Sì, c'è
Un accurato recupero del neorealismo (in un’accezione rosa, con tutti i possibili significati della parola) mediante gli strumenti del popolare, per scavare nelle origini della nostra cittadinanza, non solo politica ma anche cinematografica, in un senso femminista e comunitario: Paola Cortellesi mette a frutto la propria intelligenza attoriale e di scrittura con un debutto alla regia che si rivela sorprendente, tra scelte stilistiche ardite e notazioni sociologiche minuziose. In bilico sottile tra sorriso e tragedia, il film intercetta un tema caldo e lo riporta alla contingenza del quotidiano, di ieri e di oggi (Simone Trevisiol)
No, non c'è
Una denuncia sociale forte (violenza di genere), tematiche d’attualità (femminismo e condizione della donna), la commedia come veicolo capace di far accettare argomenti scottanti al grande pubblico ed infine il bianco e nero; tributo al Neorealismo che fece grande il cinema italiano e mondiale. Manca purtroppo la capacità di trasformare il grido di dolore, in un pensiero strutturato, che possa incidere a fondo nella materia filmica e di pari passo nelle coscienze degli spettatori. Bloccato nel microcosmo familiare, la pellicola in ciò trova la sua piccola virtù, ma rinuncia ad elevare lo sguardo verso l’intera società. Risaltano le debolezze di una scrittura didascalica, in cui le scelte “esplosive”, si scontrano con il femminismo auto-determinista tanto sbandierato, giungendo ad un finale sciattamente buonista, atto a demandare alla politica, un cambiamento che dovrebbe essere prima di tutto socio-culturale. La voglia di comunicare di Paola Cortellesi, rimane soffocata dall’immaturità di un'opera che riduce il Neorealismo a mero marchio di fabbrica, de-privato della sua carica contestataria più genuina ed autentica. Un bignami da consumo nazional popolare; ottimo per l’industria, molto meno per una riflessione articolata. (Carmine Marzano)