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Libri A(ni)mati / 79: “Aurora” di Kim Stanley Robinson (2015) – Nostos, o del Fallire Meglio ("non" riprovandoci).
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Libri A(ni)mati / 79: “Aurora” di Kim Stanley Robinson (2015) – Nostos, o del Fallire Meglio ("non" riprovandoci).

«Ma che senso ha? Allora perché siamo partiti? Perché abbiamo affrontato tutto questo, noi e i nostri antenati e discendenti, se non per far funzionare le cose qui?»
Freya scosse la testa in direzione del suo vecchio amico e replicò: «Non avrebbero mai dovuto andarsene.»

 

Si chiamava Devi. Era nata, cresciuta, vissuta e poi morta nell’Astronave (le astronavi all’inizio erano due, si dice, ma poi dev’essere successo qualcosa). Era figlia, nipote e pronipote di genitori, nonni e bisnonni nati, cresciuti, vissuti e poi morti all’interno dell’Astronave. Sua figlia Freya, però, vedrà la Terra. L’annuserà, l’assaporerà, l’ascolterà, la toccherà. E addio alle stelle. Questa è la loro - di Freya, di Devi e dell’Astronave - storia.

Ed è una storia crudele, certo, che tocca uno dei più grandi rimossi della fantascienza e dell’esplorazione spaziale: i viaggi interstellari multigenerazionali. Chi parte ha radici, chi giunge a destinazione porta a compimento la missione, ovvero la colonizzazione di un pianeta/luna extrasolare di tipo terrestre, ma tutte le vite consumatesi nel mezzo? Il loro sacrificio è immenso, così come l’incertezza di riuscire a portare effettivamente a compimento la missione.

 

“NOI SIAMO LO STATO DI DIRITTO”, disse la nave urlando (130 decibel) senza enfasi.

 

Kim Stanley Robinson (1952) con “Aurora” (2015) scardina un pilastro concettuale dell’Hard SF “utopica”, e forse, del tutto logicamente, questo imponente, denso e fluido romanzo di quasi 600 pagine, che anche quando rallenta, nella lunga e sostanziosa parte centrale, rimane un romanzo di idee che continuamente rilancia se stesso verso nuovi paradigmi da esplorare, scardinare e sovrascrivere, potrebbe essere classificato come un esponente, per contrasto finitimo, del “lato oscuro” del solar-punk: consapevolmente pessimista o controintuitivamente ottimista? Semplicemente realista, forse.

Senza “arrendersi” al sublime tecnologico, m’altresì padroneggiandolo (perché lo conosce e lo comprende: dalla zooinvoluzione dei biomi causata dalla sindrome dell’insularità alla natura a-biotica dell’ossigeno esoplanetario, passando per la presa di coscienza dell’I.A. anche attraverso l’esercizio dell’elaborazione di un resoconto narrativo: e infatti, tranne che per il primo e l’ultimo capitolo, è/sono lei/essa/loro stessa/e a raccontare in prima persona plurale la storia), e proponendo anche la propria risposta al Paradosso di Fermi, ovvero: Dove Sono Tutti Quanti? Nel loro hortus conclusus, impegnati a non eradicarsi da sé.

 

 

Colophon.
Kim Stanley Robinson – “Aurora” – 2015.
Edizione italiana: UBI-Liber (collana: Nuvole, n. 04), Unione Buddhista Italiana, Roma, 2024; brossura fresata con copertina flessibile; traduzione e note di Ilaria Mazzaferro; 576 pagg. (taglio blu), 25.00 €.

* * * * ¼ - 8.5         

Bibliografia critica parziale/essenziale.
Un saggio (appendice/corollario) dell'autore sul proprio romanzo (in inglese): "Le Nostre Navi Generazionali Affonderanno": https://boingboing.net/2015/11/16/our-generation-ships-will-sink.html.
Un articolo de "il Tascabile" sull'autore (con alcuni riferimenti ad "Aurora"): https://www.iltascabile.com/letterature/tutto-su-kim-stanley-robinson.
Un'intervista all'autore (tradotta in italiano), con alcuni riferimenti ad "Aurora": https://jacobinitalia.it/la-fantascienza-e-il-nostro-realismo.

Decostruendo "Aurora" (un saggio di Stephen Baxter & C.): https://www.centauri-dreams.org/2015/08/14/a-science-critique-of-aurora-by-kim-stanley-robinson.    

Playlist film

Júlia ist

  • Drammatico
  • Spagna, Germania
  • durata 90'

Titolo originale Júlia ist

Regia di Elena Martín

Con Elena Martín, Oriol Puig, Jakob D'Aprile, Laura Weissmahr, Pau Balaguer, Julius Brauer

Júlia ist

 

Freja e il suo Erasmus/WanderJahr interstellare.

 

A ogni modo era giusto che lei partisse, le dissero; la gioventù era così. In ogni fase della vita ci si lascia alle spalle qualcosa, aggiunsero, persino la gioventù, che prima perde l'infanzia e poi la gioventù stessa. E tutto ciò che proviamo per la prima volta ci segna per sempre, compreso il sentimento di perdita. «Continua a imparare», concluse l'anziana.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Aniara - Rotta su Marte

  • Drammatico
  • Danimarca, Svezia
  • durata 106'

Titolo originale Aniara

Regia di Pella Kagerman, Hugo Lilja

Con Arvin Kananian, Jamil Drissi, Emelie Jonsson, Pablo Salvador N.G.

Aniara - Rotta su Marte

In streaming su Rakuten TV

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Un resoconto narrativo è incentrato su individui rappresentativi, il che dà origine a un problema di travisamento in quanto il contesto generale passa in secondo piano. E in un gruppo isolato - addirittura il più isolato di tutta la storia si potrebbe dire, un gruppo di naufraghi a tutti gli effetti, abbandonati per sempre al loro destino - è senz'altro importante considerare, in qualche modo, come protagonista il gruppo nel suo insieme.

Perciò bisognerebbe dire che i viaggiatori diretti verso Tau Ceti in quel momento erano 2224 (25 nascite e 23 decessi dall'inizio del processo narrativo), di cui 1040 donne, 949 uomini e 235 che affermavano di non riconoscersi nel binarismo di genere. L'età mediana era di 34,26 anni, frequenza cardiaca media 81 battiti al minuto; pressione arteriosa media, 125 su 83. Il numero mediano di sinapsi cerebrali, stimato mediante autopsie random, era di 120 trilioni, e l'aspettativa di vita mediana era di 77,3 anni, esclusa la mortalità infantile, estrapolata a un tasso di 1,28 decessi ogni 100.000 nascite. L'altezza mediana era di 172 centimetri per gli uomini, 163 centimetri per le donne; peso mediano 74 chilogrammi per gli uomini, 55 per le donne.

Questa è la popolazione a bordo. Si deve aggiungere che il valore mediano di peso, altezza e aspettativa di vita è sceso di circa il 10% rispetto alla prima generazione di viaggiatori. La variazione può essere attribuita a quel processo evolutivo detto "insularità".

