INDICE
- “HA SBAGLIATO VERSO, ENTRI DENTRO E GUARDI FUORI”
- LA TERZA PILLOLA
- NARRATIVIZZIAMO UN’ESPERIENZA TRAUMATICA TROPPO FORTE
- I 3 LIVELLI DELLA SOGGETTIVITÀ UMANA
- LA VOCE
- LA MUSICA
- OGGETTI PARZIALI E PULSIONE DI MORTE
- LO SGUARDO
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1. “HA SBAGLIATO VERSO, ENTRI DENTRO E GUARDI FUORI”
1. Possessed
di Clarence Brown 1931
Questo film è una riflessione sulla magia dell’arte cinematografica.
Una ragazza della provincia americana di colpo si ritrova in una situazione in cui la realtà stessa riproduce la magia dell’immagine cinematografica: si avvicina al binario, passa il treno, ed è come se la semplice realtà di una persona che osserva un treno in movimento diventasse quella dello spettatore che ammira la magia dello schermo.
“Gradisce un bicchiere?... oh no, non se ne vada! Guarda dentro? Ha sbagliato verso, entri dentro e guardi fuori”
In questa scena si proietta lo spazio interiore, l’immaginario dell’eroina. Quindi, per quanto la scena sia assolutamente reale – il treno, la ragazza – parte della realtà, nella percezione della protagonista, e di noi spettatori, è portata ad un livello magico, diventa lo specchio dei suoi sogni.
Questa è l’arte cinematografica allo stato puro.
2. LA TERZA PILLOLA
2.The Matrix
A. e L. Wachowski 1999
“Prendi la pasticca blu, la storia finisce.Ti svegli a letto e interpreti il tutto come meglio credi.
Prendi la pasticca rossa, rimani nel paese delle meraviglie, e io ti faccio vedere quanto è profonda la tana del coniglio.”
La scelta tra la pasticca blu e quella rossa non è solo una scelta tra illusione e realtà.
Matrix è una macchina che produce finzioni, ma queste finzioni sono già strutture della nostra realtà.
Se spogliamo la nostra realtà delle funzioni simboliche che la regolano, la realtà stessa perde consistenza.
Serve una terza pillola, che non offra un’esperienza trascendente, un’esperienza religiosa fasulla, ma una pillola che mi consenta di percepire non la realtà oltre l’illusione ma la realtà dentro l’illusione stessa.
3. NARRATIVIZZIAMO UN’ESPERIENZA TRAUMATICA TROPPO FORTE
Se un’esperienza traumatica è troppo forte smembra le coordinate della realtà, perciò dobbiamo narrativizzarla
3. The Birds
A.Hitchcock1963
Sinossi: Noi umani non viviamo naturalmente nella realtà.
Per comportarci da persone normali che interagiscono con il prossimo e abitano lo spazio della realtà sociale, dobbiamo collocarci adeguatamente nell’ordine simbolico delle cose.
Quando questa collocazione adeguata nello spazio simbolico è disturbata, la realtà si disintegra.
Gli attacchi violenti degli uccelli sono sfoghi esplosivi del Super-io materno che si oppone cercando di prevenire il rapporto sessuale del figlio con la donna.
Gli uccelli sono energia incestuosa grezza.
Togliamo l’elemento horror alla storia: una ricca ragazza di San Francisco s’innamora di un uomo e lo segue fino a Bodega Bay dove scopre che vive con sua madre.
Tipico intreccio edipico, tensione incestuosa tra madre e figlio.
Madre possessiva/ragazza invadente
Domanda scontata:
“Perché gli uccelli attaccano?”
L’intrusione degli uccelli lacera la realtà.
4. I TRE LIVELLI DELLA SOGGETTIVITÀ UMANA
4. Psycho
A.Hitchcock1960
Žižek ci fa notare la disposizione della casa di Norman su tre livelli:
piano terra: l’Io (Norman figlio normale che gestisce il motel)
primo piano:Super-io (la madre morta, tenuta chiusa in camera e successivamente trasferita in cantina)
No mamma… ti porto su qualcosa
Scusa ragazzo, ti rendi ridicolo quando mi dai ordini
Per favore, mamma…
No, non mi nasconderò nella dispensa! Mi trovi appetitosa, eh?
