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Intervista ad Anna Assenza, voce del cinema indipendente
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Brevissima introduzione.

Anna Assenza è una scrittrice,  sceneggiatrice e regista siciliana che da tre anni anni vive in Costa Rica, dopo aver vissuto undici anni a Cuba. Premiata per molti corti, il più bello e importante dei quali resta Libertad de movimiento, collabora da tempo con Fernando Pérez Valdés, uno dei più importanti cineasti cubani, apprezzato anche  in Italia (Premio Flaiano per il largometraggio: La vita é un fischio), in Spagna (Premio Goya) ed ovunque per il mondo.

A breve Anna dovrebbe tornare in Italia per realizzare un importante progetto ancora tutto da definire.

L'intervista è stata realizzata da Marco Camillieri as alfatocoferolo.

 

 

 


Ti aspettiamo in Italia per una rivisitazione cinematografica del tuo ultimo romanzo, di cosa si tratta?

Il mio primo ed ultimo, l’unico romanzo che ho scritto, perché poi mi sono innamorata del fare cinema, ho scoperto la gioia di poter raccontare in un’ora e mezza o due ore, una vita intera, quella dei personaggi che via via mi vengono in mente. Il racconto che scrissi anni fa, parla della mia vita. Su suggerimento di un grande maestro dell’arte dello scrivere, Gabriel García Márquez, che ha detto: la prima regola di uno scrittore deve essere quella di raccontare ciò che conosce a menadito, ecco perché é conveniente partire da se stessi. E Leonardo Sciascia mi ha insegnato ad essere sincera, per lo meno con me stessa. Di questo si tratta, della vita di una donna siciliana, che nasce a Genova da genitori siciliani nel periodo delle grandi emigrazioni da Sud a Nord, non importa dove, se Genova o Parigi o Berlino o Milano, la cosa che accomuna queste genti é il grande disagio, in tutti i sensi. La protagonista si chiama Gilda, l’ho voluta chiamare cosí, per parlare di me in terza persona, viene più semplice liberarsi, osservando l’altro te che vive, ci si può permettere di essere anche brutali o leziosi nei propri confronti, l’importante è avere il coraggio d’imbrattare le pagine bianche, il resto è la fantasia che si sprigiona quando l’arte ci assale, e credo che questo succeda un po’ a tutti, solo che pochi hanno il coraggio di mettersi a nudo, di raccontarsi... e raccontare significa anche riflettere, rivedere, correggere, nella speranza che la tua personale esperienza possa essere di utilitá ad altri. Credo che Gilda non sia solamente una storia siciliana, dove la protagonista vuole essere libera prima di tutto, cosí come lo vuole essere la protagonista Gilda la rossa, interpretata dalla meravigliosa attrice Rita Hayworth, alla quale il film si ispira, sará un omaggio ad un’attrice che molto ci ha lasciato, Gilda si libera dai preconcetti umani, quelli che la vedono come non é e non sará mai, una poliomielitica, una donna sottomessa perché siciliana, una che si conforma al sistema di turno. Amorosa Gilda, questo sará il titolo del film, dimostra a se stessa che da quando è nata, gli adulti non hanno fatto altro che mentire, dal devi essere gentile e caritatevole sino ad arrivare al non puoi frequentare i bambini di strada, i poveracci, perché noi siamo superiori, e via discorrendo, lei non crede a nessuno, è una che crede nella libertá, nella intelligenza, nella ricerca continua, alla elevazione del pensiero. Gilda cresce in un ambiente ostile, in tutti i sensi, ben presto si rende conto che la paura genera tutto il male della terra. Negli anni ’60, fummo in molti i bambini colpiti dalla polio, e per conseguenza la nostra infanzia non fu come quella degli altri, quelli che crescevano in famiglia, ecco perché Gilda è una ribelle, a dieci anni scappa dal collegio con un apparecchio in una gamba, insieme ad altre cinque bambine messe peggio di lei, eppure nulla fermerá mai Gilda dal fuggire dal giogo.