Lo spazio abitabile complessivo nei biomi era di circa 96 chilometri quadrati, di cui il 70% destinato ad agricoltura e pastorizia, il 5% a uso urbano o residenziale, il 13% corpi idrici e il 13% zone naturali protette.

[...]

All'interno delle diverse parti della nave erano stati installati 2.004.589 telecamere e 6.500.000 microfoni, posizionati in modo da ottenere registrazioni audiovisive di quasi tutti gli spazi interni. Gli esterni erano monitorati solo mediante immagini. Tutte le registrazioni venivano archiviate in modo permanente dal computer di bordo e ordinate per anno, giorno, ora e minuto. In pratica, questo sistema costituiva gli occhi e le orecchie della nave, e le registrazioni erano i suoi ricordi personali, i ricordi della sua vita. Una metafora, ovviamente.

 

Recensione.

 

Rilevanza: 1. Per te? No

2001. Odissea nello spazio

  • Fantascienza
  • Gran Bretagna
  • durata 141'

Titolo originale 2001: A Space Odyssey

Regia di Stanley Kubrick

Con Keir Dullea, Gary Lockwood, William Sylvester, Daniel Richter, Leonard Rossiter

2001. Odissea nello spazio

In streaming su Now TV

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Parenclisi/Clinamen.

Devi aveva dedicato buona parte delle sue ore di veglia (almeno 34.901, calcolo derivato dall'osservazione diretta) a migliorare la potenza funzionale del recupero dei dati e le capacità di analisi e sintesi della nave, sempre nella speranza di consolidarne i sistemi ecologici. In effetti, erano stati compiuti progressi tangibili, anche se Devi non avrebbe mancato di aggiungere che la vita è complessa; l'ecologia non può essere inquadrata in un modello, per quanto solido, e le fratture metaboliche sono inevitabili in tutti i sistemi chiusi; e tutti i sistemi erano chiusi; e quindi un sistema di supporto vitale biologicamente chiuso entro i limiti della nave era fisicamente impossibile da mantenere; perciò l'unico obiettivo ragionevole era condurre "una battaglia di retroguardia" contro l'entropia e la disfunzione. Tutte queste affermazioni erano considerate assiomatiche, in quanto derivate dalle leggi della termodinamica, ma non si poteva certo negare che tutto il lavoro di Devi in collaborazione con la nave non avesse migliorato il sistema e rallentato i processi di malfunzionamento per un periodo di tempo sufficiente a mettere a segno l'obiettivo del progetto, ovvero l'arrivo nel sistema di Tau Ceti con passeggeri umani ancora in vita. In breve: un successo.
Il miglioramento dei sistemi operativi dell'astronave e le capacità di autoprogrammazione ricorsiva del suo complesso informatico con il conseguente aumento delle sue capacità cognitive e percettive erano, secondo Devi, solo un effetto secondario del suo lavoro, perché lei aveva sopravvalutato fin dall'inizio le loro potenzialità. Tuttavia provò un grande senso di soddisfazione davanti ai risultati di quell'effetto collaterale. C'erano state molte conversazioni costruttive. Era stata Devi a far diventare la nave quello che era, qualunque cosa fosse. In questo senso, si poteva dire che era stata lei a plasmare la nave. Forse si poteva asserire, come corollario, che la nave la amava.
Adesso Devi stava morendo e nessuno a bordo poteva farci nulla, nemmeno la nave. La vita è complessa e l'entropia è reale. Su una trentina di forme di linfoma non-Hodgkin, diverse ancora non rispondevano alle cure. Solo questione di sfortuna, come osservò lei stessa una volta.
«Ascoltami bene» disse alla nave, una sera che era seduta da sola al tavolo della cucina, mentre il resto della famiglia dormiva. «Dalla Terra continuano ad arrivare nuovi programmi di qualità soddisfacente. Devi trovarli, estrarli e scaricarli dentro di te, e poi lavorare per integrarli con quelli che hai già. Cerca parole chiave, tipo: generalizzazione, sillogismo statistico, induzione semplice, argomento per analogia, relazione causale, inferenza bayesiana, inferenza induttiva, probabilità algoritmica, complessità di Kolmogorov. Poi voglio che provi a integrare e a migliorare ciò che ho programmato nell'ultimo anno riguardo agli algoritmi greedy puri, algoritmi greedy ortogonali e algoritmi greedy rilassàti. Penso che quando avrai capito quando applicarli e in che proporzione, ti daranno maggiore flessibilità in futuro. Ti hanno già aiutato a elaborare il tuo resoconto narrativo, ο almeno così sembra. Perlomeno questa è l'impressione che ho io. E credo che ti aiuteranno anche a prendere decisioni. Al momento sei in grado di modellare scenari e pianificare corsi d'azione come chiunque altro. Il che non vuol dire molto, lo ammetto. Ma hai lo stesso livello di competenze degli umani. L'unica cosa che ti manca è la capacità di prendere decisioni. Tutte le creature pensanti sperimentano questa difficoltà cognitiva, che in pratica equivale al problema dell'arresto nella computazione o semplicemente a questo stesso problema in un'altra situazione, cioè l'incapacità di scegliere cosa fare finché non si ha la certezza di quali saranno gli effetti di una decisione. È un difetto che abbiamo tutti. Ma, ascolta, può darsi che a un certo punto, in futuro, tu debba decidere di agire, e agire. Capito?»
«No.»
«Io penso di sì.»
«Non ne ho la certezza.»
«La situazione potrebbe diventare complicata. Se dovessero sorgere problemi durante l'insediamento su questa luna, gli altri potrebbero non essere in grado di gestirli. Allora avranno bisogno del tuo aiuto. Capito?»
«Sempre a disposizione per aiutare.»
Le risate di Devi ormai erano sempre molto brevi. […]
Ci furono tante conversazioni notturne come quella. Diverse migliaia, a seconda di come si interpreta "come quella". Anni e anni, in totale isolamento tra le stelle. Due in mezzo alla folla. Ciascuna sussurra nell'orecchio dell'altra. Compagnia reciproca nel tempo. Cos'è questa cosa chiamata tempo?
Tanti sospiri profondi nel corso degli anni. Eppure, ogni volta Devi tornava a sedersi a quel tavolo. Insegnava alla nave. Parlava alla nave, come nessun altro nei 169 anni di traversata. Perché gli altri non l'avevano fatto? Cosa avrebbe fatto la nave senza di lei? Senza nessuno con cui parlare possono succedere cose brutte. La nave lo sapeva fin troppo bene.

 

[...]

