dedicando un capitolo ad ognuna delle tre funeste signore. Come ben sappiamo il primo capitolo è rappresentato da Suspiria, film che assieme a Profondo Rosso rappresenta l'apice della carriera di Argento.
Ma è in Inferno che entra esplicitamente il riferimento al libro dell'architetto Varelli, un libro maledetto con tutti i crismi del caso.
Due parole su questo film, considerato inferiore ai due precedenti (e sopra citati) del regista romano, eppure di altissima qualità. Molte sono le analogie con ...E tu vivrai nel terrore! L'aldilà, a partire dal tema dell'esistenza di case maledette che nascondano porte sull'Inferno, tanto che il film di Lucio Fulci (uscito l'anno successivo) venne visto come una sorta di rifacimento.
Cosa assolutamente non vera per chi conosce bene le due pellicole, differenti nella storia, nell'approccio al tema e nella struttura complessiva. Fulci omaggiò in effetti il collega nel suo film facendo però riferimento a una scena non di Inferno bensì di Suspiria.
Sul terzo capitolo della trilogia è preferibile stendere un velo pietoso, con la certezza che i presenti ben comprendano i motivi di questa scelta.
Se gli pseudobiblia si sono ritagliati in alcune pellicole ruoli da protagonista che dire degli pseudo-scrittori? A volte non compaiono proprio, in altri casi si conosce solo il loro nome. E se compaiono (vedi il Varelli di Inferno) non sono certo in ruoli di primo piano.
Esiste però un film che regala allo scrittore (inventato) una posizione importante: Il Seme della Follia (In the Mouth of Madness, 1994) del maestro John Carpenter.
Abbiamo già parlato di questa opera come del più bell'omaggio che il cinema abbia saputo regalare al nostro nume tutelare H.P. Lovecraft.
La citiamo anche, e con cognizione di causa, questa sera, perché anche qui si parla di libri portatori di malvagità. Anzi di un libro, l'ultimo dello scrittore Sutter Cane, quello che porterà alla follia l'umanità e aprirà le porte (e pure in questo film si parla di varchi verso dimensioni che sarebbe meglio non frequentare) per una nuova razza padrona che sottometterà l'umanità.
Il tema della passione bibliofila portata fino all'esasperazione, e dei libri come mezzo per raggiungere conoscenze occulte ha affascinato anche un grande regista come Roman Polanski che lo ha affrontato nel film La Nona Porta (The Ninth Gate, 1999).
Dean Corso (Johnny Depp) è un esperto di libri antichi che riceve da Boris Balkan, un ricco collezionista, l'incarico di indagare su un libro esoterico, Le Nove Porte del Regno delle Ombre, esistente in sole tre copie di cui una già in possesso dello stesso Balkan. La ricerca è motivata dal fatto che di questi tre esemplari solo uno è autentico e solo quello permette di evocare forze infernali attraverso, appunto, la cosiddetta Nona Porta.
Le indagini non saranno così semplici e Corso si ritrova ben presto impigliato in una rete di intrighi e di delitti attraversati dalla splendida e inquietante presenza di una misteriosa fanciulla (Emmanuelle Seigner).
Tratto dal romanzo di Arturo Pérez-Reverte Il Club Dumas (da cui peraltro si discosta sotto diversi punti di vista) La Nona Porta è un film molto affascinate e visivamente ben costruito, rovinato almeno parzialmente da un finale piuttosto deludente.
Concentriamo però la nostra attenzione sul testo oggetto della ricerca del tenebroso Corso: Le Nove Porte del Regno delle Ombre, uno pseudobiblion creato dalla fantasia di Pérez-Reverte, stampato a Venezia nel 1666 dall'esoterista Aristide Torchia, poi processato e giustiziato dall'Inquisizione. Torchia si ispirò ad un libro molto più antico, il Delomelanichon, testo di antichissime origini (addirittura redatto nell'Egitto di oltre quattromila anni fa) , dal quale trasse nove incisioni la cui interpretazione è basilare per lo scioglimento dell'enigma nascosto dalle pagine maligne.
Il testo passò dalle mani, tra gli altri, di Ruggero Bacone e Giordano Bruno (e da quest'ultimo probabilmente è stata tratta ispirazione per la figura di Aristide Torchia) prima di arrivare nel XVII secolo in quelle dell'occultista veneziano.
Tutto molto intrigante e tutto, ovviamente, inventato anche se sul web circolano notizie (sulla cui attendibilità non ci pronunciamo e che riportiamo qui solo a titolo di informazione) che asseriscono la reale esistenza di questi testi .
Chi ha avuto modo di leggere Il Club Dumas non ha sicuramente potuto fare a meno di ammirare le belle incisioni opera del disegnatore spagnolo Francisco Solé, create sulla base delle indicazioni dello stesso Pérez-Reverte.
Chiudiamo la serata ed il ritorno ai nostri incontri citando un film, ma soprattutto un libro (reale), che ha sicuramente suscitato l'ammirazione e l'interesse di molti dei presenti: Il Nome della Rosa.
Ricco di citazioni e rimandi alla cultura medioevale, il romanzo di Umberto Eco (ed il pregevole film che ne è stato tratto, diretto da Jean-Jacques Annaud) narra la storia di una serie di delitti che colpiscono sul principio del XIV secolo una abbazia arroccata sull'appennino settentrionale e sede di una straordinaria biblioteca.
Alla base degli omicidi si scoprirà esserci il Secondo Libro della Poetica di Aristotele. Ora di questo secondo libro (che tratterebbe della commedia, mentre il primo trattava della tragedia e dell'epica) in realtà non si sa alcunché, nemmeno se Aristotele lo abbia mai scritto (anche se ciò viene considerato assai probabile dagli studiosi).
Quello che è interessante rilevare qui è il fatto che la malvagità non sta nelle pagine di questo pseudobiblion (o forse è meglio parlare di libro perduto) bensì nelle azioni di chi (non lo diciamo nell'eventualità assai improbabile che vi sia qualcuno che non conosca la storia) ritenendolo un libro dannoso perché esalta il riso, considerato una manifestazione del diavolo, compie una serie di omicidi per impedirne la lettura e la diffusione.
Sulle immagini della biblioteca creata da Umberto Eco per il suo romanzo, sulla suggestione della Biblioteca di Alessandria, e alla cui guida lo scrittore e semiologo pose un certo Jorge da Burgos (figura ispirata all'ideatore di una biblioteca fantastica, quella di Babele), concludiamo questo nostro incontro e auguriamo non solo buone visioni ma, come è doveroso che sia visto il tema trattato, anche buone letture.
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