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Estate con il Circolo Providence (III): concludiamo con Jack Vance
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La stagione estiva volge al termine e con essa si concludono i nostri incontri all'aperto. E' stata una tornata interessante perché abbiamo abbandonato i soliti sentieri della letteratura fantastica a 360 gradi per affrontare autori più propriamente di fantascienza.

Abbiamo cominciato con James G. Ballard, abbiamo proseguito con Theodore Sturgeon (e con questi due scrittori, uniti al recentemente scomparso Ray Bradbury, abbiamo costruito una sorta di trilogia di fantascienza umanistica), chiudiamo la nostra serie di serate sotto le stelle con un autore che ci ha regalato meravigliose avventure, e che pure presenta una peculiarità rispetto agli altri finora incontrati.

 

Introduzione

 

Buona sera a tutti e ben ritrovati, e soprattutto grazie di essere intervenuti nonostante queste nuovole che minacciano una pioggia incombente. L'incontro di questa sera avrà uno svolgimento un po' atipico, partiremo infatti da quello che nei precedenti incontri era stato posto come l'argomento di chiusura, ovvero i rapporti fra l'autore ospite virtuale della serata ed il cinema.

Questo perché purtroppo tali rapporti sono pressoché nulli, come ha raccontato lui stesso.

Gli venne infatti offerto un contratto dalla 20th Century Fox per una sceneggiatura cui lavorò per alcuni mesi, progetto che non ebbe sbocchi con sollievo dell'interessato che non sentiva di appartenere a quel mondo.

Un vero peccato perché l'ospite di questa sera quanto a inventiva nel raccontare avventure fantastiche e mondi alieni non ha davvero rivali, chissà cosa avremmo visto sul grande schermo se l'industria cinematografica gli avesse dato fiducia.

Questo signore dalla fervida creatività risponde al nome di Jack Vance.

 

Il paesaggista della fantascienza

 

 

John Holbrook Vance è nato a San Francisco nel 1916. Fervido lettore fin da bambino, trova i suoi numi tutelari in Edgar Rice Burroughs e Jules Verne.

 

 

Frequenta l'Università a Berkley ma non completa gli studi, quindi intraprende la carriera nella Marina Mercantile Americana, grazie alla quale riesce a viaggiare per il mondo.

Nel 1945 pubblica il suo primo racconto, The World Thinker, sulla rivista Thrilling Wonder Stories, mentre nel 1950 pubblica il suo primo libro, una raccolta di racconti che meritano la definizione di fantasy piuttosto che quella di fantascienza. The Dying Earth, questo il titolo, costituisce il fulcro del Ciclo della Terra Morente, che resterà una delle creazioni più celebri e riuscite di Vance.

Ambientati in una terra del lontanissimo futuro, illuminata dai bagliori di un Sole ormai destinato all'estinzione, i racconti di questo Ciclo hanno come personaggio principale Cugel l'Astuto, picaresca figura di ladro, scaltro ed ironico. Lo scrittore dichiarerà anni dopo che Cugel è il personaggio partorito dalla sua fantasia cui è più affezionato.

Fin dai suoi inizi Vance dimostra una notevole capacità nel creare ambientazioni originali descritte con grande dovizia di particolari (da cui il titolo di “paesaggista” sopra citato), e soprattutto una abilità davvero unica nel raccontare tali ambienti senza risultare mai prolisso e noioso ma riuscendo invece a tenere alta l'attenzione del lettore.

 

Lo scrittore californiano regala ai suoi lettori avventure incredibili in mondi lontani,esemplari in questo senso L'Odissea di Glystra (Big Planet, 1951) e il Ciclo del Pianeta Tschai, costituito da quattro romanzi pubblicati tra il 1968 ed il 1970.

 

 

Si commetterebbe però un grosso sbaglio a ridurre il lavoro di Jack Vance a niente più che a quello di un bravo narratore di avventure fantasiose; una lettura attenta dei suoi libri fa risaltare alcune tematiche davvero interessanti che restituiscono spessore alla sua produzione letteraria.

Innanzitutto c'è nell'opera di Vance una feroce, anche se ironica e mai rabbiosa, critica del dogmatismo: sovente i suoi personaggi si trovano ad agire in società ingessate, ingabbiati in un castello di regole spesso assurde cui reagiscono provocandone la trasformazione o addirittura il crollo.

Quindi il tema dell'individualismo, che è se vogliamo una conseguenza dell'anti-dogmatismo come sopra esplicitato.

Il protagonista si pone in rottura con la società in cui vive, dimostrando la capacità di saper “guardare oltre” i ristretti margini entro cui gli altri si accontentano di vivere.

