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Sequenze. Una ragazza come tante.
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Peppe Comune

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“Sono così, una specie di deficiente”, dice Adriana dopo aver ascoltato il carattere di quello che sarà l’eroina del prossimo romanzo del suo nuovo amante. “Ma no, al contrario, forse sei tu la più saggia di tutti”, le risponde lo scrittore, che in un impeto di sopraggiunta complicità emotiva gli accorda un po’ di quella sincera tenerezza che raramente Adriana ha potuto veramente ricevere. Dicendo probabilmente anche la verità, che Adriana, forse, è la migliore di tutti, che la sua ingenua testardaggine, la sua solare allegrezza, sono quanto di meglio una ragazza che vuole tentare di sfondare nel mondo dello spettacolo possa desiderare di avere per accompagnarsi alle bassezze di occasionali dispensatori di fortune senza rendersene mai completamente partecipe, per muoversi tra le falsità ostentate di un mondo di cartapesta senza farvisi mai travolgere totalmente. Adriana ha imparato quanto basta per capire, che la falsa moralità di chi fa finta di non sapere come funzionano le cose nell’eldorado in celluloide, non vale affatto il tentativo di giocarsi tutte le proprie carte finchè la bellezza incassonata in un corpo soave e malleabile che gli è propria gli consente di fare collezione di lusinghe. Ma la bellezza radiosa di Adriana è pari solo alla vulnerabilità del suo spirito sognante e se il corpo segue baldanzoso i dettami di una volontà decisa e consapevole, l’animo coltiva ferite facendo collezioni di delusioni. Adriana, in nome di una purezza di spirito rimasta intatta, ha saputo rinunciare all’offerta di facili guadagni concedendo i suoi doni in giro per i “salotti buoni” della capitale, ma non può nulla contro la scoperta di tanta umana meschinità, che gli squarcia dal di dentro la gioia di vivere in un modo così lento e impetuoso che neanche lei sa misurarne di volta in volta la consistenza emotiva. Nel primo caso è lei a decidere come rimanere a galla e fin dove ci si può spingere per coltivare le proprie aspirazioni, nel secondo, invece, è la società dello spettacolo a determinare la fascinazione estrema verso un idea effimera di successo sociale, quella che consente l’indifferenziata sostituzione dei sentimenti, quella seguita da numerosi procacciatori di speranze, investitori a cottimo in un mondo ubriacato di false certezze. Quella che rischia di trasformare la legittimità di un sogno in delusioni che ti rubano la vita. E Adriana in una ragazza come tante.

Io la conoscevo bene (Antonio Pietrangeli)

Adriana Ascarelli (Stefania Sandrelli) è una ragazza che arriva a Roma dalla provincia per sfuggire dalla monotona e soffocante routine familiare e tentare la firtuna nel mondo dello spettacolo approfittando della sua belezza e di un fisico che non passa inosservato. Cambia spesso uomini, accompagnandosi a loro con candida accondiscendenza e anche con una buona dose di ingenua incoscienza. Da’ sempre qualcosa di se, anche se si tratta del “pirata” Dario (Jean-Claude Brialy), uno sfaccendato che l’abbandona in una stanza di motel lasciando il conto in sospeso, o di Antonio (Robert Hoffman), un ricco figlio di papà di cui s'innamora che le chiede di telefonare per lui alla propria fidanzata. Ma in cambio riceve solo delusioni, che nell’assommarsi aprono una voragine esistenziale da cui è difficile venirne fuori.

 

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