Arriva l'estate ma il Circolo Providence non va in vacanza. Eccoci dunque nuovamente riuniti, stavolta però il luogo è diverso. Niente cinema – teatro dai tendoni pesanti, privo come è dell'aria condizionata farebbe schiattare l'uditorio.
No, questa sera siamo all'aperto, tra le antiche mura di un ampio cortile, se alziamo lo sguardo ammiriamo il cielo stellato e ogni tanto arriva un refolo di brezza a rinfrescarci.
Il chiarore del cielo estivo è dovuto ai raggi di un sole che è ormai calato sotto l'orizzonte ma riesce ad illuminare gli strati più alti dell'atmosfera sopra di noi. Tra le nostre mura la luce è poca ma il pubblico pare attento. Si vada a cominciare
Introduzione
Buonasera a tutti, ben ritrovati agli amici del Circolo e benvenuto a chi partecipa per la prima volta. Questa sera ci discostiamo dai lidi per noi soliti della letteratura fantastica per affrontare un autore di fantascienza più ortodosso. Anche se tale “ortodossia” è in realtà più apparente che sostanziale, dato che la sua produzione per tutta una serie di motivi che andremo ad evidenziare è assolutamente unica.
Abbiamo omaggiato la volta scorsa il grande Ray Bradbury appena scomparso e in quell'occasione abbiamo sottolineato quanto fosse riduttiva la definizione di “autore di fantascienza” per uno scrittore che invece produceva letteratura di altissima qualità. Bene, un discorso per molti versi analogo si può fare con il protagonista di questa nostra serata, James Graham Ballard.
L'opera di James G. Ballard
Ballard nacque a Shangai nel 1930, i genitori di origine inglese si erano trasferiti lì per motivi di lavoro. Dopo un'infanzia spensierata James dovette affrontare un evento traumatico che lo segnerà profondamente e inevitabilmente si rifletterà nella sua futura produzione letteraria: l'invasione dei Giapponesi conseguentemente allo scoppio della seconda guerra mondiale, e il successivo internamento in un campo di concentramento. Esperienza che lo scrittore riaffronterà solo un quarantennio più tardi quando si baserà su quegli avvenimenti per il romanzo (parzialmente autobiografico) L'Impero del Sole.
Solo dopo la fine della guerra Ballard riesce ad arrivare in Gran Bretagna, dove inizialmente intraprende studi di medicina (poi abbandonati) e quindi la carriera militare nell'aviazione che lo vede di stanza in Canada. E lì che, come racconta lui stesso, si avvicina alla fantascienza, il genere di cui diverrà un maestro.
Tornato in Inghilterra, il nostro intraprende non senza difficoltà la carriera di scrittore, affiancata almeno nel periodo iniziale da altri lavori per sbarcare il lunario (nel frattempo infatti ha messo su famiglia).
Nel 1961 appare il suo primo romanzo Vento dal Nulla (The Wind from Nowhere), opera dal tema catastrofico (un improvviso e violento vento riesce a sconvolgere l'umanità fino al suo annientamento), primo titolo di una quadrilogia dedicata agli elementi alchemici, strumenti per la distruzione del mondo come lo conosciamo.
Si tratta, come è risaputo, dell'Aria (cui è riferito questo romanzo) dell'Acqua, alla base di Deserto d'Acqua (The Drowned World, 1962), pubblicato anche con il titolo Il Mondo Sommerso, del Fuoco, Terra Bruciata (The Burning World, 1964) e della Terra, Foresta di Cristallo (The Crystal World, 1966).
Se il primo romanzo può essere definito un classico prodotto della fantascienza di stampo apocalittico, al punto che lo stesso Ballard in seguito lo considerò un titolo secondario nella propria produzione, negli altri tre emergono in maniera chiara i temi fondamentali della poetica del nostro autore: lo sgomento dell'uomo di fronte ad avvenimenti di cui non riesce a cogliere il significato, la sua inadeguatezza in relazione a eventi troppo grandi, fino alla percezione della catastrofe del pianeta come specchio della catastrofe psicologica dell'uomo.
Si ravvisa poi un tono surreale che costituirà la cifra stilistica dei suoi numerosi racconti, rappresentanti a modesto parere del relatore la parte più interessante dell'opera ballardiana.
Parlando di Ballard è stato usata la definizione di “fantascienza non convenzionale”, un uso assolutamente legittimo. Non è l'esplorazione dello spazio né la narrazione di avventure extraterrestri ciò che ritroviamo nelle righe dello scrittore inglese, bensì la rappresentazione dei misteri dell'animo umano, l'analisi delle ossessioni che turbano l'esistenza dell'uomo e e ne determinano il futuro.
Persino in quei racconti che paiono avere una ambientazione più consona alla fantascienza classica, Ballard riesce a spiazzare il lettore con colpi di scena che riportano la situazione a un contesto decisamente “terrestre”.
Penso, giusto per esemplificare, al racconto In tredici verso Centauro, nel cui finale viene totalmente ribaltata la prospettiva in cui era stato calato il lettore all'inizio del racconto.
Nel 1970 con la pubblicazione de La Mostra delle Atrocità (The Atrocity Exhibition, 1970) assistiamo ad un ulteriore passo nella ricerca dello scrittore inglese di nuove modalità di espressione. Quindici capitoli che possono essere letti come racconti separati (al punto da rendere impossibile la catalogazione di questa opera, come romanzo o come antologia) in cui Ballard, usando un linguaggio destrutturato, mescola alienazione psichica e devastazioni dei mass media sull'individuo, mettendo alla berlina le icone della società americana (e infatti negli U.S.A. Il libro scatenò parecchie polemiche) ed in cui arriva persino a profetizzare l'elezione di Ronald Reagan a presidente.