Quando Norman porta la madre dal primo piano giù nello scantinato è come se la trasferisse nella sua mente dal ruolo di Super-io a quello di Es.
scantinato: l’Es, contenitore di pulsioni illecite.
Non ci provare più mai più! Vattene!Ti ho detto di andartene, ragazzo!
Ti porto io mamma.
Mettimi giù, posso camminare da sola!
Conclusione, secondo Freud: Super-io ed Es sono profondamente collegati, la madre auoritaria dà ordini e protesta. Poi diventa oscena.
Il Super-io non è un’entità etica, è un’entità oscena, ci bombarda di ordini impossibili, ci deride quando, per forza di cose, non riusciamo a soddisfare queste richieste. Più obbediamo più ci fa sentire in colpa.L’entità del Super-io ricorda sempre alcuni lati tipici del pazzoide pervertito.
5. Duck soup
Leo Mc Carey 1933
6. Monkey Business
Norman McLeod 1931
I tre fratelli Marx come esempio di riferimenti alla psicanalisi nei rapporti tra persone:
Groucho: Super-io, con la sua iperattività nervosa
Chico: razionale, calcolatore, è l’Io.
Harpo: l’Es, strampalato, muto, non parla. Le pulsioni dell’Es sono silenziose, innocenza infantile, pura ricerca del piacere. Harpo ama i bambini, gioca, ma è posseduto da una malvagità primordiale, è sempre aggressivo, una combinazione di corruzione e innocenza tipica dell’Es.
5. LA VOCE
7. The testament of Dr. Mabuse
Fritz Lang, 1933
Primo film sulla dimensione traumatica della voce, che non aleggia libera ma diventa una presenza traumatizzante, temuta, il massimo istante o motivo d’ansia che distorce la realtà.
Mabuse è solo una voce, non si vede fino alla fine del film.
8. The Exorcist
William Friedkin 1973
La voce proviene da un luogo non precisato, interno al corpo.
Quando parliamo con qualcuno c’è sempre un minimo effetto ventriloquo, come se una forza esterna prendesse il controllo.
La bambina del film, all’inizio bella, è stata posseduta da una Voce, nella sua dimensione oscena. Forse ci aspettiamo che salti fuori l’orribile animaletto di Alien
9. Alien
Rydley Scott 1979
C’è un’inesauribile energia psichica (libido per Freud) che trascende la vita e la morte e la povera, finita realtà mortale dei nostri corpi.
Siamo noi gli alieni che controllano il nostro corpo (il film cerca di evitare di dirlo)
L’Io è una forza aliena che distorce e controlla il nostro corpo
10. The great dictator
Charlie Chaplin 1940
Nessuno fu più consapevole di Charlie Chaplin della dimensione profondamente traumatica della voce umana, non come mezzo sublime, etereo, per esprimere la profondità della soggettività umana ma in quanto energia intrusa ed estranea.
L’avvento del sonoro introduce interiorità, profondità, senso di colpa, l’intero universo edipico.
Chaplin, nella parte del barbiere, è ancora figura del muto, cinema che non conosce morte, sessualità, sofferenza, i personaggi “inseguono semplicemente le loro velleità orali, egotistiche, come gatti e topi dei cartoni animati. C’è il male, ma è un male ingenuo, buono, vuoi mangiare, colpire l’altro, ma non esiste una colpa vera e propria.
La problematica del film non è solo politica (come sbarazzarsi del totalitarismo, del suo terribile potere seduttivo) ha una natura più formale: come sbarazzarsi di questa terribile dimensione della voce o come addomesticarla, come trasformarla in un mezzo di espressione di umanità, di amore.
Mi dispiace, ma non voglio essere un imperatore, non fa per me. Non voglio governare, conquistare.Vorrei aiutare tutti, se possibile…
Ma, sottolinea Žižek, qui c’è una doppia finezza:
Soldati, nel nome della democrazia uniamoci!
La gente lo acclama proprio come acclamava Hitler e…
6. LA MUSICA
L’ ouverture dal Lohengrin di Wagner accompagna la scena del discorso all'umanità del barbiere/finto Hitler e quella del vero Hitler che gioca con il mappamondo sognando un mondo di biondi e lui solo bruno.
