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The Pervert’s Guide To Cinema - Parte Terza
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INDICE

1. POSSIBILITA’ O IMPOSSIBILITA’ DI FARE FILM

2. OVER THE RAINBOW

3. UN’AMICHEVOLE AVVERTENZA

4. MYSTERY MAN

5. LA MANIPOLAZIONE DELLE EMOZIONI

6. MATERIALISMO CINEMATOGRAFICO

7. “LA COSA”

8. L’ORRORE DELL’IMMORTALITA’

9. FIGURE PATERNE

10. IL FALLO

11. UCCIDERE IL PADRE

12. IL “PICCOLO PADRE” STALIN

13. PENSATE SIA UN GIOCO?

14. LA ZONA

15. TARKOVSKY E IL TEMPO

16. IL GENIO COMICO DI CHAPLIN

 _________________________________________

1.POSSIBILITA’ O IMPOSSIBILITA’ DI FARE FILM

Tutti i film moderni parlano in sostanza della possibilità o impossibilità di fare film…

 

29. Dogville

Lars von Trier 2003

Questa è la triste storia della città di Dogville.

Dogville si trovava nelle Montagne Rocciose negli USA, quassù dove la strada giungeva al suo capolinea, presso l’ingresso della vecchia miniera d’argento abbandonata.

Gli abitanti di Dogville erano gente onesta e attaccata alla propria città…

Lars von Trier non affronta solo  il problema della fede, se oggi, cioè, la gente sia credente, quale posto occupi la religione ecc.

Affronta anche, di riflesso e allegoricamente, la questione del credere nel cinema stesso.

Come far sì che la gente, oggi, creda nella magia del cinema.

Dogville è interamente ambientato su un set.

Nel cinema c’è sempre un set, ma qui il set è visto in quanto tale.

Non ci sono case, strade, solo linee per terra.

La cosa strana è che questo non impedisce l’identificazione, anzi ci coinvolge ancora di più nelle tensioni della vita interiore.

Il punto non è decostruire una fede ingenua attraverso l’ironia, Von Trier vuol trattare la materia con serietà, l’ ironia è usata per farci credere.

…Ancora una volta Grace è sfuggita miracolosamente ai propri inseguitori con l’aiuto degli abitanti di Dogville.

L’hanno coperta tutti, incluso Chuck, costretto ad ammettere che doveva essere stato il cappello di Tom a sembrargli erroneamente così sospetto…

La cosa strana è che, pur sapendo che è un allestimento, una finzione, siamo comunque affascinati.

E’ questa la sua magia fondamentale.

Assisti ad una scena intrigante, poi scopri che è tutto finto, ti mostrano la macchina scenica, eppure ne rimani affascinato, l’illusione persiste.

L’illusione ha qualcosa di reale, più reale della realtà che la sorregge.

 

2. OVER THE RAINBOW

 30. The Wizard of Oz

Victor Fleming 1939

Un film come The Wizard of Oz ci insegnache la logica della demistificazione non basta.

Non basta dire “E’ solo uno spettacolo ad effetto, dietro c’è solo un modesto vecchietto”.

Al contrario, questa apparenza ci sembra ancora più vera.

L’apparenza ha una concretezza, una verità propria

perciò crediamo e vogliamo risposte…

E il cuore promesso al boscaiolo di latta?

E il coraggio promesso a Leone Codardo?

E il cervello dello Spaventapasseri?

Il paradosso del cinema della fede:

non ci limitiamo a credere o a non credere, ma…

…ma chiunque può avere un cervello, è una merce molto comune!

Ogni creatura pusillanime che striscia sulla terra, o sguscia nei mari melmosi ha un cervello.

Dove sono nato abbiamo Università, sedi di grande apprendimento, dove gli uomini vanno per diventare grandi pensatori.

Poi quando escono fanno grandi pensamenti, e certo non hanno più cervello di te, hanno una sola cosa che tu non hai: un diploma!

Perciò, in virtù dell’autorità conferitami dall’Universitatus Committeeatum Et Plurbis Unum

ti consegno la laurea onoraria in D.P.

D.P. ?

Dottore in Pensamento

Non crediamo sempre, ma in una sorta di modalità condizionata.

