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Karol Woytila e Kiril Lakota: due papi venuti dall’EST
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 Karol Woytila  e  Kiril Lakota.

Tutti conoscono il primo. Pochi hanno sentito parlare del secondo.

Reale il primo. Di pura fantasia il secondo.  

 

Nel 1968 la Metro Goldwyn Mayer portò sullo schermo il film  “L’uomo venuto dal Kremlino”  tratto dal romanzo fantapolitico/religioso di Morris West  “The Shoes of the Fisherman”  dove l'autore  ipotizzava l’elezione a papa di un cardinale russo di nome  Kiril Lakota.  

Quando si dice che la fantasia supera la realtà: la previsione di West si avverò: anni dopo infatti (1978) , come tutti sanno, veniva eletto papa il polacco  Karol Wojtyla.

Sorprendente, come sorprendente risultò anche l’assonanza tra i due nomi.

 

Il film, piacevole e godibile, ebbe un passaggio veloce nei cinema e poi, quasi, sparì. Non era stato apprezzato ? Forse. Tuttavia, ad onor di cronaca, bisogna dire che molti anni dopo l’uscita del film fu pubblicato un articolo che riportava  una “voce” ricorrente circa la possibilità  che il film fosse stato volutamente ritirato dai circuiti per qualche strano motivo (politico?) mai chiarito. Forse il finale un po’ scomodo ?

Lo stesso articolo riferiva anche di un altro bellissimo film di fantascienza del 1973  (2022:  I sopravvissuti)   che aveva subito la stessa sorte.

 

La trama del film è nota.

L’arcivescovo  Kiril Lakota  viene liberato dopo anni di prigionia in Siberia e mandato a Roma dove, dopo la morte del Pontefice, viene eletto papa.   In piena guerra fredda  dovrà prendere difficili decisioni per risolvere una crisi drammatica tra Russia, Cina e Stati Uniti, e, per riportare la pace nel mondo, il giorno della sua incoronazione annuncia che ……………

Da precisare che il romanzo di  West si ispira realmente alla figura di un arcivescovo della  Chiesa ucraina  che, dopo aver subìto la prigionia sotto  Khrushchev,  grazie alle pressioni di  papa Giovanni XXIII  e  John F. Kennedy,  nel 1963 venne liberato e inviato a Roma dove divenne cardinale e prese parte anche al Concilio Vaticano II.

 

La regia poco incisiva di  Michael Anderson  e la sceneggiatura “furba” di  James Kennaway e John Patrick  stravolgono in parte l’atmosfera del  romanzo che da fantapolitico diventa quasi “fiabesco”. Ma, forse proprio per questo, il film ha una presa maggiore presso il grosso pubblico  che si lascia trasportare emotivamente dalle vicende molto commoventi e coinvolgenti dei protagonisti sottolineate dalla splendida  colonna sonora di  Alex North.

Come non ricordare la parte che narra del papa appena eletto che "evade” dalla prigione dorata dei suoi appartamenti in Vaticano e si mette a girovagare anonimamente per le strade di Roma.

 

Il mestiere di  Sir Laurence Olivier (Piotr Ilyich Kamenev) ,  Sir John Gielgud (il pontefice),  Leo McKern (il cardinale Leone) e  Oscar Werner  (padre David Telemond)  compensano la mediocre prova di un  Antony Quinn  chiaramente fuori ruolo e a disagio.

Un bravo al nostro  Arnoldo Foà  per l’ottima  caratterizzazione del personaggio di  Gelasio,  il “maggiordomo”  del papa.

In quanto al  grandissimo  (non in questo film)  Vittorio de Sica (il cardinale Rinaldi)  diciamo che …….. era in vacanza e passava di lì per caso.

 



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