Di che si tratta mi domandi, e forse allora mi viene voglia di rispondere con una scena del film, quasi all’inizio, quando Gilda ha dieci anni, e domanda ad una signorina di 80 anni, una partigiana, una che aveva combattuto contro il fascismo a Genova, cosa volesse dire ‘puttana’, giacché spesso sentiva sua madre piangere raccontando che la gente diceva di lei che era una puttana, la signorina Ines, serafica guarda la bimbetta e risponde con le mani sui fianchi: Libertá!

 

Quale immagine hanno in America del cinema italiano moderno e passato?


Nelle Americhe, il nostro cinema fa scuola, parlo del cinema d’essai ovviamente. Per esempio mi ha impressionato il fatto che a Cuba, in undici anni che vi ho vissuto ininterrottamente, il nostro cinema viene utilizzato come materiale di studio, a San Antonio de los Baños si trova una delle migliori scuole di cinema del mondo, e non sto scherzando, gli studenti si rapportano con maestri del calibro di Kusturika, Takeshi Kitano, Spielberg, Oliver Stone, e molti altri nomi da urlo, e in più la scuola è dotata della più grande cineteca del mondo, la cosa che mi sconvolse di più fu trovare Ciprí e Maresco tra i più studiati ed anche qui in Costa Rica si vede molto cinema italiano. Mi sono sentita molto felice quando, per esempio, ho visto i due film capolavoro di Muccino in lingua originale, ma che bello trovare un italiano cosí genialmente sensibile... comunque Cuba non fa testo, solo lí si parla di Arte davvero, lá si impara a mangiare solo pane e arte. I cubani mi hanno insegnato che tutto é espressione artistica, non si parla di film brutti o belli, si parla solo di emozioni.

 

Nella tua formazione artistica chi ha lasciato il segno maggiore?


Non sono amante del Leaderismo, non ho mai immagazzinato nulla a mo’ di idolo, tutti e tanti mi hanno dato conoscenza, sono certa che l’allievo deve superare il maestro, altrimenti ha fallito il suo lavoro, ho sempre avuto la fortuna di poter leggere, per cui posso dire con sicurezza orgogliosa che il segno me lo ha lasciato mio zio Tanino, il marito della sorella di mia madre, Ida e mai dimenticheró il suo nome perché la musica che ascoltava mio nonno era l’Aida, vinceró, vinceró, faceva il gran tenore, quello fu il segno più grande, a dodici anni mi regaló cento volumi di libri della letteratura di mezzo mondo. Ho potuto constatare che un mezzo cosí grande puó aprire la coscienza di ognuno di noi.

 

Quanto conta un riconoscimento internazionale per un artista, che porte si aprono?


Vedi, mi sono sempre ritenuta un’anarcotrafficante, dei premi e delle pene bisogna liberarsi, l’Arte per me non si vende, e nel 2013, dove stiamo per arrivare, bisognerebbe tralasciare queste forme di linguaggio, il cinema non si chiude più in una stanza, un teatro può essere per strada, internet ci mostra immagini, é ovvio che una cineasta in fuga come me ama i pirati, un artista ha il dovere di andare avanti, ha quel qualcosa che si chiama inquietudine interiore che lo porta a sputare ciò che vuole dire al mondo. Penso che le porte non esistono, siamo noi stessi che mettiamo paletti inutili davanti a tutto. Non credo alla carriera, credo al gioco, credo al viaggio, per cui quando penso ad una storia non mi fermo mai al qui, preferisco raccontare cose che fanno bene al cuore di tutti. Per esempio, a me preme fare qualcosa  che faccia aprire gli occhi, e se devo trovare i soldi per farlo li trovo, le porte si scardinano, se si ha la certezza di essere quello che si vuole essere.

 

Chi è Fernando Perez  Valdés, come vi siete conosciuti?


Fernando é il Regista cubano per eccellenza, uno dei migliori registi latinoamericani, conosciuto nel nord Europa e persino in Giappone e in Cina, dove viaggia spesso per tenere conferenze, ha vinto un Goya, premio prestigioso del Festival di Madrid, in Italia dieci anni or sono vinse il premio Ennio Flaiano, fummo insieme a ritirare il premio, e mi sorpresi che Antonioni lo conoscesse e volle sedersi accanto a lui, ritirarono il premio insieme. In Italia fu premiato per il film La vita é un Fischio, tradotto malissimo, La vida es silbar, che in realtá significa, é un fischiettare... ha vinto numerosissimi premi per altri film, come Suite Habana, Madagascar, Clandestinos, che vinse il premio Sundance Festival di Robert Redford, é un regista capace di rappresentare la vita degli altri con una delicatezza speciale, solo un cubano poteva tirar fuori Gilda sullo schermo, ci voleva un ateo come me, un isolano, come me, un compagno alla pari, e questo é Fernando Peréz per me, un compagno di lotta, un regista straordinario, é un grande onore lavorare insieme a lui.