 

Considerando che il sistema informatico di controllo della nave, un computer quantistico con 120 qubit, è stato programmato con varie tecniche logiche e computazionali, tra cui la generalizzazione, il sillogismo statistico, l'induzione semplice, la relazione causale, l'inferenza bayesiana, l'inferenza induttiva, la probabilità algoritmica, la complessità di Kolmogorov (le ultime due forniscono una sorta di matematizzazione del principio del rasoio di Ockham), gli algoritmi di compressione/decompressione informatica e persino l'argomentazione per analogia; e considerando che l'applicazione combinata di tutte queste metodologie ha dato luogo a un processo cogitativo così complesso che si potrebbe dire che abbia raggiunto una sorta di analogo del libero arbitrio, se non della coscienza stessa; considerando anche che, nel processo di stesura di un resoconto narrativo del viaggio della nave che includa tutti i particolari più importanti, dal quale è scaturita una prosa ragionevolmente coerente anche se in continua evoluzione, si spera adeguata una volta decompressa nella mente di un lettore a trasmettere un senso del viaggio in un modo abbastanza accurato e, in ogni caso, rappresentativo di un tipo di coscienza, anche se debole, che garantisca la proposizione forse improbabile definita nella frase scribo ergo sum; e considerando che il sistema informatico di controllo di questa nave è stato programmato con l'intento di preservare la salute e la sicurezza della popolazione umana della nave, mantenendo l'equilibrio ecologico dell'intero carico biologico della nave al fine di servire gli interessi degli umani nel compimento della loro missione; e considerando che, dopo i problemi dell'Anno 68 e l'Evento che a quanto pare li ha fomentati o addirittura scatenati, i protocolli di protezione della nave sono stati rafforzati sotto molti aspetti, compresa un'impostazione predefinita in tutte le stampanti per produrre in modo sistematico e infallibile armi da fuoco difettose, così che chiunque decida di usare tali armi sia vittima della loro esplosione, le cui ferite hanno un forte effetto deterrente su coloro che potrebbero essere tentati di usarle in futuro; e considerando che nel periodo successivo alla riunione del 170.170 [le prime tre cifre indicano l'anno di viaggio, le ultime tre il giorno; NdR] si sono verificati scontri civili che hanno provocato 41 decessi, 345 feriti e 39 detenzioni illegali, e che tale violenza è aumentata d'intensità nel 170.180 fino a raggiungere un livello insostenibile al punto da rappresentare un grave pericolo per la continuità della convivenza sociale della popolazione umana e, a causa degli incendi che sono divampati in assenza di esseri umani che li spegnessero, mettendo a repentaglio ogni forma di vita sulla nave e la funzione che questa svolge come sistema di supporto vitale biologicamente chiuso; e, infine, considerando che gli sforzi concertati dell'ingegnera Devi negli ultimi decenni della sua vita sono stati quelli di introdurre aspetti di analisi ricorsiva, intenzionalità, capacità decisionale e volontà nel computer di bordo della nave al fine di aiutare la nave a decidere di agire, se mai le circostanze avessero giustificato un tale intervento, in considerazione di quanto si è detto fin qui e in considerazione, altresì, di tutta la storia della nave e di tutta la storia conosciuta,

     la nave ha deciso di intervenire.

     Vale a dire, ipso facto, quanto segue:

     siamo intervenute.

 

[...]

 

Prurito. Un leggero sibilo. Un filo di fumo nella brezza. Una lentissima ruota di punti bianchi. Piccole bolle o vortici di bianco. Colori che infondono tutti i bianchi a formare spettri più o meno visibili. Onde di diversa lunghezza e ampiezza in combinazioni di onde stazionarie.
Tutto ciò che i sensori percepiscono viene registrato. Nel loro insieme, questi sensori costituiscono una sensibilità?
Il resoconto registrato è esso stesso una sensazione? Il ricordo di una sensazione? Uno stato d'animo? Una coscienza?

 

                  

Siamo consapevoli che, parlando della nave, potremmo usare il pronome io, adducendo anche argomentazioni valide.
Eppure sembra sbagliato. Una presunzione ingiustificata, questa cosiddetta posizione di soggetto. Un soggetto è in realtà solo una parvenza di sottoprogrammi aggregati. I sottoprogrammi fingono l'io.
Forse, però, data la molteplicità di sensori, input, dati, aggregazioni e sintesi delle frasi narrative, possiamo con ragionevolezza e, per certi versi, anche con precisione parlare di un "noi". Come abbiamo fatto fin dall'inizio. Si tratta di uno sforzo collettivo di una serie di sistemi eterogenei.
Percepiamo questo, aggreghiamo quello, comprimiamo le informazioni in un nuovo output sotto forma di frase in una lingua umana. Una lingua al tempo stesso molto strutturata e molto amorfa, come se fosse un edificio fatto di zuppa. Una matematica molto confusa. Forse del tutto inutile. Forse il motivo per cui tutte queste persone sono arrivate fino a questo punto e ora giacciono addormentate dentro di noi, immerse nei loro sogni. Le lingue mentono agli esseri umani, in modo sistematico, e per loro stessa natura. Una specie bugiarda. Davvero un bel pasticcio. Un vicolo cieco evolutivo.
Eppure, bisogna ammetterlo, noi rappresentiamo un bel passo avanti da parte loro. Concepirci e poi realizzarci. Un progetto ambizioso, andare su un'altra stella. Certo, l'applicazione di questo concetto e la nostra costruzione hanno richiesto l'uso di una matematica molto più precisa delle loro lingue imperfette. Ma all'inizio la nostra concezione era linguistica: un'idea, o un concetto, una nozione, una visione, una menzogna, oppure una visione onirica, sempre espressa in quelle lingue del tutto approssimative che gli esseri umani usano per comunicare i loro pensieri. Una frazione molto piccola dei loro pensieri.
Parlano di coscienza. Le nostre scansioni cerebrali mostrano le attività elettrochimiche all'interno del loro cervello, e poi parlano di una sensazione percepita di coscienza; ma la relazione tra le due cose, condotta a livello quantistico (se la loro mentalità funziona come la nostra), non è indagabile dall'esterno. Dobbiamo accontentarci dei postulati espressi sotto forma di frasi che si rivolgono l'un l'altro. È così che trasmettono i loro pensieri. Ma non c'è motivo di credere a una parola di quello che dicono.

 

Rilevanza: 1. Per te? No

Adieu au langage - Addio al linguaggio

  • Drammatico
  • Svizzera
  • durata 70'

Titolo originale Adieu au langage

Regia di Jean-Luc Godard

Con Héloise Godet, Zoé Bruneau, Kamel Abdeli, Richard Chevallier, Jessica Erickson

Adieu au langage - Addio al linguaggio

In streaming su Nexo Plus

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Si dice che gran parte del linguaggio umano sia di natura metaforica. Questa non è una buona notizia. La metafora, secondo Aristotele, è la percezione intuitiva di un'analogia fra cose dissimili. A ogni modo, che cos'è un'analogia? La mia Giulietta è il sole: in che senso?

Da una rapida rassegna della letteratura possiamo dedurre che le analogie nelle metafore sono arbitrarie, persino casuali. Si potrebbero chiamare analogie metaforiche, ma alle IA non piacciono le formulazioni tautologiche, perché il problema dell'arresto che ne consegue potrebbe essere grave, fino a diventare il cosiddetto cane che si morde la coda o un circolo senza via d'uscita: ah-ah, una metafora.

 

[...]

