Dai tempi in cui a Venezia ha premiato Monsoon Wedding, Nanni Moretti è divenuto un presidente di giuria alquanto discutibile per gusti, scelte e carattere. Ne sanno qualcosa anche i giurati del Festival di Cannes, costretti ad adattarsi a richieste e pretese spesso oltremodo esagerate. Come quella secondo cui Nanni avrebbe chiesto la lista dei dialoghi di ogni film in Concorso: leggenda o verità? L'unica cosa certa è che il nostro regista dovrebbe studiare un po' di lingue straniere prima di accettare un altro "incarico" internazionale. A dispetto delle voci, Moretti, invece, ha sorpreso. Rispettate tutte le previsioni della vigilia. Stampa e pubblico internazionali gridano già al miracolo: il narcisista-leninista si è fatto piacere anche l' "odiato" Haneke e ha premiato anche "casa" sua.
Cannes quest'anno prometteva di essere il Festival degli autori e dei grandi nomi, del ritorno del cinema americano e dell'affermazione sempre più imperante di quello francese. Secondo molti, invece, è stato il festival delle delusioni cocenti e dei film irrisolti, del sesso più pubblicizzato che mostrato (leggasi la famosa scena di sesso orale a distanza che vede impegnata la Kidman di The Paperboy o lo snervante "stasera dammi il culo" sentito fino alla nausea nell'irritante Post Tenebras Lux), dei finali aperti e dell'inconsistenza della "garanzia d'autore".
Forse bisognerebbe tornare a pensare ai film in Concorso come ad oggetti d'arte e non come a moneta da pagare per aver sul luogo le star internazionali. Troppa carne al fuoco rischia di causare indigestione e far sembrare (soprattutto agli italioti presenti sulla Croisette, ai giornalisti blasonati ma improvvisati e al medio spettatore di provincia) capolavori anche i filmini amatoriali della comunione di zio Tobia e ciofeche assurde le opere di maestri riconosciuti dal mondo della settima arte e oltre. Non è vero che i Festival siano inutili (come asserisce chi di industria cinematografica e cinema in generale non ha mai capito nulla) ma occorre ripensare alle ragioni delle scelte dei titoli da mostrare.
Per la prima volta, piace sottolinearlo, prima della chiusura del festival parecchi titoli avevano già un distributore italiano: Teodora (Amour), Bim (Beyond the Hills, Rust and Bone, The Angels' Share, The Hunt), 01 Distribution (Cosmopolis, Reality, The Paperboy), Archibald (Post Tenebras Lux), Medusa (On the Road), Eagle Pictures (Killing Them Softly), Lucky Red (Moonrise Kingdom, Like Someone in Love) e Moviemax (In the Fog).
Per la cronaca, la Palma d'Oro è andata ad Amour di Haneke ma l'Italia si è portata a casa il Grand Prix con Reality di Garrone (seconda volta, dopo Gomorra).
Palme d'Or
Questi, invece, gli altri premi:
Grand Prix
Prix de la mise en scène (regia):
Prix du scénario (sceneggiatura):
Prix d'interprétation féminine (attrice): Cosmina Stratan, Cristina Flutur
Prix d'interprétation masculine (attore): Mads Mikkelsen
Prix du Jury:
Camera d'Or
Per chi le avesse perse, ecco come si sono chiuse anche le altre sezioni:
Al di fuori delle premiazioni ufficiali, si colloca invece l'assegnazione della Queer Palm, il premio andato alla miglior pellicola a tematica lgbt.
QUEER PALM
Laurence Anyways (2012)
di Xavier Dolan con Melvil Poupaud, Karine Vanasse, Nathalie Baye, Monia Chokri, Yves Jacques, Catherine Bégin, Suzanne Clément, Guylaine Tremblay, Patricia Tulasne, Sophie Faucher
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