So benissimo che è finzione, eppure mi lascio coinvolgere emotivamente.

e allora…

La somma delle radici quadrate di due lati di un triangolo isoscele è uguale alla radice quadrata del terzo lato… Oh  gaudio! Oh letizia! Ho un cervello!

  

3. UN’AMICHEVOLE AVVERTENZA

31. Frankenstein

J.Whale 1931

Se qualcuno ci dice che dobbiamo provare orrore, lo facciamo…

Bianco e nero, un sipario chiuso, molto scuro.

Un distinto signore sulla cinquantina, smoking e gardenia all’occhiello,escesul proscenio e si rivolge al pubblico con modi signorili e suadente ironia nella voce, non ha microfono e muove con eleganza le mani:

Come va? Secondo Mr.Carl Laemmle, sarebbe poco gentile proiettare questo film senza un’amichevole avvertenza.

Stiamo per svelare la storia di Frankenstein: un uomo di scienza che ambiva creare un uomo a sua immagine, senza rendere conto a Dio.

Se qualcuno non intende sottoporre i propri nervi a tale tensione, questa è l’occasione per… bè, vi abbiamo avvertito.

 

32. The Ten Commandments

Cecil B. De Mille 1956 

Colore, un sipario chiuso, pesante damasco bianco/argento con balza dorata.

Un riflettore proietta un cerchio di luce al centro.

Un anziano signore dal fisico asciutto, severo abito scuro, esce sul proscenio, afferra con la destra il microfono e con voce franca e decisa, benchè cordialmente colloquiale, si rivolge al pubblico:

Signore e signori. giovani e anziani, vi potrà sembrare insolito che qualcuno vi parli prima del film. Ma l’argomento trattato è insolito.

Siamo a Hollywood.

Appare Cecil B. DeMille in persona, per spiegarci ,  anticipando la chiave di lettura, come la storia di Mosè e i Dieci Comandamenti assuma una grande rilevanza in tempi di lotta al comunismo e al totalitarismo

Cecil B. DeMille (piano medio, le mani ora strette al microfono, espressione intensa, voce in crescendo drammatico):

Gli uomini sono proprietà dello Stato? O sono spiriti liberi sottoposti a Dio?

Questa stessa battaglia si ripropone oggi nel mondo intero…

(Era un’amichevole avvertenza… già…)

Il padrone nascosto che controlla gli eventi si può anche definire come un’ incarnazione dell’ideologia, intesa come lo spazio che organizza i nostri desideri.

(tempo sei anni e,  nel 2012, Slavoj Žižek svilupperà questo breve occhiello sull’ideologia in The pervert's guide to ideology

 

4. MYSTERY MAN

Lost Highway

David Lynch 1997

Mistery Man punta la videocamera su Fred:

E tu come ti chiami?

 e subito dopo urla:

Come cazzo ti chiami?

Mistery Man rappresenta il cineoperatore o persino il regista.

Immaginate qualcuno che ha accesso diretto alla vostra vita interiore, alle fantasie più segrete, a quello che nemmeno voi volete sapere di voi stessi

Primo incontro?

Mistery Man: Ci siamo già incontrati, vero?

Fred: Non mi pare… Dove ci saremmo incontrati, secondo te?

Mistery Man: A casa tua, non ricordi?

Fred: In che senso? Dove saresti, adesso?

Mistery Man: A casa tua

Fred: Cazzo, ma è assurdo!

Mistery Man: Chiamami

Il modo migliore per capire cosa rappresenta Mistery Man è pensare a qualcuno che non vuole niente da noi.

Ecco il vero orrore di questo Mistery Man.

Non ha intenzioni malvagie, demoniache.

Semplicemente, quando ti sta davanti, vede dentro di te.

Voce di Mistery Man che risponde al telefono dalla casa di Fred: Che ti avevo detto? Sono qui!

Fred: Come hai fatto?

Mistery Man: Chiedimelo

Fred: Come hai fatto a entrare?

Mistery Man: Mi hai invitato tu. Andare dove non sono desiderato non è il mio stile.

E’ come il tribunale nei romanzi di Kafka dove la legge arriva solo quando lo chiedi tu.

  

5. LA MANIPOLAZIONE DELLE EMOZIONI

Promotional Trailer / The birds 

A. Hitchcock 1963

 

L’uccellino in gabbia becca il dito a Mr.Hitch (nel video al minuto 4:07):

Perché mai l’avrebbe fatto? Curioso…Ma che diavolo?