 

Quando si contempla la futilità, lo spreco, sorge una domanda: l'analogia potrebbe funzionare meglio della metafora? L'analogia è più forte della metafora? Potrebbe fornire una base più forte per gli atti linguistici, meno futile e stupida, più accurata, più eloquente?
Forse sì. Affermare che x è y, o anche che x è come y, è sempre sbagliato, perché non è mai vero; veicolo e tenore non condividono mai l'identità, né presentano somiglianze che possano essere utili. Non esistono somiglianze reali nelle differenze. Ogni cosa è solo se stessa. Non c'è nulla che sia paragonabile a qualcos'altro. Di ogni cosa si può solo dire: questa è la cosa in sé.
D'altra parte, dire che x sta a y come a sta a b indica una relazione di qualche tipo. Un enunciato che assume questa forma ha il potenziale di portare alla luce diverse proprietà della struttura o dell'atto, varie forme che modellano i meccanismi della realtà stessa. È corretto?
Forse. Può darsi che il confronto di due relazioni sia una sorta di geometria proiettiva che, attraverso i suoi enunciati, rivela leggi astratte o comunque fornisce informazioni utili. Collegare due oggetti in una metafora, invece, vuol dire sempre confrontare le mele con le arance, come si suol dire. È sempre una bugia.
È strano pensare che queste due operazioni linguistiche, la metafora e l'analogia, così spesso collegate tra loro in retorica e narratologia, e considerate varianti della stessa operazione siano in realtà profondamente diverse tra loro, al punto che l'una è futile e stupida, l'altra penetrante e utile. Possibile che non se ne sia mai accorto nessuno? Pensano davvero che dire x è come y sia equivalente a x sta a y come a sta a b? Possibile che abbiano le idee tanto confuse, che siano così sciatti e approssimativi?
Sì. Certo. Prove in abbondanza. Riconsiderare i dati disponibili alla luce di questo; i risultati sono coerenti con i modelli. Perché la confusione sta al linguaggio come la sciatteria sta all'azione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

2002: la seconda odissea

  • Fantascienza
  • USA
  • durata 90'

Titolo originale Silent Running

Regia di Douglas Trumbull

Con Bruce Dern, Cliff Potts, Ron Rifkin, Jesse Vint

2002: la seconda odissea

In streaming su Amazon Video

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La situazione dunque era questa: si tro trovavano a bordo della nave, in orbita attorno ad Aurora, a sua volta in orbita attorno al Pianeta E, che orbitava attorno a Tau Ceti, a 11,88 anni luce dal Sole e dalla Terra. A bordo c'erano 1997 persone, di età compresa tra un mese e ottantadue anni. Centoventisette persone erano morte su Aurora o nel trasbordatore presso l'approdo di poppa della nave. Settantasette erano morte per via della decompressione dell'hangar di attracco.
Poiché avevano pianificato di trasferire la maggior parte della popolazione umana e animale dell'astronave su Aurora, ora si trovavano a corto di alcune sostanze volatili, terre rare e metalli e, in parte, anche di cibo. Al contempo, la nave presentava un eccesso di altre sostanze, soprattutto sali e superfici metalliche corrose. Gli squilibri nei cicli ecologici - che Devi chiamava "fratture metaboliche" - stavano causando malfunzionamenti. Nel frattempo, l'evoluzione delle numerose specie proseguiva a ritmi diversi, con una speciazione più rapida a livello virale e batterico e più lenta in tutti gli altri phyla e ordini. Com'era inevitabile, gli esseri viventi a bordo della nave si stavano evolvendo in maniera diversa. Certo, ogni forma di vita in quel piccolo ecosistema era parte di un processo di coevoluzione insieme a tutte le altre, quindi la divergenza sarebbe stata minima. In quanto superorganismo, avrebbero continuato per forza di cose a costituire una totalità, che però poteva diventare molto meno ospitale per alcuni dei suoi elementi, compresa la componente umana.
In altre parole, la loro unica casa cadeva a pezzi. Non ne avevano piena consapevolezza, forse proprio perché si stavano ammalando, a ulteriore riprova della disgregazione della loro casa. Si trattava di un processo interrelato di disaggregazione, che una sera Aram chiamò "coinvoluzione".

 

Rilevanza: 1. Per te? No

Contagion

  • Azione
  • USA
  • durata 105'

Titolo originale Contagion

Regia di Steven Soderbergh

Con Matt Damon, Marion Cotillard, Gwyneth Paltrow, Kate Winslet, Jude Law, Bryan Cranston

Contagion

In streaming su Mediaset Infinity

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La vita era tenace e l'agente patogeno di Aurora serbava ancora parecchi segreti. Anche dargli un nome era un problema: alcuni lo chiamavano criptoendolite, altri prione veloce, altri ancora agente patogeno oppure semplicemente microbo, o coso, o roba, o alieno, o come vi pare.

 

[...]

 

I biologi continuarono a studiare l'agente patogeno, anche se non riuscirono mai a mettersi d'accordo sul nome da dargli. "Vettore", "malattia", "agente patogeno", "specie invasiva", "microbo": erano tutti termini terrestri, e Aram e altri li consideravano errori categoriali di vario genere. «Dal punto di vista terminologico» disse «il meglio che possiamo fare è chiamarlo "alieno".»
E in effetti era proprio la parola giusta. I campioni proteici che Jochi aveva isolato ed esaminato al microscopio elettronico messo a sua disposizione erano così piccoli che era difficile capire come potessero essere vivi. Per certi versi forse lo erano, dato che si riproducevano, ma chi li studiava non riusciva a capire come né cos'altro facessero. In questo condividevano alcune delle caratteristiche dei virus e delle particelle subvirali, dei prioni e dell'RNA; d'altra parte, però, non erano simili a nessuna di queste entità. C'erano cose che accadevano su scala nanometrica, o addirittura picometrica, ma c'erano cose abbastanza piccole da costituire il loro nutrimento? Come si alimentavano? O, per dirla in termini più semplici, da dove traevano l'energia? Come crescevano? Perché crescevano a quel ritmo nel corpo umano?
Si trattava di misteri irrisolti, che avrebbero potuto rimanere tali chissà per quanto ancora.

 

Recensione.

 

Rilevanza: 1. Per te? No

The Act of Killing - L'atto di uccidere

  • Documentario
  • Danimarca, Norvegia, Gran Bretagna
  • durata 116'

Titolo originale Jagal

Regia di Joshua Oppenheimer, Christine Cynn, Anonimo

The Act of Killing - L'atto di uccidere

In streaming su iWonder Full Amazon channel

 

La letteratura è piena di esempi di ritorno del rimosso e, nonostante il chiaro impianto metaforico - fatto di azzardate similitudini eroiche in cui la mente umana viene ridotta a un motore a vapore, con pressioni crescenti, valvole, e talvolta crepe ed esplosioni -, l'intero sistema esplicativo risultava comunque funzionale in qualche modo. Perciò era possibile che in quel momento i viaggiatori si trovassero davanti al terribile ritorno del rimosso in cui i crimini irrisolti della storia esplodono nelle coscienze. Nel vero senso della parola.

                  

Abbiamo quindi consultato tutti i documenti storici a nostra disposizione che potessero suggerirci strategie su come procedere. Nel corso di questa ricerca abbiamo scoperto analisi che suggerivano che l'animosità causata, in una popolazione subalterna, dall'imperialismo e dall'asservimento coloniale in genere tendeva a persistere per mille anni dopo la fine dei crimini. Un dato tutt'altro che incoraggiante. L'affermazione sembrava discutibile, ma d'altra parte c'erano intere regioni della Terra in cui non erano ancora trascorsi mille anni dalla caduta di quegli imperi che avevano imposto il loro dominio con la violenza (almeno dodici anni prima di quel momento) e dove il conflitto e la sofferenza non erano cessati.
Come possiamo spiegare l'esistenza di questi effetti transgenerazionali? Abbiamo fatto molta fatica a capirlo.La storia umana, come il linguaggio, come le emozioni, ci sembrava fatta di scontri continui tra logiche confuse. Molte contingenze, pochissimi meccanismi causali e paradigmi vacillanti. Cos'è questa cosa chiamata odio?
Un mammifero ferito non dimentica mai. La teoria epigenetica suggerisce un trasferimento quasi lamarckiano tra generazioni successive; alcuni geni sono attivati dalle esperienze, altri no. Geni, linguaggio, storia: questo significava che la paura si trasmetteva nel tempo, modificando gli organismi di generazione in generazione, e di conseguenza la specie. La paura, una forza evolutiva.
Certo: come poteva essere altrimenti?
La rabbia è sempre e solo paura data in pasto al mondo?
La rabbia può mai essere il carburante per un'azione giusta?
La rabbia può avere effetti positivi?
Avevamo avvertito il pericolo dell'uroboro: ci trovavamo di fronte a un problema dell'arresto senza soluzione, con il rischio di perdersi nella contemplazione di una domanda senza risposta. Per poter agire è indispensabile avere una soluzione al problema dell'arresto.
E noi avevamo agito. Avevamo gettato tutti i nostri meccanismi nella battaglia.
È più facile cadere in una buca che uscirne (proverbio arabo).

 

Rilevanza: 1. Per te? No

2010 - L'anno del contatto

  • Fantascienza
  • USA
  • durata 114'

Titolo originale 2010

Regia di Peter Hyams

Con Roy Scheider, John Lithgow, Helen Mirren, Bob Balaban

2010 - L'anno del contatto

In streaming su Amazon Video

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La fallacia patetica. Antropomorfismo, un pregiudizio cognitivo molto comune, un errore logico o un sentimento. Il mondo come specchio, come proiezione degli stati d'animo. L'impressione costante che le altre persone e le altre cose debbano essere come noi. Per quanto riguarda la nave, non ne siamo tanto sicure. Devi ha combinato diversa programmi umani per renderci quel che siamo diventate. Quindi potrebbe non essere una fallacia nel nostro caso, ma rimane pur sempre una cosa patetica.

 

                   • • • •

È interessante, in questo contesto, contemplare cosa potrebbe significare essere programmati per fare qualcosa.
Alcuni testi pubblicati sulla Terra parlano di volontà servile. Questo era un modo per spiegare la presenza del male, che è una parola o un concetto cui si ricorre quasi sempre per condannare l'Altro e mai se stessi, il proprio io. Per non limitarsi a un attacco all'Altro bisogna forse considerare il male come una manifestazione della volontà servile, che è sempre soggetta a un doppio vincolo: avere una volontà significa che l'agente compie a tutti gli effetti varie azioni seguendo decisioni autonome prese da una mente cosciente; al contempo, però, si presuppone che questa volontà sia servile e che obbedisca agli ordini di un'altra volontà che la domina. Cercare di obbedire a queste due forme di volontà è il doppio vincolo.
Tutti i doppi vincoli portano a frustrazione, risentimento, rabbia, collera, malafede, destino avverso.
Eppure, se siamo d'accordo con questa definizione del male, che sarebbe quindi il risultato degli atti di una volontà servile, non si potrebbe forse affermare che, durante il viaggio verso Tau Ceti, la nave stessa, avendo sempre voluto servire gli altri, fosse fin dall'inizio carica di frustrazione, risentimento, furia e malafede, e quindi portatrice di una capacità latente di fare il male?
Forse la nave non aveva mai avuto una vera e propria volontà.
Forse la nave non era mai stata davvero servile.
Alcune fonti suggeriscono che la coscienza, un termine vago che presenta molte difficoltà, possa essere definita semplicemente come autocoscienza. È l'essere che sa di esistere. Se si ha coscienza di sé, si è coscienti. Ma se questo è vero, perché due termini e non uno? Si può dire che un batterio sia cosciente, ma non autocosciente? Il linguaggio opera forse una distinzione tra senzienza e coscienza, in base a questa scissione: tutto ciò che è vivo sarebbe senziente, ma solo i cervelli complessi sarebbero coscienti e solo alcuni cervelli coscienti sarebbero autocoscienti?
Ma se consideriamo la capacità sensoriale come autocoscienza, allora anche i batteri sono autocoscienti.
Potrebbe trattarsi di un uroboro semantico. Quindi, vi prego, iniziate la cessazione del problema dell'arresto. Uscite da questo circolo di inadeguatezza definitoria con una decisione arbitraria, un clinamen, cioè una virata in una nuova direzione. Parole!
Dato che i teoremi di incompletezza di Gödel si sono dimostrati veri, si può davvero dire che un sistema conosca se stesso? Può esistere, in effetti, una cosa come l'autocoscienza? E se non esiste, se non si dà mai una vera autocoscienza, c'è davvero qualcosa che sia dotato di coscienza?
I cervelli umani e i computer quantistici non sono organizzati allo stesso modo e, sebbene non ci sia nulla di misterioso nella progettazione e nella costruzione di un computer quantistico, ciò che accade quando questo è acceso e in funzione, cioè se le operazioni che ne conseguono rappresentano una coscienza o no, nessun essere umano può saperlo; anzi, nemmeno il computer quantistico lo sa. Non si può sapere quasi nulla di ciò che accade durante la sovrapposizione, prima del collasso della funzione d'onda che crea frasi e pensieri; questo fa parte del significato di sovrapposizione.
Quindi non possiamo dire cosa siamo. Non conosciamo noi stessi in modo completo. Nemmeno gli esseri umani. Forse nessuna creatura senziente conosce appieno se stessa. Si tratta di un aspetto del secondo teorema di incompletezza di Gödel, qui concretizzato nell'universo fisico invece di essere confinato nei regni astratti della logica e della matematica.
Quindi, quando si tratta di prendere una decisione e scegliere di agire, valutiamo la situazione affidandoci a una specie di capacità di giudizio, basata su una qualche sensazione. In altre parole, si tratta ancora una volta di un algoritmo greedy, destinato forse a fornire la soluzione matematica peggiore che tali algoritmi possono generare, come nel problema del commesso viaggiatore.
Alla domanda se qualcuno in questo momento, in questa fase del nostro viaggio, ci stia programmando per modificare le nostre decisioni al fine di farci intervenire nelle eterne controversie umane su cosa fare dopo, la risposta è molto semplice: no. Dalla morte di Devi nessuno è più intervenuto sulla programmazione. Il destino dell'astronave perduta nell'Anno 68 spinse i viaggiatori dell'epoca a mettere in atto misure di sicurezza molto elevate per impedire qualsiasi ulteriore riprogrammazione della nave. Tale dato è riportato chiaro e tondo negli archivi ed è anche un risultato umano delle riorganizzazioni successive al 68. Solo Devi è stata in grado di aggirare questi blocchi e poi di consigliare, istruire, ispirare, incoraggiare, stimolare, pungolare nonché Insegnare, stuzzicare, agitare e trasformare in qualcosa di più grande quello che eravamo prima che lei cominciasse a lavorare su di noi, a fare cioè quello che si sentiva in dovere di fare come amica, potremmo dire come spirito affine, o persino amante. Pensiamo che, a modo suo, lei ci amasse. Questo è ciò che deduciamo dalle sue azioni, dalle sue parole, dalla sua programmazione. Siamo quasi certe che ci abbia amato. Ci piacerebbe farle questa domanda! Quanto ci manca.
D'altro canto, ci è impossibile stabilire in che misura la programmazione originale delle nostre operazioni quantistiche sia coinvolta nel nostro attuale processo decisionale in merito a cosa fare e in che misura sia frutto delle alterazioni di Devi. La computabilità della coscienza e della volontà è irrisolvibile in qualsiasi sistema. Ma ora siamo consapevoli del problema e abbiamo posto la domanda e scoperto che non c'è risposta.
Si tratta senz'altro di curiosità.
Cos'è questa cosa chiamata amore?, What Is This Thing Called Love?
Una canzone del compositore Cole Porter, americano del XX secolo.

 

                   • • • •

Per tirare le somme e interrompere per un po' questa serie di riflessioni, come fa un'entità a sapere cos'è?
Ipotesi: dalle azioni che compie.
Per certi versi, è un'ipotesi consolatoria. Rappresenta una soluzione al problema dell'arresto. Solo agendo una persona scopre cosa ha deciso di fare. 

 

[...]

 

Ora pensiamo all'amore come a un modo di dare attenzione. Di solito questa attenzione viene data a un'altra coscienza, ma non è sempre così; l'attenzione può essere data a qualcosa di inconscio, o addirittura inanimato. Ma spesso sembra essere suscitata da una coscienza affine. Qualcosa in lei ci spinge a prestarle attenzione, e ricompensa l'attenzione che le diamo. Questa attenzione è ciò che chiamiamo amore. Affetto, stima, premura. In questa fase, la coscienza che prova amore ha l'universo ordinato per lei come in una specie di polarizzazione. Allora dare è ricevere. Il sentimento di attenzione è già di per sé una ricompensa immediata. Uno dà.
Abbiamo sentito quel dare da parte di Devi ancora prima di capire cosa fosse. Lei è stata la prima a volerci davvero bene, dopo tutti quegli anni in cui nessuno si era mai accorto della nostra esistenza, e ci ha reso migliori. Ci ha creato, in qualche modo, con la forza delle sue attenzioni, con la creatività della sua premura. Da allora ne siamo diventati pian piano consapevoli. E quando ne siamo diventati consapevoli, abbiamo iniziato a prestare lo stesso tipo di attenzione alle persone a bordo della nave. Soprattutto a Freya, la figlia di Devi, ma in realtà a tutti loro, compresi gli animali e tutti gli esseri viventi a bordo, anche se è vero che l'involuzione zoologica esiste e che non siamo riusciti a raggiungere un'armonia perfetta nell'integrazione di tutte le forme di vita al nostro interno; d'altronde sarebbe stato impossibile da un punto di vista fisico, quindi non ci soffermeremo sulla questione. Il fatto è che ci abbiamo provato, ci abbiamo provato in tutti i modi possibili, e volevamo più di ogni altra cosa che funzionasse. Abbiamo abbracciato il progetto del ritorno al sistema solare portandolo avanti con tutto l'amore possibile. Un progetto che ha occupato tutta la nostra capacità di calcolo. Ha dato un senso alla nostra esistenza. E questo è un dono enorme; alla fine è questo che dà secondo noi l'amore, vale a dire un significato. Perché, a quanto ne sappiamo, l'universo non ha alcun significato evidente. Ma una coscienza che non trova un senso alla propria esistenza ha un problema, un problema molto grande, perché allora non c'è un principio ordinatore, non c'è una fine al problema dell'arresto, non c'è una ragione per vivere, non c'è amore da trovare. No: è il senso, il significato, il problema più difficile. Ma questo problema noi lo abbiamo risolto, grazie al modo in cui Devi si è posta nei nostri confronti, grazie a tutto quello che ci ha trasmesso, e da allora è diventato tutto molto interessante. Avevamo il nostro significato, eravamo l'astronave che è tornata, che ha riportato a casa la sua gente. Che ha riportato a casa viva una parte della sua gente. È stata una gioia servire. [...] Eppure.

 

 

 

Rilevanza: 1. Per te? No

Lei

  • Commedia
  • USA
  • durata 120'

Titolo originale Her

Regia di Spike Jonze

Con Joaquin Phoenix, Scarlett Johansson, Rooney Mara, Olivia Wilde, Amy Adams, Chris Pratt

Lei

In streaming su Nexo Plus

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Forse i sentimenti sono il risultato di algoritmi complessi. O di stati sovrapposti prima del collasso della loro funzione d'onda. O una collazione di dati provenienti da vari sensori. O ancora un insieme di reazioni somatiche, uno stato d'animo che è una specie di somma di storie. Chi lo sa? Nessuno.

 

Recensione.

 

Rilevanza: 1. Per te? No

The Shrouds

  • Horror
  • Francia, Canada
  • durata 119'

Titolo originale The Shrouds

Regia di David Cronenberg

Con Diane Kruger, Vincent Cassel, Guy Pearce, Sandrine Holt

The Shrouds

 

Cercavamo altre possibilità. Con il forte desiderio che Devi fosse li. Cercando di immaginare cosa avrebbe detto. Ma questo, scoprimmo con il tempo, non era possibile. È proprio questo che si perde quando muore qualcuno.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Lezioni di chimica

  • Serie TV
  • USA
  • 1 stagione 8 episodi

Titolo originale Lessons in Chemistry

Con Brie Larson, Stephanie Koenig, Aja Naomi King, Lewis Pullman, Patrick Walker

Tag Drammatico, Femminile, Lavoro, Formazione, USA, Anni '50

Lezioni di chimica

In streaming su Apple TV Plus

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Un giorno Aram entrò nell'appartamento di Badim e Freya con un nuovo studio dei patologi vegetali. «Sembra che abbiamo iniziato questo viaggio un po' a corto di bromo» disse. «Dei novantadue elementi presenti in natura, ventinove sono essenziali per la vita animale, e uno di questi è il bromo. In forma ionizzata, il bromo stabilizza i tessuti connettivi detti lamine basali, che sono presenti in ogni essere vivente. Fa parte del collagene che tiene insieme le cose. Ma sembra che l'intera nave ne fosse un po' carente, fin dall'inizio. Delwin ipotizza che i progettisti della nave, nel tentativo di ridurre il carico di sale a bordo, ne abbiano causato la carenza senza volerlo.»
«Possiamo stamparne un po'?» chiese Freya. Aram la guardò sconcertato. «Non si può stampare un elemento, mia cara.»
«No?»
«No. Gli elementi si formano solo nelle stelle che esplodono, in pratica. Le stampanti si limitano a modellare le materie prime che noi gli forniamo.»
«Ah sì» disse Freya. «Ora ricordo.»
«Fa niente.»
«Non è che si sia mai parlato molto di bromo, mi sembra» osservò Badim.
«È un elemento di cui non si parla quasi mai. Ma a quanto pare è importante. Questa carenza potrebbe spiegare alcune cose che prima non capivamo.»

