In super ritardo sono riuscita finalmente a vedere tutte le pellicole candidate a Miglior Film nel 2021, che comprendono quindi i migliori film usciti in sala tra la fine del 2010 e i primi mesi del 2021. Di seguito la mia personale classifica, in ordine di gradimento, dei candidati di quell'anno su cui, mi permetto di ricordare, prevalse Nomadland di Chloé Zhao.
Lo sceneggiatore e regista francese, nonché drammaturgo, al suo esordio alla regia si inerpica in un’opera a dir poco sensazionale. Dalla ripresa non scontata ne tantomeno facile da rappresentare, Zeller ricrea certe situazioni teatrali riuscendo a non storpiarne ne il senso ne il carisma che possiedono. Senza dubbio uno dei meriti maggiori va alla scelta del cast, decidere di assegnare i ruoli primari ad Hopkins e alla Colman diciamo che garantisce quantomeno un risultato soddisfacente che, in questo caso, è eccellente!
Darius Marder al suo esordio alla regia mette in scena una pellicola estremamente naturale. Con semplicità racconta un evento drammatico trasformante, servendosi dell’ottima interpretazione di Riz Ahmed, candidato anche all’Oscar per questo ruolo, riesce a trasmettere il senso di smarrimento del protagonista incapace di accettare questa sua nuova condizione e che tenta in ogni modo di contrastare l’epilogo inevitabile.
Con Steven Yeun, Han Yeri, Yuh Jung Youn, Alan S. Kim, Noel Cho, Will Patton, Scott Haze
Lee Isaac Chung dipinge un quadro dove il verde dei prati prima e del Minari dopo predomina; il verde della speranza, sentimento che accomuna tutta la famiglia Yi e di cui il Minari sembra essere il simbolo assoluto, che cresce ovunque, a prescindere da tutto, anche senza essere curato da alcuno.
Il tragico epilogo dell’esistenza di Cassie è il dolore maggiore. Una delle visioni più difficili a cui ho potuto assistere. La meticolosità con cui la regista descrive ciò che accade è lacerante, la bravura con cui Carey Mulligan si presta alla sua rappresentazione, straziante. Gran parte della buona riuscita dell’esordio alla regia di Emerald Fennell è merito dell’aver affidato l’interpretazione del personaggio di Cassie alla Mulligan, in quella che sembra essere, ad oggi, la miglior performance della sua carriera, capace di lasciarsi possedere dall’anima della protagonista che vige in lei per tutto il tempo; anche nelle rare volte in cui non la vediamo in scena Cassie c’è, è un fantasma onnipresente il cui sguardo disperso nella vacuità dell’esistenza ti resterà impresso per molto tempo.
L'ultimo film di David Fincher è brillante, vive di luce propria pur senza l'uso del colore, si avvale di un attore che eccelle diventando narratore della sua epopea di vita, attraverso una prospettiva disillusa del mondo dorato di Hollywood, mostrandoci il peggio e facendoci capire che non è tutto oro quello che luccica, dopotutto.
Il film della Zhao ha dalla sua, tra i lati positivi, senza dubbio un’ambientazione molto suggestiva, caratterizzata da panorami mozzafiato che Fern ci mostra nel suo giro attraverso gli Stati Uniti occidentali, esaltati dalla bellissima fotografia di Joshua James Richards, una scarna colonna sonora che non si rende memorabile e, come sopra dicevamo, una McDormand all’apice della forma (e quando non lo è stata? Direte voi. E come darvi torto? Dico io) ma possiede anche la peggiore caratteristica da associare ad un film: una sceneggiatura con pochi dialoghi e troppi silenzi che, seppur intervallati dalle magiche sequenze di affascinanti terre sconfinate, non funziona, almeno non fino alla fine.
Sorkin diventa narratore onnipresente, racconta i fatti cercando di essere il più meticoloso possibile. Arricchisce la visione con inquadrature sceniche, ravvicinate, al rallentatore, le stoppa nei punti giusti creando una pellicola mai monotona e capace di mostrarci uno scorcio di storia senza annoiare quasi mai.
Scevro da ogni giudizio King si limita solo a mostrare i fatti, a raccogliere la personale idea del protagonista, dando voce ad un pensiero fuori dal coro che fu capace di animare una delle azioni più cruente e contro natura che la storia politica ricordi. Un film complicato. Di difficile assimilazione che racconta senza intrattenere quasi mai.
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