Hitchcock era ossessionato dalla manipolazione delle emozioni.

Sognava addirittura che nel futuro non avremmo dovuto più filmare storie: il nostro cervello si sarebbe collegato ad una macchina e il regista avrebbe dovuto solo premere alcuni bottoni per risvegliare nella nostra mente le emozioni del caso.

  

6. MATERIALISMO CINEMATOGRAFICO

Cos’è che registi come Hitchcock, Tarkovskij, Kieslowski, Lynch hanno in comune?

Una certa autonomia nella forma cinematografica.

La forma non esiste solo per esprimere e  articolare i contenuti.

Ha un suo messaggio.

In Hitchcock ricorre il tema della persona sospesa su un abisso, tenuta per mano da un’altra persona.

Il primo esempio è…

 

33. Saboteur

A.Hitchkock 1942

e poi…

 

34. Rear Window

A.Hitchkock 1954

 

35. To catch a thief

A.Hitchkock 1955

 

36. North by Northwest

A.Hitchkock 1959

 

infine, ovviamente…

 

Vertigo 1958

A.Hitchkock

Vediamo tornare lo stesso motivo visivo.

Penso sia sbagliato cercare un significato comune, più profondo.

Secondo alcuni teorici francesi sarebbe il tema della caduta e della redenzione.

Per me vuol dire spingersi troppo oltre.

Secondo me si tratta di una sorta di materialismo cinematografico.

Sotto il livello del significato, spirituale, ma anche semplicemente narrativo, c’è il livello delle forme in sè, in reciproca comunicazione, interazione, riverbero, eco, che si trasformano l’una nell’altra.

Ed è questo sfondo di protorealtà, un reale più denso ed essenziale della realtà narrativa della storia che guardiamo, che dà la giusta densità cinematografica.

 

7. “LA COSA”

Žižek si trasferisce nella grande foresta di sequoie in cui Hitchcock ambienta una scena di Vertigo.

Ai piedi di un tronco immenso, microscopica figura umana, guarda verso l’alto e dice:

Questo è l’albero gigante dove, in Vertigo, Madeleine e Scottie si ritrovano quando si abbracciano, e la tensione erotica diventa insostenibile.

Cos’è questo albero?

Secondo me è uno dei tanti “grandi oggetti” hitchcockiani, come le statue del Monte Rushmore o anche come Moby Dick.

Questo albero non è soltanto un oggetto naturale.

E’, nel nostro spazio mentale, quello che la psicanalisi chiama “la Cosa”.

E’ come se questo albero, nella sua spropositata distorsione, incarnasse qualcosa che fuoriesce dal nostro spazio interiore, la libido, l’eccessiva energia della nostra mente.

Torniamo a The Birds.

Sulla barchetta di Bodega bay Žižek  coglie l’incontro tra cinema e filosofia.

E’ qui che capiamo come i grandi cineasti ci permettono di pensare in termini visivi.

Incendio alla stazione di servizio: 

Attenzione! Non butti il fiammifero! Attento! Via di là!

Signore scappi!

Attento!

La prima parte di questa breve scena è classica, con il tipico alternarsi di riprese dell’incendio e della persona, in questo caso Melanie, che guarda.

Poi succede qualcosa di strano.

Ci alziamo sulla città con una veduta panoramica completa.

All’inizio sembra una tipica inquadratura d’ambientazione: dopo i dettagli che ti lasciano perplesso, t’impediscono di orientarti, ci vuole una ripresa che fornisca una sorta di mappa cognitiva, per capire cosa succede.

Poi, però, seguendo la logica della Cosa che emerge dallo spazio interiore, sentiamo dei suoni minacciosi, i versi degli uccelli, poi entra un uccello, poi un altro…

Quell’inquadratura, apparentemente naturale, come lo sguardo di Dio, di colpo si trasforma in uno sguardo malvagio.

Lo sguardo degli uccelli all’attacco.

E siamo catapultati in quella posizione.

The Birds fornisce la chiave per leggere in retrospettiva altre scene classiche di Hitchcock.

Ora guardiamo Psycho, la scena dell’assassinio del detective Arbogast

E’ quella che considero la scena essenziale di Psycho.

