Come se si trattasse di un’operazione militare, Kathryn Bigelow ha iniziato in gran segreto le riprese del suo film sulla cattura di Osama bin Laden, andando però incontro a una serie di complicazioni impreviste che hanno assunto nel corso dei giorni l’aspetto di un giallo politico.
Sin dal primo momento, il set fissato per le riprese era talmente segreto che neanche gli attori sono stati avvisati della scelta delle location. Convocati tutti per la fine di febbraio in Giordania, il cast è stato sorpreso dal doversi poi mettere in viaggio fino a Chandigarh, in India, dove era stato ricostruito un piccolo pezzo di Pakistan (nazione che ha negato il permesso per le riprese a causa di ragioni di sicurezza e per via dei pessimi rapporti con gli Usa). E, se non fosse stato per le proteste dei residenti locali dello scorso 2 marzo, nessuno avrebbe mai sospettato del cambio di set.
La regista, premio Oscar per The Hurt Locker nel 2009, e lo sceneggiatore Mark Boal speravano di mantenere il segreto non tanto per non lasciar trapelare informazioni sulla trama o immagini dal set ma tanto per questioni di sicurezza, temendo ripercussioni da parte di al-Qaeda. Il progetto da oltre 35 milioni di dollari, il cui titolo provvisorio è al momento Dark Zero Thirty (una formula militare che indica le operazioni che vanno svolte all’alba), potrebbe infatti accendere le ire dei terroristi. Per evitare ciò, nonostante il cast conti oltre 100 ruoli parlanti, la sceneggiatura (si parla di un thriller adrenalinico orientato più al cinema commerciale d’azione che al politico) è tuttora sotto chiave tanto che agli interpreti durante i provini è stato chiesto di prepararsi con scene tratte dal copione di The Hurt Locker e Tutti gli uomini del Presidente. A coloro che sono stati scelti, poi, è arrivata tramite posta elettronica solo la pagina contenente la loro parte, senza sapere con chi o come dovevano interagire una volta in scena. Una volta lette le e-mail, queste venivano automaticamente cancellate per non lasciar alcuna traccia dietro di loro.
Considerando che la Bigelow aveva già effettuato dei sopralluoghi in Giordania, dove aveva girato il suo precedente film, in molti si attendevano che girasse Zero Dark Thirty negli stessi posti ma, qualche giorno prima del primo ciak, la produzione è stata costretta a lasciare il Paese con una fretta alquanto brusca e sospetta. Dalla produzione, trapela che i motivi di tale fuga siano da ricercare in decisioni creative e commerciali, a quanto pare favorevoli in India, piuttosto che in ragioni di sicurezza, dato che da sempre la Giordania è un paese alleato degli Stati Uniti e gli attacchi terroristi contro gli stranieri sono alquanto rari (l’ultimo risale al 2005). A conferma delle ragioni commerciali, arriva anche la dichiarazione di un portavoce della Film Commission Giordania che afferma che “una parte del cast e della troupe è rimasta in Giordania per girare altre scene”.
Fin qui, tutto nella norma ma il giallo nasce pochi giorni fa. Le riprese sono ufficialmente cominciate il 28 febbraio scorso nella cittadina di Chandigarh, addobbata come se fosse la pakistana Abbottabbad, suscitando le ire della comunità indu e del gruppo di destra dei Vishwa Hindu Parishad, non disposti ad accettare che sul suolo indiano vi fossero i simboli di un Paese con cui sono in guerra da anni. A quanto si dice, la produzione ha accolto le richieste di eliminare i simboli pakistani ma ciò non basterebbe: secondo Kasmi Shakeel Ahmed, un leader musulmano indiano, quanto accaduto potrebbe riaccendere la tensione tra la comunità musulmana e quella indu, tanto da chiedere la sospensione delle riprese.
Ovviamente la notizia della protesta ha subito fatto il giro del mondo, finendo in prima pagina su tutti i giornali ma una fonte rivela, a sorpresa, che si tratterebbe di un caso montato ad arte, dato che a protestare erano soltanto una ventina di persone che, in maniera pacifica, intonavano canti tradizionali senza minacciare lo svolgimento delle riprese. Inoltre, l’industria cinematografica indiana (ricordiamo che Bollywood ha una produzione che supera di gran lunga i ricavati di quella di Hollywood) ha rimarcato il suo appoggio alla produzione occidentale, sperando in un ritorno d’immagine per i loro set. Si mormora, dunque, che si tratterebbe più che altro di speculazione per convincere la Bigelow a ritornare a girare in Giordania, rallentando in questo modo i tempi di produzione.
Chi avrebbe intenzione di porre il bastone tra le ruote a una pellicola che, una volta ultimata, arriverebbe in sala il 19 dicembre di quest’anno in un momento in cui tutti gli States saranno in piena campagna elettorale per la rielezione del Presidente e che favorirebbe Barack Obama, artefice della cattura di Bin Laden? Non dimentichiamo che già nei mesi scorsi qualcuno mise in dubbio il fatto che la Bigelow per la sceneggiatura non si fosse basata solo su documenti reperibili da chiunque ma avrebbe attinto a documenti top secret che solo la Casa Bianca poteva aver passato alla regista.
Fonte: The Hollywood Reporter / The Hindu Times / Mail Online India
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta