Incoraggiati dal successo ottenuto dall'incontro dedicato a Robert Ervin Howard, il Circolo Providence decide di promuovere una nuova “chiaccherata”.
Il tema questa volta è pressoché obbligatorio, vista l'imminente uscita cinematografica di John Carte , e cioé Edgar Rice Burroughs. Quindi eccoci di nuovo qui, nella sala del vecchio cinema-teatro che ormai è diventata la casa del nostro Circolo. La voce si è sparsa, la sala come sempre non è certo piena ma gli amici del Circolo sono venuti e con loro troviamo qualche faccia nuova e qualche curioso. Cominciamo
Introduzione
Ben trovati a tutti e benvenuto a chi partecipa per la prima volta ad un incontro del Circolo Providence. Questa sera parleremo di un uomo che è forse la testimonianza vivente di quanto la vita possa riservare sorprese inaspettate, e come spesso le opportunità si presentino sotto le forme più strane e meno convenzionali.
Parleremo di Edgar Rice Burroughs, uno che a quasi quarant'anni era un fallito, uno che aveva difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena, e che alla sua morte (avvenuta nel 1950) lasciò una fortuna in milioni di dollari ai suoi eredi.
Da questo punto di vista quindi un personaggio radicalmente diverso sia da Robert E. Howard sia da H.P. Lovecraft, di cui ci siamo occupati nei primi due incontri. E non solo da questo punto di vista come vedremo.
Edgar Rice Burroughs nacque nel 1875 a Chicago da una famiglia benestante, il padre possedeva una fabbrica di batterie elettriche. I primi fallimenti di Edgar furono scolastici, pare che la famiglia gli avesse fatto frequentare numerose scuole private e nonostante questo non fosse riuscito a superare gli esami per essere ammesso all'Accademia di West Point.
Da lì prende il via la sua vita professionale fatta di svariati mestieri (tra cui il cow-boy) senza mai riuscire a trovare uno sbocco che gli permettesse di raggiungere un grado di sicurezza economica accettabile per sé e per la sua famiglia (a ventiquattro anni si era sposato). Situazione aggravata tra l'altro da un rovescio delle fortune delle sua famiglia di origine.
Alla fine si ritrovò a controllare gli annunci pubblicati sui giornali e sulle riviste “pulp” che andavano di moda all'epoca (siamo all'inizio degli anni '10 del XX secolo); lavoro che gli lasciava il tempo per leggere il contenuto di quelle riviste di letteratura popolare. Da quelle letture maturò la convinzione di potere scrivere storie non meno avvincenti di quelle che trovava pubblicate sulle riviste, ragion per cui mise mano alla penna e pose su carta quelle avventure fantastiche che la sua mente aveva elaborato probabilmente per sfuggire alle miserie di una realtà fallimentare.
Nasce il Ciclo di Marte
Burroughs scrisse così il suo primo racconto: Dejah Thoris, Princess of Mars che Thomas Newell Metcalf accettò di pubblicare per la rivista che dirigeva, All-Story con il titolo di Under The Moons of Mars (Sotto le lune di Marte).
Una curiosità, il racconto non uscì a nome dell'autore bensì con uno pseudonimo: Burroughs infatti chiese a Metcalf di usare il nome di “Normal Bean”, una espressione gergale che si può, approssimativamente tradurre con “Uno Normale” o “Uno Qualunque” ma per un errore tipografico uscì a nome di Norman Bean.
Scritto nel 1911 e pubblicato nel numero di febbraio del 1912, l'avventura marziana di John Carter entusiasmò i lettori che ne reclamarono a gran voce un seguito: nasce così il ciclo marziano di Burroughs, che tanta fortuna porterà al suo ideatore.
La vicenda, in breve sintesi, si svolge nel 1866 e vede protagonista un ex ufficiale dell'esercito sudista, John Carter appunto. Braccato dagli indiani trova rifugio in una grotta, e qui cade in una sorta di torpore paralizzante che lo porta a librarsi al di fuori del proprio corpo e a ritrovarsi su Marte.
Nessuna spiegazione scientifica alla Jules Verne viene data ai lettori, quello che a Burroughs preme non è fornire spiegazioni logiche bensì lasciare spazio all'avventura, e in questo dimostra davvero di avere una marcia in più rispetto ai suoi contemporanei.