Possiamo considerarla una redenzione definitiva della musica:la musica che serviva propositi maligni può redimersi, servire il bene. Oppure si può interpretare, come credo, in maniera molto più ambigua:con la musica non si può esser certi di nulla.
Nella misura in cui esteriorizza le nostre passioni interiori, la musica è sempre una potenziale minaccia.
7. OGGETTI PARZIALI E PULSIONE DI MORTE
11. Mulholland Drive
David Linch 2002
La musica è quella Žižek definisce un "oggetto parziale" nell'economia del film.
La scena in esame è quella in cui le due eroine ascoltano la cantante che arriva al collasso e cade a terra, mentre la canzone prosegue perchè cantava in play back.
Quell’oggetto parziale e autonomo ci pone in una dimensione da incubo
come in …
12. Alice in Wonderland
Geronimi, Jackson, Luske 1951
Lo Stregatto: il gatto scompare e il sorriso rimane:
Avrai notato che anch’io non ci sono tutto… e strombavan musando i tartarocchi…
Ora Žižek è di nuovo sulla barca che lo porta a Bodega bay, poi si sposterà nella cantina di Norman Bates mentre dice:
Il fascino degli "oggetti parziali", intesi come organi privi di corpo, è che incarnano quella che Freud chiamava “pulsione di morte”.
E qui dobbiamo fare molta attenzione.
Non è il desiderio buddista di estinzione (voglio raggiungere una pace eterna) no, è quasi il contrario.
E’ la dimensione di quello che, negli horror alla Stephen King, si chiama dimensione dei morti viventi (qualcosa che rimane in vita anche dopo la morte).
Immortale nel proprio stato di morte
Esempi:
13. The red shoes
Michael Powell Emeric Pressburger 1948
La passione per il ballo si materializza nella presa di controllo delle scarpette
14. Dr. Strangelove
Stanley Kubrick 1964
Il pugno, la mano, sono la concretizzazione migliore dell’oggetto parziale, o oggetto morto, autonomo.
La mano (di Stranamore) che si alza è il punto chiave del film.
E' l’oggetto parziale autonomo, il nucleo della sua personalità
15. Fight club
David Fincher 1999
Sequenza cult, brevissima, in cui Norton combatte con sè stesso, si dà pugni, cerca di strangolarsi e infine crolla sul ripiano di cristallo del tavolo rompendolo in mille pezzi.
La scena non esprime un qualche perverso masochismo o una fantasia violenta e reazionaria.
E’ anzi profondamente liberatoria.
“Sono qui, dal lato del pugno”, prima di poter attaccare il nemico devi rompere il culo a te stesso, devi liberarti, dentro di te, di ciò che ti lega al leader, dallo stato di schiavitù e così via.
C’è sempre un conflitto tra me e il mio doppio, Tyler/Brad Pitt è il suo doppio, ma senza la dimensione castrata.
16. Dead of night
Alberto Cavalcanti 1945
Michael Redgrave, il ventriloquo, diventa geloso del pupazzo, Maxwell, a cui dà la sua voce e cerca di “ucciderlo”.
Collassa, finisce in ospedale e quando, con grande sforzo, riprende a parlare, ha la voce di Maxwell.
La lezione è chiara: l’unico modo di sbarazzarsi di questo oggetto parziale e autonomo è diventare l’oggetto stesso.
Questa dimensione diabolicamente perenne è tipica degli oggetti parziali
8. LO SGUARDO
17. The conversation
Francis Ford Coppola 1974
Il detective vede il delitto dietro il vetro opaco del divisorio sul balcone che funziona come uno schermo elementare, cinematografico, che andrebbe percepito come un tentativo disperato di visualizzare, in modo anche allucinato, il supporto materiale, corporeo, di ciò che sente.
18. Blue Velvet
David Lynch 1986
Il padre di Jeffrey è colpito da infarto mentre innaffia il prato.
Sequenza nell’appartamento di Dorothy.
L’ appartamento di Dorothy è uno di quei posti infernali frequenti nei film di David Lynch.
Un posto dove ogni inibizione morale o sociale sembra sospesa, dove tutto è possibile.
Il sesso più squallido, masochista, le oscenità, il livello più profondo dei nostri desideri che non siamo neanche pronti ad ammettere a noi stessi.
