C'è una notizia che da qualche ora sta facendo il giro del mondo e sulla quale mi soffermo a riflettere.
Il regista iraniano Jafar Panahi, autore del capolavoro "Il palloncino bianco", arrestato lo scorso 3 marzo e rilasciato a maggio con il divieto di espatrio, è stato condannato a sei anni di prigione e il tribunale lo ha interdetto a realizzare film o lasciare il Paese almeno per i prossimi vent'anni. Lo ha riferito l'avvocato del regista.
La sua colpa?
Il dissenso contro il governo del presidente Mahmoud Ahmadinejad.
Panahi paga la sua libertà per aver espresso le sue opinioni con le immagini, accusato di "aver partecipato a manifestazioni e a propaganda contro il regime".
Panahi forse non farà notizia, dopotutto non è accusato di stupro come qualcun altro... dopotutto non ci sono particolari truci e torbidi da raccontare nei vari salotti televisivi... dopotutto non ha mai girato film di successo commerciale... dopotutto non ci saranno schiere di femministe o di attivisti a schierarsi... dopotutto è solo una voce.
E io da stasera mi sento più sordo e cieco. E con me solo i cugini del cinema francese, gli unici a mobilitarsi dopo l'annuncio, da Fremaux a Tavernier, passando per Costa-Gravas e il filosofo Levy.
Update 22/12:
Da oggi è possibile sottoscrivere la petizione on line creata da un gruppo di Festival, da Cannes a Venezia, da Cinemathéque francese e svizzera al seguente link:
http://www.ipetitions.com/petition/solidarite-jafar-panahi/
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