Hitchcock manipola in modo molto raffinato la logica della cosiddetta “negazione feticistica”, la logica del “Lo so benissimo, però…”

Sappiamo benissimo certe cose, ma non ci crediamo veramente. E, pur sapendo che accadranno, non siamo meno sorpresi quando accadono.

In questo caso, tutto porta a prevedere l’omicidio.

Eppure, quando succede, la sorpresa è forse ancora più forte.

Tipico modello hitchcockiano di ripresa della scena:

1. Lui alza lo sguardo sulle scale

(questo passaggio genera la tensione hitchcockiana tra lo sguardo del soggetto e le scale stesse, o, meglio, il vuoto oltre le scale, che rimanda lo sguardo emanando una strana, indecifrabile minaccia.

2. Poi la camera ci offre una ripresa panoramica di chiarezza geometrica, come dal punto di vista di Dio. E’ come se passassimo da un Dio creatore naturale a Dio nella sua insostenibile collera divina.

Questo assassino per noi è un mostro incomprensibile.

Non sappiamo chi sia, ma, essendo costretti ad assumere la posizione dell’assassino, in un certo senso non sappiamo chi siamo noi.

E’ come se scoprissimo in noi una dimensione terrificante.

Come se fossimo costretti ad agire come bambole, come strumenti di un’altra divinità maligna.

E, a proposito di divinità maligne…

 

8. L’ORRORE DELL’IMMORTALITA’

37. Star Wars ep. III Revenge of the Sith

G. Lucas 2005

Non è come la pensa la metafisica classica:

“Abbiamo il terrore di accettare il fatto che siamo esseri mortali, vorremmo essere immortali.”

No.

La cosa davvero orribile è essere immortali.

Il vero orrore è l’immortalità, non la morte.

Pensiamo al momento in cui il normale Anakin Skywalker diventa Darth Fener.

In questa scena, quando i medici dell’Imperatore ferito gravemente lo stanno ricostruendo come Darth Fener, si inseriscono le immagini della Principessa Padmè, moglie di Anakin, che partorisce.

E’ come se assistessimo alla trasformazine di Anakin in padre.

MA…

che tipo di padre?

Un padre mostro, che non vuole essere morto.

Il suo respiro profondo è il suono del padre, il padre freudiano, primordiale, un padre osceno, iper-virile, che non vuole morire.

Per noi è questa, credo, la minaccia più oscena di cui siamo testimoni.

Non li vogliamo vivi, i nostri padri, li vogliamo morti.

Il motivo di ansia per eccellenza è un padre in vita

 

 

9. FIGURE PATERNE

Ora capiamo il punto essenziale nei film di David Lynch, cosa bisogna prendere sul serio e cosa no.

Blue Velvet

D.Lynch  1986 

Frank  è una di queste figure paterne terrificanti, ridicolmente oscene.

Oltre a Frank in Blue Velvet, ci sono il Barone Harkonnen in Dune, Willem Defoe in Wild at Heart, Mister Eddy in Lost Highway

Una delle sequenze on the road più spiazzanti (e che trovo anche molto esilarante) di Lost Highway

Mister Eddy, veramente incazzato con il malcapitato che l’ha superato mostrandogli il dito, dopo averlo raggiunto, bloccato e tirato violentemente fuori dalla macchina, lo afferra per la collottola minacciandolo con la pistola:

Non azzardarti a starmi al culo! Mai!

Digli che non gli starai mai al culo, mai! (suggerisce al malcapitato la guardia del corpo di Eddy)

Non starò mai più… balbetta il malcapitato

Mister Eddy, stravolto:

Sai quanto cazzo ci vuole a fermare una macchina che va a 50 all’ora?Uno spazio pari a sei macchine!

Trenta cazzo di metri, mister! Se dovevo inchiodare mi venivi addosso!

Voglio che trovi un fottuto manuale e che lo studi, pezzo di merda!

Il poverino, autista maleducato e inerme, geme atterrito a terra e tutti, compreso lui, aspettiamo che Eddy lo massacri, quasi lo vogliamo. E invece…

 

38. Dune

D.Lynch 1984

Ti voglio sputare in testa una volta sola. Giusto uno sputacchio in faccia. Che lusso!

Credo che quest’aria da commedia ridicolmente violenta sia fuorviante.

Credo che queste ridicole figure paterne siano il fulcro etico, il soggetto di praticamente tutti i film di David Lynch 

Non resta, allora, che andare alla radice del problema...

