I luoghi che ho prescelto per dare il mio contributo alla serie del Turismo cinematografico sono anche luoghi del mio cuore. Conosco le valli occitane fin da ragazzo, appena adolescente trascorrevo una parte dell’estate in una località dell’Alta Valle Stura e da lì ci si spostava per escursioni anche nelle vallate limitrofe.
Per circa dieci anni, il mese di agosto era dedicato alla montagna e l’aver calpestato gli irti sentieri di quelle montagne in lungo e in largo me le hanno fatte sentire mie non meno di quel mare a due passi del quale sono nato.
La valli occitane si estendono sul versante italiano delle Alpi Occidentali (prevalentemente tra le Alpi Marittime e le Alpi Cozie) e le comunità che le abitano si sono tramandate nei secoli l’uso della lingua occitana o lingua d’Oc (ovvero la particella affermativa, difatti l’italiano è la lingua del Sì) o ancora Provenzale.
Parlato nel medioevo in tutta la parte meridionale della Francia (era la lingua dei Trovatori) e nei territori limitrofi di Spagna e Italia, il Provenzale subì nel corso del XIX e XX secolo una serie di restrizioni che lo declassarono al rango di un dialetto. Eppure si tratta di una lingua di assoluta dignità, appartenente al ceppo delle parlate romanze.
A partire dalla metà del secolo scorso si è assistito a una rinascita della cultura occitana e a una valorizzazione dell’antico idioma, soprattutto qui in Italia si è fatto molto per tutelare questo patrimonio.
Gli occitani sono molto orgogliosi delle loro peculiarità, abituati a vivere in comunità chiuse tendono a non dare confidenza agli “stranieri” anche se sanno essere cordiali con chi si avvicina con rispetto alle loro tradizioni.
La più bella di quelle vallate (il giudizio è personale, sia ben chiaro, quindi opinabile) è lo sfondo di uno degli esordi più interessanti di un regista italiano.
Si tratta de Il Vento fa il suo giro (E l’aura fai son vir) di Giorgio Diritti su soggetto di Fredo Valla.
Valla, che è nativo di Sampeyre (nella Val Varaita), si è ispirato a una storia realmente accaduta in una delle valli limitrofe, la Valle Po.
Il film è imperniato sulla vicenda di un incontro difficile fra culture diverse, con inevitabili contrasti e un finale piuttosto amaro, una pellicola molto profonda che porta a fare accurate riflessioni su quanto l’uomo, dietro la facciata della civiltà, anche in contesto attuale riesca a cadere ancora vittima dei propri pregiudizi e della paura dell’altro. Il tutto sullo sfondo delle splendide Alpi Occitane.
La storia si svolge a Chersogno, paese di fantasia (il nome è ispirato a quello di una vetta della zona), in realtà la location è Ussolo, frazione di Prazzo.
Chi invogliato da queste righe volesse recarsi nell’incantevole Val Maira non può esimersi da una visita al paese di Elva, nella cui chiesa parrocchiale (edificio del XV secolo in stile tardo-romanico) sono conservati bellissimi affreschi opera di Hans Clemer, pittore fiammingo conosciuto anche come “Il Maestro di Elva”.
Concludo questo mio intervento segnalando un luogo che a mio avviso dovrebbe essere preso in considerazione come location. Ferrere, situato a circa 1.900 metri di quota, in una vallata isolata (collaterale alla Valle Stura) sulla sponda di un torrentello lambito da un bosco di abeti, è una località davvero suggestiva. La prima volta che la vidi, in un piovoso pomeriggio estivo, sbucare dalla nebbia pensai subito (da giovane appassionato di gialli e horror) che se da grande avessi fatto il regista l’avrei usata come sfondo per un thriller a tinte gotiche. Chissà che qualcuno non colga il suggerimento.
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