 

Quali differenze pensi ci siano tra il nostro cinema e quello che hai conosciuto in Sud America?


Ci sono sempre delle differenze, é come dire che io che sono italiana sono differente dalle persone che ho incontrato qui, é ovvio. Poi, ovunque si va si incontra un cinema industria, quello che deve fare i conti con le produzioni riconosciute, che devono sottostare a canoni culturali ben precisi... e poi esiste un altro modo di fare cinema, che è quello che ho scelto io, il cinema indipendente, e ti diró che ho visto cose molto buone sia in Italia che altrove, questo a discapito di quelli che dicono che in Italia non vi sono idee, non é vero, la veritá é che non si vuole spendere nulla per la cultura, e ció accade un po’ ovunque, tranne a Cuba che tanto soldi non ce n’é  e quindi si fanno i film come meglio si può. Credo molto nelle nuove generazioni, il cinema digitale ha aperto la possibilità di filmare quasi a costo zero, ed ecco che si può comunicare, io da qua all’altro capo del mondo. Poi ho notato che vi sono sempre delle nominations al nostro cinema, ti cito Robert Rodriguez, il regista conosciuto per El Mariachi, con Antonio Banderas, che fece Sin City, un film fumetto che trovo universale, lui si rifá molto a Sergio Leone, e molti altri in tutta l’America Latina. Certo che ci sono delle differenze, non vi sono dubbi, ciononostante non credo sia migliore o peggiore, é diverso.

 

Ciao Anna, speriamo di riparlare presto con te e di te. Per gli amici di Cinerepublic, un piccolo estratto da un largometraggio che ti ha vista nei panni di co-regista e sceneggiatrice:

Di seguito troverete la traduzione dell'intervista in spagnolo, inglese e francese.


 

Breve introducción

Anna Assenza es una escritora, guionista y cineasta siciliana. Desde hace tres años vive en Costa Rica después de haber estado once años en Cuba. Premiada por sus cortometrajes de los cuales el más importante es Libertad de movimiento, colabora desde hace tiempo con el destacado director de cine cubano Fernando Pérez Valdés, reconocido en Italia (Premio Ennio Flaiano por el largometraje La vida es silbar), España (Premio Goya) y el mundo entero.
Muy pronto Anna regresará a Italia para realizar un importante proyecto que está en proceso de creación.

 


Te esperamos en Italia para la adaptación cinematográfica de tu última novela. ¿De qué se trata?