Il valore dell'individuo che riesce a realizzare sé stesso e le sue aspirazioni è affiancato però dall'altrettanto importante valore del rispetto per l'altro; la costruzione della propria affermazione per Vance non può essere perseguita a discapito della libertà e dei diritti altrui.

Da questo punto di vista potremmo definire il nostro autore come un autentico liberale.

L'opera di Vance è notevole non solo dal punto di vista qualitativo ma anche da quello quantitativo, del resto oltre che con la fantascienza e la fantasy, si cimentò con successo anche nel giallo.

Non è intenzione di questo incontro ridursi a fare un elenco delle sue opere, cosa che sarebbe peraltro piuttosto inutile.

Quanto sia bravo il nostro ospite nel suo campo lo dimostra il fatto che egli rappresenta l'unico caso di uno scrittore che sia riuscito a vincere sia il Premio Hugo (il massimo riconoscimento per un autore di fantascienza) sia l'Edgar Allan Poe Awards, il premio più ambito nell'ambito della letteratura gialla.

 

Due suggerimenti per il Cinema

 

Piuttosto concentriamo la nostra attenzione su due romanzi che potrebbero rappresentare due spunti interessanti per un regista in cerca di belle storie da raccontare. Del resto in un momento in cui si spendono risorse nella realizzazione di remake, sulla cui utilità molto spesso ci poniamo più che legittimi dubbi, è naturale auspicare una ricerca di idee laddove queste vi siano, e quale migliore fonte se non un grande della fantascienza come Jack Vance.

 

Il primo romanzo è Pianeta d'Acqua (The Blue World, 1966), incentrato su un mondo interamente coperto da un oceano i cui abitanti, eredi di deportati terrestri confinati su quel pianeta per scontare i loro crimini, vivono su isole che in realtà sono foglie di gigantesche piante acquatiche.

 

 

Il protagonista, Sklar Hast, come nella migliore tradizione Vanciana rappresenta l'elemento di rottura in una società fossilizzata in gerarchie e caste e assoggettata al culto del Kragen, un mostro marino adorato come un dio la cui presenza tiene in ostaggio la comunità umana.

In un certo senso il cinema ha già portato sullo schermo quantomeno le suggestioni del romanzo: Waterworld (Waterworld, 1995) è ambientato su un pianeta Terra ormai totalmente invaso dalle acque.

Le somiglianze però si fermano qui, e la storia di Vance è molto più originale ed avvincente di quella realizzata per il cinema da Kevin Reynolds.

 

 

 

L'altro romanzo che ci permettiamo di proporre per una possibile riduzione cinematografica è quello che a nostro avviso si può considerare come il capolavoro assoluto dello scrittore californiano, ovvero L' Ultimo Castello (The Last Castle, 1966).

Si tratta di una storia dall'ambientazione davvero affascinante, la Terra di un lontano futuro vede un'umanità decadente divisa in comunità arroccate in castelli. Un'umanità rarefatta ed elitaria, che ha posto al proprio servizio creature importate da altri mondi e ridotte in schiavitù, e che senza incombenze materiali cui provvedere si dedica a raffinate attività culturali.

Ma una di queste razze si ribella e per la razza umana sembra avvicinarsi una fine terribile.

 

 

Romanzo breve a metà tra la fantasy (il modello sociale creato da Vance è chiaramente ispirato a quella feudale) e la fantascienza, vincitore sia del Premio Nebula che del Premio Hugo, L'Ultimo Castello sorprende per la potenza dell'immaginario del nostro autore, abilissimo a delineare una complicatissima società futura senza risultare mai pedante.

Anche in questo caso il protagonista, Xanten, si pone come elemento di novità rispetto al mondo in cui vive, di cui sembra percepire con chiarezza, lui solo, la fragilità e l'ineluttabile fine se non si affrontano cambiamenti dolorosi ma necessari.

In questo caso non facciamo paragoni azzardati con film esistenti, non ve ne sono che possano essere accostati a questo romanzo.

 

Conclusioni

 

Terminiamo dunque questo ciclo di incontri estivi focalizzando l'attenzione su un autore che non ha mai scritto sceneggiature per film ma la cui fantasia ha regalato visioni talmente splendide da auspicare che un domani qualche esponente della settima arte voglia cimentarsi con la sua opera.

Lasciamo dunque le ultime parole al nostro Jack, che risiede a tutt'oggi nelle colline vicino a Oakland, dove ha trascorso gran parte della sua vita:

“In generale scrivo per persone intelligenti. Io non scrivo per ragazzi o adolescenti. Io scrivo per persone con intelligenza sviluppata, non importa l'età”

Buona serata a tutti.

Per accedere alle precedenti puntate del Circolo Providence potete cliccare qui

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