 

10. IL FALLO

Blue Velvet

Frank, urlando: Scopiamo! Ora mi fotto tutto quello che si muove!

La normale autorità paterna è un uomo ordinario che, diciamo, indossa il fallo come  un’insegna.

E’ un qualcosa che ne simboleggia l’autorità.

Questo è, nella teoria psicanalitica, il fallo.

Tu non sei il fallo, ma possiedi un fallo.

Il fallo è qualcosa di ausiliare, come la corona del re. Qualcosa che indossi e che ti conferisce autorità.

Così, quando parli, non sei una persona qualunque: è l’autorità simbolica, la legge, lo Stato a parlare tramite te.

Quindi, queste figure paterne eccessivamente ridicole non si limitano a possedere un fallo, a portarlo come un simbolo della propria autorità.

In un certo senso, sono direttamente loro il loro fallo.

Questo, per un normale soggetto maschile, se ancora ne esistono, è l’esperienza più terrificante che ci sia: essere direttamente la cosa stessa, doversi pensare come un fallo.

E la grandezza provocatoria di queste figure paterne lynchiane, oscene, non sta solo nell’assenza totale di ansia: non solo non hanno timori, ma godono pienamente di questa condizione.

Sono realmente entità senza paura, al di là della vita e della morte, felici di accettare la loro immortalità, la loro energia vitale non castrata.

 

11. UCCIDERE IL PADRE

Troviamo un ottimo esempio alla fine di Wild at Heart,  quando Bobby Peru viene ucciso.

Accetta il pericolo mortale con una vitalità esuberante, e quando gli scoppia la testa sembra di vedere la testa del pene sfracellarsi.

Wild at Heart

David Lynch 1990

 

E poi, alla fine, queste figure vengono sacrificate

 

Blue Velvet

David Lynch 1986 

 

12. IL PICCOLO PADRE STALIN

 

39. Kubanskie Kazaki

Ivan Pyryev 1949

Il genere preferito di Iosif Stalin era il musical, non solo i musical di Hollywood, ma anche quelli sovietici. C’era tutta una serie di cosiddetti musical dei kolkhoz.

Può sembrare strano: Stalin che impersona l’austerità comunista, il terrore e i musical.

Di nuovo la risposta sta nel concetto psicanalitico di Super-Io.

Il Super-Io non è soltanto terrore eccessivo, imposizione incondizionata, richiesta del massimo sacrificio.

E’, allo stesso tempo, oscenità, risata.

Questo rapporto è stato colto dal genio di  Sergej Ejzenstejn

 

40. Ivan the Terrible: part 2

Sergej Ejzenstejn1958

Nel suo ultimo film, un ritratto codificato dell’era staliniana, Ivan the Terrible: part 2,che per questo motivo fu immediatamente vietato, in una scena straordinaria, verso la fine, vediamo lo zar Ivan che organizza una festa e si diverte con i suoi oprichniki, le guardie private che torturavano e uccidevano i suoi nemici, il suo KGB se vogliamo, la polizia segreta, presentati come attori di un musical.

Un musical osceno, che racconta appunto la storia dell’uccisione dei ricchi boiardi, i principali nemici di Ivan.

Il terrore quindi viene rappresentato come un musical.

Cosa c’entra tutto questo con la realtà del terrore politico?

Non è semplicemente arte, immaginazione?

NO

I processi - spettacolo di Mosca, nella seconda metà degli anni ’30 erano esibizioni teatrali, non dimentichiamolo.

Erano ben allestiti, preparati.

Inoltre avevano, per quanto possa suonare orribile, qualcosa di comico.

L’orrore era così spietato che le vittime, costrette a confessare e a invocare la condanna a morte, erano completamente spogliate della loro dignità, tanto da comportarsi come pupazzi, impegnati in dialoghi che sembrano davvero uscire da “Alice nel Paese delle Meraviglie”.

Si comportavano come personaggi di un cartone animato.

  

41. Pluto’s Judgement Day

David Hand 1935

Cat Prosecutor :Nemico pubblico numero uno, oggi verrà giudicato per i crimini commessi

Dimostreremo la sua colpevolezza! Provi pure a discolparsi.