Questa mancanza di presupposti scientifici di fatto allontana il nostro autore dalla fantascienza vera e propria per collocarlo più propriamente in un ambito fantasy, anche se Sam Moskowitz (critico e storico della fantascienza) usa il termine scientific romance, definendolo così “avventura di tipo classico imbellettata di quel tanto di scienza che è sufficiente a conferire un senso di meraviglia e di fascino ai luoghi in cui si svolge”
Si è affermato che le basi scientifiche per le avventure marziane elaborate da Burroughs fossero da cercare nei libri dell'astronomo e studioso di Marte Percival Lowell, Mars and its Canals e soprattutto Mars as an Abode of Life (Marte come un luogo abitato) ma studi critici hanno evidenziato come i concetti usati da Burroughs e tratti dai libri di Powell fossero minimi.
In realtà il grande talento di Edgar Rice Burroughs era riposto proprio nella sua immaginazione sfrenata che lo portava a elaborare mondi fantastici con una potenza e una esuberanza che travolgevano il lettore.
Se indubbiamente la verosimiglianza delle sue storie a volte lasciava alquanto a desiderare è altrettanto vero che queste risultavano affascinanti come poche altre e trasportavano il lettore in un universo parallelo.
La forza dello scrittore era nel suo stile avvincente, incalzante, ricco di invenzioni che trascinava il lettore nel bel mezzo delle avventure che narrava. Uno stile che la critica letteraria più pura non amava accusandolo di una prosa affrettata e troppo enfatica. Accuse che l'autore non negò mai, anzi quasi si scusò col fatto di volere con le sue opere regalare emozioni ai suoi lettori e non certo alta letteratura.
Il Marte di Burroughs – che ha ovviamente un altro nome, si chiama Barsoom - è un pianeta morente abitato da razze spesso bizzarre e in perenne lotta fra di loro, un mondo dove la barbarie e la scienza coesistono e dove John Carter sopravvive grazie a una forza ed una agilità che risultano moltiplicate dalla ridotta gravità del pianeta rispetto a quella della natia Terra.
Tra le razze ve n'è anche una molto simile a quella umana (si riproduce però per mezzo di uova!) e a questa razza appartiene la bellissima principessa Dejah Thoris che conquisterà il cuore del nostro eroe.
La storia avrebbe dovuto concludersi con questo primo romanzo, al termine del quale il povero John Carter si ritrova, inspiegabilmente, così come era partito, sulla Terra e trascorre gli anni a guardare il lontano pianeta pensando all'amata e al suo destino (di cui non diciamo nulla....). Ma, come detto più sopra, fu tale l'entusiasmo dei lettori che Burroughs dovette mettere nuovamente mano alla penna e, soprattutto, all'immaginazione, e sfornare il secondo romanzo e da lì cominciare la costruzione del Ciclo di Marte.
Del resto guardando il finale – non finale del primo romanzo sorge spontaneo il sospetto che quella volpe di Burroughs (che seppe gestire i suoi affari con non meno abilità di quella dimostrata come romanziere) avesse tenuto la porta aperta per un seguito nella speranza di un successo, come in effetti accadde.
Non solo John Carter
Renderemmo un cattivo servizio alla creatività di Burroughs ignorando i prodotti della sua attività di scrittore d'avventure e ideatore di mondi meravigliosi che vanno al di là del “Ciclo Marziano”.
In quello stesso 1912 che vedeva apparire le lune di Marte fa la sua comparsa, sempre su “All-Story” quello che è il personaggio più famoso dello scrittore americano, Tarzan (Tarzan of the Apes). Questa volta l'ambientazione è la giungla equatoriale africana e, come è risaputo, la storia è quella del bambino allevato dalle scimmie in seguito alla morte dei genitori. Una vicenda che sembra ricalcare quelle narrate da Kipling nei suoi Libri della Giungla, cosa che Burroughs negò sempre in maniera decisa, affermando di aver piuttosto preso lo spunto dalla leggenda di Romolo e Remo. Tarzan è stato di gran lunga il prodotto di maggior successo della fantasia dello scrittore americano, al punto da fondare in California la città di Tarzana , dove collocò la sede della sua casa editrice personale.