Prospettive da cui guardare la scena:
1) Immaginate la scena pensando ad un bambino nascosto in un armadio o dietro la porta che assiste al rapporto sessuale tra i genitori. Ancora non sa cosa sia la sessualità, come lo facciamo. Sa solo ciò che sente, quegli strani respiri profondi e cerca d’immaginarsi cosa stia succedendo.
2) Eclissi della normale autorità paterna: è come se Jeffrey immaginasse questa selvaggia coppia di genitori, Dorothy e Frank, come una sorta di supplemento fantasmatico alla carenza di una vera autorità paterna. Frank porta all’estremo il ruolo. E’ come se questo gesticolare eccessivo e ridicolo, le urla e tutto il resto, servissero ad occultare qualcosa.
Lo scopo è elementare: convincere l’osservatore invisibile che il padre è virile per celarne l’impotenza. Messinscena orchestrata dal padre per convincere il figlio della sua smisurata virilità.
3) Lettura incentrata su Dorothy.
Molte femministe sottolineano la brutalità espressa verso le donne. Questa dimensione è sicuramente presente, ma dovremmo azzardare una lettura opposta e più scioccante.
Se il problema centrale di tutta la scena fosse la passività di Dorothy?E se l’azione di Frank fosse una sorta di tentativo disperato, ridicolo eppure efficace di aiutare Dorothy, di risvegliarla dal letargo e riportarla in vita?
Frank, dunque, come proiezione della fantasia di Dorothy.
Valutazione della sequenza:
Non è semplice ambiguità: è un’oscillazione fra tre punti focali.
E’ così, secondo me, che si spiegano gli strani riverberi di questa scena
19. Vertigo
A.Hitchcock 1958
Quella che considero la ripresa più bella di Vertigo, il passaggio in cui vediamo Scottie nella posizione dello spione che osserva da una fessura. E’ come se Madeleine fosse veramente lì, nella banale realtà, mentre Scottie la spia da un qualche misterioso interspazio, da qualche oscuro aldilà.
E’ qui che si colloca lo sguardo che immagina, fantastica.
(nel trailer la scena si trova a 44’’ in un brevissimo flash)
Lo sguardo è quel punto oscuro, quel punto cieco da cui l’oggetto osservato ricambia lo sguardo
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CONCLUSIONE
Per chiudere le argomentazioni della prima parte Žižek torna a:
A) The conversation diCoppola e Psycho di Hitchcockin parallelo
B) The Birds
A
The conversation
All’incubo del detective Harry Caul segue la scena in cui Norman Bates pulisce il bagno dopo il delitto.
La pulizia è mostrata in dettaglio, dura circa 10 minuti, l’operazione è meticolosa e l’identificazione dello spettatore totale.
Tutto questo ci dice molto su quanto sia gratificante un lavoro ben fatto.
E’ il lavoro umano al livello più elementare, nella sua forma più basilare: far sparire le tracce di una macchia.
Cancellare le macchie, tenere sotto controllo questo caotico aldilà che minaccia di esplodere da un momento all’altro e di inghiottirci.
Non c’è solo qualcosa di terribile nella realtà, può accadere qualcosa di peggio che disgrega la struttura di quello che vediamo come realtà.
B
Il primo attacco degli uccelli.
Quando un oggetto fantasticato, immaginato, proveniente da uno spazio interiore penetra la nostra realtà ordinaria, la struttura del reale è deformata, distorta.
E’ così che il desiderio penetra nella realtà, distorcendola.
Il desiderio è una ferita della realtà
L’arte del cinema consiste nel suscitare il desiderio, per poi giocarci.
Allo stesso tempo, però, lo tiene ad una distanza di sicurezza, lo addomestica, lo rende palpabile.
Quando noi spettatori siamo seduti al cinema e guardiamo lo schermo, lo schermo è nero, poi è investito dalla luce.
Non è come guardare la tazza di un bagno in attesa che le cose riemergano?
E l’intera magia di uno spettacolo mostrato sullo schermo non è forse una specie di tentazione ingannevole per nascondere il fatto che, in realtà, osserviamo merda?
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… e, per finire, una storiella:
C’era una giovane dama di Onger, che aveva una storia con un’anguilla.
le chiesero: “Cosa si prova a dormire con un’anguilla?”
“Bè, replicò, è come con un uomo, ma dura di più”
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