Alla metà degli anni ’30 Walt Disney produsse un cartone incredibile dal titolo Pluto’s Judgement Day in cui il cane, il noto Pluto, si addormenta e nel sonno è perseguitato, ossessionato da un sogno in cui i gatti, le sue vittime, che aveva molestato in passato, lo trascinano in tribunale e lo sottopongono ad un vero processo politico stalinista.

Cat judge: Abbiamo visto e sentito abbastanza.

Giurati, fate il vostro dovere.

Coro di gatti: Guardaci mentre facciamo il nostro dovere.

Dichiariamo l’imputato colpevoe.

E’ colpevole, colpevole!

Urrà!

La legge non è soltanto severa, spietata, cieca: allo stesso tempo ci prende in giro.

Applicare la legge provoca un piacere osceno.

  

13. PENSATE SIA UN GIOCO?

La nostra illusione fondamentale oggi non sta nel credere nella finzione, nel prenderla troppo sul serio.

Il problema, al contrario, è non prendere le fantasie sufficientemente sul serio.

Pensate sia un gioco?

E’ realtà, molto più reale di quanto sembri.

Per esempio, chi gioca ai videgiochi assume il ruolo di sadico, stupratore o altro.

L’idea è questa:

nella realtà sono una persona debole, quindi, per compensare le debolezze della vita vera, assumo la falsa immagine di una persona forte, sessualmente promiscua e così via.

Questa però mi sembra una lettura ingenua: “voglio apparire più forte e attivo perché nella realtà sono debole”

E se facessimo il ragionamento opposto?

L’identità forte di brutale stupratore o quel che sia è il mio vero io, la verità psichica del mio io, ma nella vita vera, a causa delle costrizioni sociali, non posso esprimerla.

Proprio perché lo considero solo un gioco, un ruolo, un’immagine che assumo nello spazio virtuale, qui posso essere molto più me stesso.

Posso sviluppare un’identità molto più vicina al mio vero io.

Ci serve il pretesto della finzione per attuare ciò che siamo davvero.

 

14. LA ZONA

42. STALKER

A.Tarkovskij1979

STALKER è un film che parla di una zona, uno spazio proibito dove ci sono macerie, residui di alieni che ci hanno visitato.

Gli stalker sono persone che fanno entrare clandestinamente gli stranieri nella zona piena di oggetti magici.

Tra questi il principale è la stanza nel centro della zona, dove si dice che vengano esauditi i desideri.

Stalker : So che impazzirete. E comunque vi devo dire che ci troviamo…sulla soglia.

Questo è il momento più importante della vostra vita.

Dovete sapere che i vostri desideri più nascosti qui verrano esauditi

Il vostro desiderio più sincero, nato dalla sofferenza.

Il contrasto tra Solaris e Stalker è evidente: in Solaris c’è la macchina dell’Es, un oggetto che concretizza incubi, desideri, paure, prima ancora che tu lo chieda.

In Stalker è il contrario: c’è una zona, dove vengono esauditi i desideri più profondi, a condizione che uno sia in grado di formularli.

Ovviamente nessuno può riuscirci, ed è per questo che tutti falliscono quando sono al centro della zona.

Tu ti arricchisci con la nostra ansia! E non sono tanto i soldi! Ti diverti, qui sei come dio onnipotente!

Tu viscido ipocrita decidi chi vivrò e chi morirà.

Lui delibera!

Ora capisco perché voi stalker non entrate mai nella stanza.

Vi crogiolate nel otere, nel mistero, nell’autorità!

Cos’altro si potrebbe desiderare?

Stalker: Non è vero, ti stai sbagliando!

La soluzione di Tarkovskyij a questa tensione è l’oscurantismo religioso.

La via d’uscita da questo stallo è il sacrificio di sè.

I suoi due ultimi film, Nostalghia e Offret, finiscono entrambi con un gesto suicida dell’eroe.

Ma, secondo me, non è questo che rende Tarkovskij interessante.

E’ proprio la forma dei suoi film a renderlo interessante.

 

15. TARKOVSKY E IL TEMPO

Tarkovskij usa il tempo stesso come elemento materiale della densità pre-narrativa.

Di colpo siamo portati a sentire questa inerzia, questo squallore del tempo.

Il tempo non è solo un mezzo neutro, leggero, all’interno del quale succedono le cose: la densità del tempo è tangibile.

Le cose che vediamo segnano il tempo.

Anche gli esseri umani sono trattati allo stesso modo.

Se guardiamo il volto dello stalker, così particolare, vediamo il viso di chi è stato esposto a troppe radiazioni, è come se stesse marcendo vivo, decomponendosi.

E’ da questa disintegrazione della consistenza materiale della realtà che scaturisce la profondità spirituale.

I soggetti di Tarkovskij se pregano non guardano in alto ma in basso.

A volte, come in Stalker, poggiano la testa sulla terra.

Qui Tarkovskij ci tocca a un livello molto più profondo e cruciale per la nostra esperienza rispetto a tutti i temi spirituali classici, tutti gli inviti a superare la realtà materiale.

Non c’è nulla di particolare nella zona, è solo un posto dove un certo limite è stato fissato.

Poni un limite, vieti l’accesso a una certa zona, e anche se le cose rimangono esattamente come prima, il posto è percepito come diverso: un posto in cui puoi proiettare le cose in cui credi, le tue paure, quello che hai nel tuo spazio interiore.

La zona, insomma, è il bianco dello schermo cinematografico.

 

16. IL GENIO COMICO DI CHAPLIN

43. City Light

C. Chaplin

City Light  di Chaplin è uno di quei capolavori troppo sofisticati per i sofisticati.

E’ un film ingannevolmente semplice.

Ci lasciamo rapire, tendiamo a perderne la complessità e l’estrema finezza.

Già la prima scena pone le coordinate. E’ una specie di microcosmo dell’intera arte chapliniana.

Qual è la fonte del genio comico di Chaplin?

Qual è la situazione comica archetipica dei film di Chaplin?

Uno è scambiato per un altro e agisce da elemento di disturbo, come una macchia perturbante.

Distorce la visone.

Quindi vuol cancellarsi, vuole uscire dalla scena.

Oppure, la gente non lo nota, lo ignora e lui vuol farsi notare.

Oppure, quando lo notano, fraintendono, lo prendono per qualcosa che non è.

Il vagabondo è erroneamente scambiato, da una bella ragazza cieca che vende fiori all’angolo della strada per un milionario

Lui sta al gioco e l’aiuta, addirittura ruba per pagarle l’operazione agli occhi.

Poi, una volta scontata la pena, torna a cercarla.

Credo che sia la metafora di tanti nostri dilemmi.

Troppo spesso, quando amiamo qualcuno, non lo accettiamo per la persona che in effetti è, bensì nella misura in cui rientra nelle coordinate della nostra fantasia.

Lo fraintendiamo, lo identifichiamo erroneamente, e per questo, quando scopriamo di aver sbagliato, l’amore può trasformarsi rapidamente in violenza.

Non c’è niente di più pericoloso, di più letale per la persona amata, che essere amata non per quello che è, ma perché corrisponde all’ideale.

In questo caso l’amore è sempre mortificante

Qui non è solo il vagabondo, figura interna alla trama del film, che si espone alla ragazza amata:

è allo stesso tempo il Chaplin attore/regista, che si espone a noi, il pubblico.

“Sono sfrontato, mi propongo a voi, ma allo stesso tempo ho paura”

Il vero genio di Chaplin  sta nelle sue capacità di mettere in scena questo momento psicologico di riconoscimento, a livello formale, musicale, visivo e, allo stesso tempo, della recitazione.

Quando le due mani si toccano, la ragazza finalmente lo riconosce per quello che è…

Tu?

Questo momento è sempre estremamente pericoloso, patetico…

Mi vedi, ora?

L’amato esce dalla cornice delle coordinate idealizzate…

Sì, posso vederti

…è finalmente esposto nella sua nudità psicologica.

“Eccomi qua, come sono realmente”

E non credo che dovremmo leggerlo come un lieto fine.

Non sappiamo cosa succederà.

 

The End

Appaiono le parole The End, lo schermo nero, ma la canzone continua.

Come se l’emozione adesso fosse troppo forte e traboccasse dalla cornice.

___________________________________________________________________________

 E PER CONCLUDERE

Per capire il mondo odierno abbiamo davvero bisogno del cinema.Solo nel cinema troviamo la dimensione cruciale che non siamo pronti ad affrontare nella realtà.Se cercate nella realtà qualcosa di più reale della realtà stessa, rivolgetevi alla finzione cinematografica.

 Slavoj Žižek

 

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