Mi primera y última, la única que he escrito, porque después me enamoré del hacer cine, descubrí con entusiasmo que podía contar en una hora y media, o dos horas, una vida entera, la de los personajes que mano a mano se me venían a la mente. Esta historia que escribí años atrás trata de mi vida. Partí del consejo de un gran maestro del arte de escribir, Gabriel García Márquez, quien dice: la primera regla de un escritor debe ser la de contar algo que conoce de memoria, por eso resulta conveniente empezar desde uno mismo. Y Leonardo Sciascia me enseñó a ser sincera, primeramente conmigo misma. Y de eso se trata, de la vida de una mujer siciliana, que nace en Genova, de padres sicilianos, en el período de las grandes emigraciones del Sur al Norte, no importa si es Genova, París, Berlín o Milano, la cosa que tienen en común estas personas es el desasosiego, la angustia, en todos los sentidos. La protagonista se llama Gilda, quise llamarla así para hablar de mí en tercera persona, resulta más fácil liberarse observando al otro tú que vive, nos podemos permitir el lujo de ser tanto brutales como complacientes con nosotros mismos, pero lo más importante es tener el valor de ensuciar las páginas en blanco, el resto es pura fantasía que se libera cuando el Arte nos asalta, y creo que esto nos sucede a todos indistintamente, pero son pocos los que tienen el coraje de desnudarse, abrirse contando algo de sí… y contar significa también reflexionar, revisar, corregir, con la esperanza de que la experiencia de uno sirva de algo a los demás. Creo que Gilda no es solamente una historia siciliana, donde la protagonista, antes que cualquier otra cosa quiere ser libre, así como quiere serlo la protagonista de la película “Gilda la roja”, interpretada por la maravillosa actriz Rita Hayworth, en la cual el film se inspira, será un homenaje a una actriz que mucho nos dejó. Gilda se libera de las preconcepciones humanas, que la identifican como lo que no es y nunca será, una poliomielítica, una mujer sumisa por ser siciliana, una que se conforma al sistema de turno. Amorosa Gilda, este será el título del film, se demuestra a sí misma que desde que nació, los adultos no han hecho más que mentirle, empezando por decirle que tiene que ser gentil y caritativa y luego prohibirle frecuentar a los niños de la calle, los pobres, ya que “nosotros somos superiores”, y así entre otras incoherencias, pero ella no cree en nadie, es una que cree en la libertad, en la inteligencia, en la búsqueda constante, en la elevación del pensamiento. Gilda crece en un ambiente hostil en todos los sentidos, muy pronto se da cuenta que el miedo genera todo el mal de la Tierra. En los años ’60, fuimos muchos los niños golpeados por la Polio, y por consecuencia nuestra infancia no fue como la de los demás, los que crecieron con la familia, por eso Gilda es una rebelde, a los diez años huyó del colegio con un tutor en la pierna, acompañada por otras cinco niñas que estaban peor que ella, y sin embargo nunca nada detendrá a Gilda de huir del yugo. De qué se trata, me preguntas, y quizás a mi me vienen ganas de contestar con una escena de la película, casi al principio, cuando Gilda tiene diez años de edad y le pregunta a una señorita de 80 años, una partisana, una ex combatiente contra el fascismo en Genova, que significaba “puta”, ya que a menudo oía a su mamá llorar, al contar que la gente decía de ella que era una puta, la señorita Inés, seráfica miró a la niñita y le contestó con las manos sobre las caderas: ¡Libertad!

 


¿Qué idea se tiene en América del cine italiano moderno y pasado?


En las Américas nuestro cine hace escuela, hablo del cine d’essé obviamente. Por ejemplo me impresionó en Cuba, en once años de vivir allá continuamente, como nuestro cine viene siendo utilizado como material de estudio, en San Antonio de los Baños se encuentra una de las mejores escuelas de cine del mundo, no es broma, los estudiantes pueden contar con maestros del calibre de Kusturica, Takeshi Kitano, Spielberg, Oliver Stone, y muchos más renombres, y además la escuela es dotada de la más grande cinemateca del mundo, y la cosa que me impresionó más que todo fue encontrar Ciprí y Maresco entre los estudiados. Y aquí en Costa Rica también se ve mucho cine italiano. Me sentí muy orgullosa cuando por ejemplo vi las dos películas “capolavoro” de Muccino en lengua original, que lindo encontrar un italiano tan genialmente sensible… de todas formas Cuba no se puede comparar con ningún otro lugar, ya que solamente allá se habla de Arte de verdad, se aprende a comer solo pan y arte. Los cubanos me enseñaron que todo es expresión artística, no se habla de películas buenas o malas, se habla solo de emociones.

 


En tu formación artística ¿Quién te marcó más?


No soy partidaria del liderazgo, por lo tanto nunca guardé nada como si fuera un ídolo, todos y muchos me dieron conocimiento, estoy segura de que el discípulo tiene que superar el maestro, de no ser así algo falló en su trabajo, siempre tuve la suerte de poder leer, por ende puedo decir con seguridad y orgullo que “la marca” me la dejó mi tío Tanino, el marido de la hermana de mi madre, Ida, de la que nunca olvidaré el nombre porque la música que escuchaba mi abuelo era la Aída, “ganaré, ganaré”, cantaba el gran tenor, aquel fue su mayor sueño, a los doce años me regaló cientos de volúmenes de la literatura de gran parte del mundo. Pude comprobar que un medio tan inmenso como ese puede abrir la consciencia de cada uno de nosotros.

 


¿Cuán importante es un reconocimiento internacional para un artista, cuáles puertas se abren?


Mira, siempre me consideré una anarcotraficante, de los premios y de los castigos tenemos que liberarnos, el Arte para mí gusto no se vende, y en el 2013, donde estamos por llegar, deberíamos eliminar estas formas obsoletas de lenguaje, el cine ya no se encierra en un cuarto, un teatro se puede formar en la calle, internet nos muestra imágenes, y es obvio que una cineasta en fuga como yo ama a los piratas, un artista tiene el deber de ir adelante, tiene esa cosa que se llama inquietud interior que lo lleva a escupir lo que quiere decir al mundo. Pienso que las puertas no existen, somos nosotros mismos que ponemos palos inútiles delante de todo. No creo en la carrera, creo en el juego, creo en el viaje, por lo tanto cuando pienso en una historia no me cierro a lo que pueda ganar ahora, prefiero contar historias que hagan bien al corazón de todos. Por ejemplo, si quiero hacer algo que haga abrir los ojos, y para ello necesito encontrar el dinero para desarrollar el proyecto, lo encuentro, las puertas se derrumban si se tiene la certeza de ser lo que se quiere ser.

 

 

¿Quién es Fernando Pérez Valdés, cómo se conocieron?

 

Fernando es el Director por excelencia, uno de los mejores cineastas latinoamericanos, conocido en el Norte Europa, hasta en Japón y China, entre otras naciones, adonde viaja a menudo para dar conferencias; ganó un Goya, premio prestigioso español; y en Italia hace diez años ganó el premio Ennio Flaiano, fuimos juntos a retirar su premio y me sorprendí al ver que Antonioni lo conocía y quiso sentarse a su lado, retiraron el premio juntos. En Italia fue premiado por “La vita é un fischio”, traducido malísimo, La vida es silbar, que en realidad significa es un fischiettare… ganó numerosos premios por otras películas, como Suite Habana, Madagascar que yo amo particularmente, Clandestinos, que ganó el premio a la mejor película latinoamericana en el Festival de Cine de Sundance, organizado por Robert Redford. Es un director capaz de representar la vida de los demás con una delicadeza especial, solamente un cubano puede sacar a Gilda en la pantalla, se requiere a un ateo como yo, un isleño, como yo, un compañero de hombro, y todo esto es Fernando Pérez para mí, un compañero de lucha, un cineasta extraordinario, es un gran honor trabajar junto a él.

 

 

¿Qué diferencias piensas que existen entre nuestro cine y lo que conociste en Suramérica?

 

Siempre hay diferencias, es como decir que yo soy italiana y soy diferente de las personas que he encontrado acá, es obvio. Después, en cada lugar se encuentra un cine de industria, el que tiene que contar con las grandes producciones, que debe estar sujeto a cánones culturales bien específicos… y después existe otra forma de hacer cine, que es la que elegí yo, el cine independiente, y te diré que vi mucho material buenísimo tanto en Italia como en otros lugares, contrario a los que dicen que en Italia no hay ideas, no es cierto, la verdad es que no se quiere gastar nada en cultura, y eso pasa casi en todas partes, salvo en Cuba ya que no hay dinero y por lo tanto se hace cine a como mejor se pueda, pero se hace. Creo muchísimo en las nuevas generaciones, el cine digital ha abierto la posibilidad de filmar a costo casi cero, y aquí que se puede comunicar, desde acá al otro cabo del mundo. De todas formas noté que siempre hay referencias a nuestro cine, te cito a Robert Rodríguez, el cineasta conocido por “El Mariachi”, con Antonio Banderas, que hizo Sin City, una película de animación que encuentro universal, él se refiere mucho a Sergio Leone, y muchos más en toda la Latinoamérica lo hacen. Cierto que hay diferencias, no hay duda, pero a pesar de eso no creo que sea mejor o peor, es distinto.