Passano tre anni e il nostro James stupisce di nuovo i suoi lettori con Crash (Crash, 1973), ambientato nella Londra di un futuro non meglio precisato in cui le persone provano piacere solo di fronte allo spettacolo (reale) di spaventosi incidenti con conseguente esibizione di sangue, mutilazioni e atrocità varie (giusto per richiamare l'opera precedente).
L'uomo del futuro è uno psicopatico in preda alle sue perversioni, non sembra davvero esservi speranza per quelli che sono i tradizionali sentimenti di “umanità” che dovrebbero accompagnare ogni persona nel suo cammino.
Questa disumanizzazione la troviamo espressa nuovamente, sia pur in maniera meno cruenta, nel romanzo Condominium (High Rise, 1975). Un gigantesco e folle condominio (per l'appunto) del futuro vede riflessa la stratificazione sociale che porterà a devastanti scontri tra gli abitanti. Pensando a certi orrori architettonici che “abbelliscono” alcuni degradati quartieri delle nostre metropoli, ma anche a certe “assemblee condominiali” (a proposito, prima di partecipare alle prossime procuratevi questo libro, magari vi può dare qualche utile suggerimento.....), c'è da convincersi che Ballard non abbia scritto nulla di fantascientifico ma abbia semplicemente fotografato la realtà.
Saltiamo alla metà degli anni ottanta quando arriva nelle librerie L'Impero del Sole (Empire of The Sun, 1984), in cui lo scrittore affronta gli incubi della sua infanzia e racconta la storia di un ragazzino alle prese con l'invasione giapponese di Shangai. Non è un romanzo autobiografico nel senso stretto del termine, piuttosto una storia originale basata su quelle che furono le esperienze dell'autore.
A partire da questo libro la produzione di Ballard si discosta sempre più dalla fantascienza, a parte la pubblicazione di qualche racconto.
Di questo autore britannico si è qui analizzata soprattutto la produzione sotto forma di romanzo ma, come detto più sopra, forse è nei racconti che sono maggiormente apprezzabili quelle peculiarità che rendono unica l'opera di Ballard.
Di questa vasta produzione ricordiamo qui i racconti appartenenti al Ciclo di Vermillion Sands, irreale luogo di villeggiatura di un futuro imprecisato, collocato in mezzo alle sabbie di un deserto.
Se poi si vuole possedere una conoscenza più approfondita del Ballard-pensiero citazione d'obbligo va fatta per Fine Millennio: istruzioni per l'uso (User's Guide to the Millennium, 1995) raccolta degli articoli scritti in veste di giornalista.
James Graham Ballard ci ha salutato nel 2009.
Ballard ed il Cinema
“Non so scrivere sceneggiature: è un talento tecnico, come quello di un medico o di un architetto. Non sono dotato per questo”. Questo dichiarava Ballard, che del cinema era comunque un appassionato. Era in particolare un grande estimatore del nostro Gualtiero Jacopetti e dei suoi mondo-movie, una cosa se ci pensiamo abbastanza logica per uno che ha scritto “la mostra delle atrocità”. Sappiamo inoltre che come giornalista espresse ammirazione per la nouvelle vogue francese.
Sul versante del cinema di fantascienza amava molto i classici, e fu invece molto critico con la Science Fiction ricca di effetti speciali che dominò le sale a partire dalla metà degli anni '70, anche se fece un'eccezione per Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo di Steven Spielberg, che dichiarò di apprezzare molto.
Comunque il primo contatto diretto tra il mondo della settima arte e il nostro James risale la 1969, il film è Quando i Dinosauri si mordevano la coda (When The Dinosars ruled the Earth, 1969). Divertente la dichiarazione che Ballard stesso fece in merito al film (di cui aveva scritto il soggetto): "Sono molto orgoglioso che per la prima volta il mio nome sia apparso nei titoli di testa di quel che è senza dubbio il peggior film che sia mai stato fatto".
Bisogna attendere il 1987 (e, guarda un po' il destino, proprio Spielberg) per vedere un romanzo di Ballard sul grande schermo: L'Impero del Sole (Empire of the Sun, 1987), con un tredicenne Christian Bale nei panni del protagonista. Un bel film molto intenso anche se accolto un po' tiepidamente dalla critica.
Nel 1996 è la volta di David Cronenberg a cimentarsi con l'opera dello scrittore inglese, e pensando a pellicole come Videodrome in cui il regista canadese esaminava i rapporti fra corpo umano e tecnologia fino alla fusione tra carne e macchina, viene da concludere che l'incontro fra i due fosse inevitabile.
Il film è Crash (Crash, 1996), tratto dall'omonimo romanzo e James Spader interpreta il protagonista, il produttore cinematografico.....James Ballard.
Purtroppo la rassegna cinematografica di opere tratte dalla produzione letteraria di Ballard finisce qui. Ed è davvero inspiegabile che un attento analizzatore dei conflitti interni dell'animo umano come è stato lo scrittore britannico non abbia avuto maggior successo tra i registi e gli sceneggiatori; se pensiamo alla potenza visionaria di un romanzo come Deserto d'Acqua o alla drammatica conflittualità proposta in Condominium (che tra l'altro offre diversi piani di lettura sui rapporti umani o meglio sul loro deterioramento) c'è davvero da stupirsi per questa esigua produzione su grande schermo.
Consoliamoci con le voci che vogliono il regista Brad Anderson (The Machinist l'uomo senza sonno, un film molto ballardiano) lavorare alla realizzazione di un film tratto dal racconto Isola di Cemento, con protagonista nuovamente Christian Bale.
Concludiamo la serata con l'auspicio di vedere dunque sul grande schermo il terzo film tratto da un romanzo dell'ospite d'onore del nostro incontro.
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