Nonostante Tarzan sia un personaggio che si inquadra nel filone del romanzo d'avventura più tradizionale, non mancarono gli incroci con la fantascienza; ad esempio nel romanzo Tarzan at the earth's core (Tarzan al centro della Terra) l'uomo scimmia entra in contatto con Pellucidar, il mondo sotterraneo creato da Burroughs per un'altra serie di romanzi.
Detto brevemente del ciclo venusiano (tre romanzi aventi come protagonista Carson Napier detto, appunto, Carson di Venere) concludiamo citando l'affascinante mondo della Terra dimenticata dal tempo (The Land that Time forgot), un'isola del Pacifico popolata di creature preistoriche che paga indubbiamente un ntributo di ispirazione al Mondo perduto di Arthur Conan Doyle
Da Tarzan a John Carter – fortuna di Edgar Rice Burroughs al cinema.
In attesa di vedere sul grande schermo le avventure marziane di John Carter (attesa davvero molto breve, a questo punto) facciamo un rapido excursus sulle fortune cinematografiche di Edgar R. Burroughs.
Quando si parla di Burroughs al cinema non si può che parlare di Tarzan. Numerosi sono stati i film che hanno avuto come protagonista l'uomo scimmia anche se la maggior parte narrano storie ideate appositamente per il grande schermo e quindi lo scrittore americano ha di suo solo l'aver creato il personaggio.
La prima apparizione in assoluto risale al 1918 con Tarzan of the Apes, film muto che vide Elmo Lincoln nella parte del protagonista. Nella foto sotto Lincoln nelle vesti di Tarzan è fotografato proprio insieme a Edgar R. Burroughs
L'attore che più caratterizzerà la figura di tarzan sarà però Johnny Weissmuller, ex campione di nuoto (vincitore di cinque ori olimpici) e protagonista in ben dodici film dal 1932 al 1948.
Nel 1981 il regista John Derek girò un Tarzan l'uomo scimmia (Tarzan, the Ape man) con Miles O'Keefe a dar muscoli (e nient'altro, a dire il vero) al re della giungla. In realtà la vera protagonista nei panni (succinti) di Jane Parker era Bo Derek, indimenticabile (non certo per qualità recitative) moglie del regista.
Di ben altro spessore è la pellicola del 1984 nella quale Christopher Lambert è Tarzan in Greystoke – La leggenda di Tarzan, il signore delle scimmie (Greystoke: The Legend of Tarzan, Lord of the Apes) di Hugh Hudson. Un buon film che rende giustizia al personaggio di Burroughs.
Il vero capolavoro però è, a nostro parere, il film d'animazione della Disney del 1999. Intitolato semplicemente Tarzan è uno dei migliori prodotti mai realizzati dalla Disney, cui si può imputare una fedeltà solo parziale alla storia originale. Resta però un bellissimo film e merita la menzione in questa sede.
Fuori dal successo cinematografico di Tarzan, va rilevata una pellicola del 1975, La terra dimenticata dal tempo (The Land That Time Forgot), ispirata al romanzo sopra ricordato di Burroughs. Diretta da Kevin Connor, ebbe un successo superiore alle aspettive e convinse i produttori a realizzare altri due film ispirati a romanzi di Burroughs: Centro della terra Continente sconosciuto (At the Earth's Core, 1976) derivata dal ciclo del mondo sotterraneo di Pellucidar e Gli uomini della Terra dimenticata dal Tempo (The People That Time Forgot, 1977) seguito della pellicola del 1975.
Conclusioni
E adesso prepariamoci alla visione di questo John Carter. La speranza è che, al di là delle ovvie esigenze di spettacolarizzazione che un prodotto di questo tipo richiede, sia stato rispettato lo spirito dell'opera di Burroughs. Non è poi una cosa così difficile visto che egli stesso dichiarò di voler scrivere per quei lettori che desideravano trovare divertimento ed evasione.
E ancora oggi a un secolo di distanza dal suo esordio letterario resta intatta la capacità dei suoi scritti di proiettare il lettore in una dimensione fantastica .
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