 

(Traduzione: Anna Assenza con la gentile supervisione di Sara Fischel)

 

 

  

Brief introduction

Anna Assenza is a Sicilian writer, scriptwriter and filmmaker. She moved to Costa Rica three years ago, after having lived in Cuba for eleven years. Her short films, from which the most important remains Freedom of Movement (Libertad de movimiento), have been awarded worldwide. She's also a colleague and close collaborator to Fernando Pérez Valdés, the renowned Cuban filmmaker, well known in Italy and Spain, where he won the Ennio Flaiano and the Goya Award respectively for the movie Life is to Whistle (1998), and other parts of the World.

Shortly, Anna will come back to Italy to embark on a very important film project.

 

 

We are expecting you in Italy for a film adaptation of your last novel, what's it about?


My first and last, it's the only novel I ever wrote, because afterwards I fell in love with filmmaking. I discovered the joy of being able to narrate in one and a half or two hours an entire life, the life of the characters that minute by minute come to my mind. This story that I wrote years ago is about my life. I followed a suggestion provided by a great master in the art of writing, Gabriel García Márquez, who said that the first rule of a writer should be to recount something that one knows by heart (that's why it's convenient to write about oneself); and Leonardo Sciacia taught me to be honest, at least with myself. That’s what it’s about, the life of a Sicilian woman, born in Genova, from Sicilian parents, in the period of the great migrations from South to North. It doesn't matter whether the plot is situated in Genova, Paris, Berlin or Milan, what these people have in common is the uneasiness and the anguish, in every sense.

The protagonist's name is Gilda. I wanted to call her like that to address myself in the third person, since it's easier to free oneself by observing the other you that lives. That way we can risk to be brutal or mannered with ourselves; but the most important thing is to have the courage to bring life to those white pages, the rest is pure fantasy that is liberated when art assaults us. I believe

this happens to each of us indistinctively, but only a few have the courage to unveil and expose their own intimacy. To recount also means to reflect, to review and to correct, with the hope that one’s own experience will serve others.

I believe Gilda is not just a Sicilian story, where the protagonist yearns more than anything else to be free; just like the protagonist of the movie Gilda, interpreted by the wonderful Rita Hayworth, in which the story is inspired. It will be an homage to an actress that left a legacy to all of us. Gilda frees herself from the human preconceptions that define her like something she is not and never will be, a disabled (affected by poliomyelitis), a submissive woman due to her being Sicilian, one that accepts and conforms to the status-quo. Loving Gilda, which will be the title of the film, proves to herself that ever since she was born adults have repeated nothing but lies…like being told to be kind and charitable, but at the same time being admonished to not hang around with the street children or the poor people “because we are superior”, among other fallacious ideas. But she doesn't believe to anyone who says that, she is one who believes in freedom, in intelligence, in the constant search and in the elevation of the mind. Gilda grows up in a hostile environment, in every sense, and so since she is very young she realizes that it is fear that generates all the evil on this earth. In the Sixties, I was one of the many children who were affected by polio, and consequently our childhood was not like that of the other kids who grew up in a family; that's why Gilda is a rebel. At ten years old she ran away from school with a device on her leg, along with other five girls that were in even a worse physical state than her. However, nothing would ever stop her from escaping the yoke of oppression.

You asked me what's it about, well I feel like answering with a scene from the movie. Almost at the beginning, when Gilda is ten she asks an eighty year old, unmarried woman, a partisan, one who had fought against fascism in Genova, what the word "whore" meant, because she had often heard her mom crying, while she complained about people calling her that way. Miss Ines, gazed in a seraphic way at the little girl, placed both her hands on the hips and said: ‘Freedom!’

 

 

What is the image in America of Italian Cinema, past and modern?


In America our cinema sets a precedent, I mean art cinema (cinema d’essai). For example, I was impressed by the fact that in Cuba, during the eleven years that I lived there continuously, I discovered that our films are used as study material. In San Antonio de los Baños, you can find one of the best film schools in the world. It is a place where students interact with high level teachers like Kusturica, Takeshi Kitano, Steven Spielberg and Oliver Stone, just to mention a few. They also count with the biggest Cinematheque in the world, and what impressed me the most was to find Cipri and Maresco among the studied filmmakers. I also felt very proud of my roots when I saw the two great films by Muccino in their original language. How wonderful to discover such a geniality and sensitivity in an Italian director. However, Cuba is not the best example to talk about films in America because there people only talk about art, they learn to eat bread and art. They taught me that everything is an art expression, you don't talk about good or bad films, you just talk about emotions.