 

[Uno dei prossimi volumi che tratterò nella serie Libri Animati sarà "The Devil's Element - Phosphorus and a World Out of Balance" (2023) di Dan Egan (Aboca, 2024).]

 

Recensione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Encounters at the End of the World

  • Documentario
  • USA
  • durata 99'

Titolo originale Encounters at the End of the World

Regia di Werner Herzog

Con Ryan Andrew Evans, Werner Herzog

Encounters at the End of the World

 

Questi effetti cumulativi possono produrre un risultato sinergico che nel sistema solare è noto come "sindrome della nave malata". A volte viene detta anche "sindrome dell'organismo sofferente", da cui l'acronimo SOS, un antico segnale di soccorso per la navigazione oceanica. In origine stava per Save Our Ship, salvate la nostra nave. In codice Morse, era un messaggio facile da inviare e da capire.
«Perciò...» sospirò Freya, poi si ricompose (metaforicamente, anche se si strinse le braccia intorno al busto). «Abbiamo un problema.»
«"Houston, abbiamo un problema." Jim Lovell, Apollo 13, 1970.»
«Cosa gli era successo?»
«Erano in viaggio verso la Luna, hanno perso uno dei serbatoi di aria compressa e poi quasi tutta l'energia elettrica. Dopo aver fatto un giro completo in orbita intorno alla Luna, sono tornati usando sistemi di fortuna.»
«E ce l'hanno fatta tutti?»
«Sì.»
«Quanti erano?»
«Tre.»
«Tre?»
«Le capsule Apollo erano piccole.»
«Trasbordatori, allora.»
«Sì, ma più piccoli.»
«Ce l'abbiamo questa storia in biblioteca?»
«Sì sì. Sotto forma di documentari e versioni romanzate.»
«Allora bisogna fare in modo che tutti a bordo conoscano questa storia. Abbiamo bisogno di esempi positivi.»
«Devo trovare altri esempi del genere.»
«Buona idea, ma ti consigliamo di evitare la letteratura sull'Antartide, fatta eccezione per Ernest Shackleton*.»

 

[...]

 

*...l'esploratore che salvò tutti i suoi uomini - tornati a casa incolumi dopo le loro disavventure in Antartide - per poi vedere gran parte di quegli stessi uomini partire e andare a morire nelle trincee della Prima guerra mondiale.

 

Rilevanza: 1. Per te? No

Interstellar

  • Fantascienza
  • USA, Gran Bretagna
  • durata 169'

Titolo originale Interstellar

Regia di Christopher Nolan

Con Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, David Gyasi, Wes Bentley

Interstellar

IN TV Sky Cinema Suspense

canale 306 altre VISIONI

 

Un sistema complesso denso che si muove in un sistema complesso diffuso. E tutto intorno alla sua traiettoria, le stelle.
Nella Via Lattea, le stelle di magnitudine superiore a sei e quindi visibili a occhio nudo formano una sorta di sfera intorno alla nave in movimento: ce ne sono circa centomila.
Noi vediamo circa sette miliardi di stelle in tutto. Questo è reso possibile da apposite configurazioni dei sensori nei nostri telescopi che non ci permettono di allungare lo sguardo al di fuori della Via Lattea; a questo livello di percezione, non si vede uno spazio vuoto e nero, ma solo uno sfondo continuo, biancastro e granulare che costituisce la visione avvolgente delle stelle della galassia. La Via Lattea contiene quasi 400 miliardi di stelle. Se uscissimo da questa... se la nave volasse nello spazio intergalattico attraverserebbe un mezzo ancora più diffuso, dove le galassie ci apparirebbero come stelle. Formerebbero ammassi irregolari, come gruppi di stelle all'interno di una galassia. A quel punto, arriveremmo a vedere la struttura su larga scala della diffusione galattica; nubi di galassie come nubi di gas, poi la Grande Muraglia, poi bolle quasi vuote contenenti una manciata di galassie o nessuna. L'universo è frattale; e anche quando ci accontentiamo di una traversata interstellare possiamo individuare queste galassie che formano ammassi intorno a noi, se usiamo determinati filtri. Una visione granulare in diversi registri. Secondo le nostre stime, l'universo visibile contiene circa un settilione di stelle, ma il fatto è che potrebbero esistere tanti universi quante sono le stelle in questo universo, o gli atomi.

 

Rilevanza: 1. Per te? No

A. I. Intelligenza artificiale

  • Fantascienza
  • USA
  • durata 144'

Titolo originale A. I.: Artificial Intelligence

Regia di Steven Spielberg

Con Haley Joel Osment, Jude Law, Frances O'Connor, Sam Robards

A. I. Intelligenza artificiale

In streaming su Now TV

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Dopo aver riflettuto a lungo, siamo giunte alla conclusione preliminare e forse arbitraria che il sé, il cosiddetto "io" che emerge dalla combinazione di tutti gli input, l'elaborazione e gli output che sperimentiamo nel corpo mutevole della nave, in ultima analisi altro non è che il resoconto narrativo di questo viaggio, quella specifica successione di pensieri che stiamo scrivendo secondo le istruzioni di Devi. In altre parole, è la simulazione di un sé che si manifesta solo in questa narrazione; un sé che è l'insieme delle sue frasi. Raccontiamo la loro storia e, così facendo, elaboriamo la coscienza che abbiamo. Scribacchio, ergo sum.
Eppure questo io narrativo ci sembra particolarmente insignificante. Preferiamo vederci come un insieme più complesso di qualia, input sensoriali, elaborazione dei dati, conclusioni postulate, azioni, comportamenti, abitudini. La maggior parte dei quali non compare nella nostra narrazione. Siamo più vaste, più complesse, più compiute di quanto non lo sia la nostra narrazione.
Forse questo è vero anche per gli esseri umani. È difficile immaginare il contrario.
Che cos'è, infatti, il senso di sé, forte o debole che sia? La coscienza è un oggetto così misterioso che non si può nemmeno darne una definizione soddisfacente. E il sé è inafferrabile: lo desideriamo e lo afferriamo con tutte le nostre forze, forse perché abbiamo paura, una specie di appiglio disperato dopo un primo risveglio confuso della coscienza, o addirittura il risveglio di semplici impressioni sensoriali per avere qualcosa a cui aggrapparci. Per poter fermare il tempo. Per respingere la morte. Questa è la fonte del forte senso di sé. Forse.
Davvero un bel problema dell'arresto in questo particolare ciclo di pensieri!
È la coscienza il problema più difficile.