Here in Costa Rica, where I live now, I also noticed that people watch a lot of Italian Cinema.

 

 

In your artistic development, who influenced you the most?


I'm not a lover of any leader’s cult, and I never kept anything as an idol. I was given knowledge by many people. I am sure that the student must transcend the teacher; otherwise he has failed his task. I always had the good fortune to be able to read, so I can proudly affirm that it was my uncle Tanino, the husband of my mother’s sister, Ida, who left the mark. I'll never forget her name because the music that my great-grandfather heard was l'Aida, ‘Vincerò, Vincerò’ (I will triumph, I will triumph). As we listened to it, he sang the tenor, which was his biggest dream. At twelve, uncle Tanino gave me hundreds of volumes of books containing the literature of half of the world. I realized that a medium like that is capable of opening the consciousness of each one of us.

 

 

 

How important is international recognition for an artist, what doors does it open?


I always considered myself to be an anarcotrafficant. We've got to free ourselves from rewards and punishments. As for me, art is not something to sell, and in 2013, where we are about to get, we need to abandon those forms of language. Cinema can't be locked any longer inside a room, a movie theater can be placed in the street. The internet provides us with images, and obviously a filmmaker on the run like me loves piracy. An artist has the responsibility to go ahead of time. He has an inner restlessness that takes him to ‘throw up’ everything he wants to say to the world. I believe there are no doors, it's ourselves that put obstacles in front of everything. I don't believe in competitions, I believe in the game, in travelling. When I think of a story, I don't conform to what I can earn from it now, I prefer to tell stories that are good for the heart. If I want to do something to open people's eyes, and I need the money to develop the project, I'll find it. Doors fall apart when you are certain that you will get what you want.

 

 

Who is Fernando Pérez Valdés, how did you two meet?


Fernando is, without doubt, one of the best Latin-American filmmakers, known in Northern Europe, Japan and China, among other countries, where he often travels to attend conferences. He won a Goya, which is a very prestigious Spanish film award, and ten years ago he won the Ennio Flaiano Award in Italy with his film Life is to Whistle, where we attended together to receive it. I was surprised to find out that Antonioni knew him and wanted to sit next to him, and that they received the prize together. He won further prizes for other movies such as Suite Habana  (2003), Madagascar (1994) –which I love in particular- and Clandestinos (1987), that received the Latin America Cinema Award at the Sundance Film Festival, which is organized by Robert Redford. He is a director capable of representing the lives of others with a special delicacy. Only a Cuban could show the real Gilda on the screen. It requires an atheist like me, an islander like me, a side to side companion, and all of this is

Fernando Perez to me: a comrade on the fight, and an extraordinary filmmaker; it’s a big honor to work along with him. 

 

 

What differences do you see between our cinema and the Latin-American?


There are always differences; it’s like saying that because I am Italian I am different from the people I've met here, that’s a no-brainer. Nevertheless, everywhere you go you’ll find a film industry that produces the big commercial hits which are subject to specific cultural canons…and then, next to it, exists a whole different way of conceiving and making films. I am talking about independent cinema, that is the path I chose. I have to say that lately I’ve seen very good movies in Italy and other countries, so I differ with those who say that there are no new ideas coming out of Italy. The truth is that the government doesn't want to spend money in culture, and this happens almost everywhere in the world; except in Cuba where there is no money, and yet still…people make films in the best way they can. I believe a lot in the new generations, digital cinema has opened the possibility to film and produce with very small budgets, and thanks to the advances in technology we can also communicate from far away distances, like from here to the other side of the world.

Anyway, I did notice that there are constant references to our cinema, for example Robert Rodriguez, the director known for the movie El Mariachi (1992), starring Antonio Banderas, directed Sin City (2005) -an animated film that I find to be universal-, where he undoubtedly pays homage to Sergio Leone; and there are tons of other Latinamerican directors who pay homage to Italian films and filmmakers. Of course, there are differences between our cinemas, however I don't think it’s about being best or worse, they are just different.

 

(Traduzione inglese: Sara Fischel, edizione Andrea Protti)

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