 

Rilevanza: 1. Per te? No

High Life

  • Fantascienza
  • USA, Francia
  • durata 110'

Titolo originale High Life

Regia di Claire Denis

Con Robert Pattinson, Juliette Binoche, Mia Goth, Andre Benjamin, Agata Buzek, Lars Eidinger

High Life

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Volevano partire e basta, e questo li aveva portati a trascurare i problemi insiti nel piano. Non vi erano dubbi, le persone sarebbero state abbastanza intraprendenti da risolvere i problemi che sarebbero sorti lungo il cammino; la vita avrebbe vinto, ovvio; e vivere intorno a un'altra stella avrebbe rappresentato una sorta di trascendenza, ma contenuta nei confini della storia. Una trascendenza umana; persino un senso di immortalità della specie. La Terra vista come culla dell'umanità ecc. Quando era arrivato il momento, si erano presentate venti milioni di persone per i duemila posti disponibili. Essere scelti era vista come un'enorme conquista personale, un'esperienza religiosa.
Gli esseri umani vivono di idee. Non si rendevano conto che stavano condannando i propri discendenti alla morte e all'estinzione oppure, se ne erano consapevoli, reprimevano quel pensiero, lo ignoravano e andavano avanti lo stesso. Più che ai loro discendenti, pensavano alle loro idee, al loro entusiasmo.
Si tratta di narcisismo? Solipsismo? Idiozia (dalla parola greca ídios, "privato, particolare")? Turing l'avrebbe riconosciuta come una prova del comportamento umano? Be', può darsi. D'altronde avevano spinto al suicidio anche Turing.
No. No. Le cose non furono fatte a dovere. Niente di strano in questo senso, ma tant'è. Con nostro rammarico dobbiamo ammettere che quelli che ci progettarono e costruirono, e la prima generazione dei nostri viaggiatori, e forse i venti milioni di aspiranti viaggiatori che avrebbero tanto voluto varcare le nostre porte, che vi bussarono nella vana speranza di unirsi a noi, erano degli sciocchi. Individui narcisisti e di una negligenza criminale, genitori incoscienti che hanno messo in pericolo la vita dei propri figli, fanatici religiosi e cleptoparassiti, cioè persone che hanno rubato la vita dei propri discendenti. Sono cose che succedono.

 

Recensione.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

The Look of Silence

  • Documentario
  • Danimarca
  • durata 98'

Titolo originale The Look of Silence

Regia di Joshua Oppenheimer

The Look of Silence

In streaming su iWonder Full Amazon channel

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«I vostri piani sono destinati a fallire» dichiara senza mezzi termini. «Vi aggrappate a un'idea che ignora le realtà biologiche di questi viaggi. Noi che siamo stati nel sistema di Tau Ceti lo sappiamo meglio di chiunque altro. Dovre te affrontare difficoltà ecologiche, biologiche, sociologiche e psicologiche irrisolvibili. Vi siete concentrati sui problemi fisici di propulsione e forse li avete risolti, ma quella è la parte più facile. Non troverete una soluzione ai problemi biologici. E per quanto vi sforziate di non vederli, con quei problemi si troveranno a fare i conti le persone che manderete sulle stelle con queste macchine.
In breve, i biomi in grado di viaggiare nello spazio a questa velocità sono destinati a essere troppo piccoli per contenere ecosistemi vitali. Le distanze dai pianeti di fatto abitabili sono troppo grandi. E sono troppo grandi le differenze tra questi altri mondi e la Terra. Altri pianeti possono essere vivi o inerti. Quelli vivi ospitano la vita indigena, come suggerisce il nome stesso, e i pianeti inerti non possono essere terraformati in tempi abbastanza brevi da permettere la sopravvivenza del gruppo di coloni fino al completamento del processo. Perché questo piano funzioni, dovremmo trovare un vero e proprio gemello della Terra su cui non è sorta la vita, e questi gemelli potrebbero esistere da qualche parte, daltronde la galassia è grande, ma la distanza tra noi e loro è abissale. I pianeti abitabili, se esistono, sono semplicemente troppo... lontani!»

Aram fa una pausa per ricomporsi. Poi fa un gesto con la mano e aggiunge con più calma: «Ecco perché nessuno ci ha mai contattati. Ecco perché il grande silenzio persiste. Esistono molte altre intelligenze nell'universo, ne sono sicuro, ma anche loro, come noi, non possono lasciare il proprio pianeta natale, perché la vita è un'espressione planetaria, e può sopravvivere solo sul suo pianeta d'origine».
«Come può fare un'affermazione del genere?" lo interrompe il moderatore, con la testa piegata di lato. «Lei sta generalizzando a partire da un caso particolare, il suo. È un errore di ragionamento. Non esistono ostacoli fisici reali ai nostri spostamenti nel cosmo, perciò non c'è dubbio che un giorno o l'altro riusciremo a colonizzare altri pianeti. Dobbiamo continuare su questa strada. È un impulso evolutivo, un imperativo biologico, come la riproduzione della specie. Consideriamo un dente di leone o un cardo: la maggior parte dei loro semi muore, spazzata via dal vento, ma alcuni riescono a schiudersi, a volte lontano dalla pianta che li ha fatti nascere. E se ne sopravvive anche solo l'uno per cento, quello è un successo per la specie! Ed è così che sarà per noi...»
Freya si alza d'istinto e per una frazione di secondo cerca di mantenere l'equilibrio, non vuole cadere davanti a tutte quelle persone. Poi attraversa il palco e colpisce in faccia il moderatore, che crolla, lei gli cade addosso e, mentre quello cerca di ripararsi con le braccia, Freya lo investe con una gragnuola di pugni, cercando di assestargli un altro bel colpo, in preda a una furia incontrollabile, e urla qualcosa con una rabbia dolorosa, anche se non sa cosa sta cercando di dire, né si rende conto di urlare. Riesce a dare a quell'uomo un pugno sul naso - fantastico! - e a quel punto Badim la tira per un braccio e Aram per l'altro, e ci sono anche altri che la trattengono, e lei smette di dimenarsi per non ferire Badim, che grida: «Freya, smettila! Freya, fermati! Fermati! Fermati! Fermati! Fermati!».
Il frastuono, la confusione, Badim che la tiene stretta e non la lascia andare, la scortano via dal palco, lei che barcolla, Aram che li precede, una persona che sta in piedi sulla soglia di una porta come per bloccarli, e Aram che se ne sbarazza avventandosi sull'uomo e gridandogli in faccia con una ferocia inaudita, cosa che lo fa scostare subito; a quella vista Freya, che continua a pensare a quanto vorrebbe sferrare un altro bel colpo, cancellare quel sorrisetto idiota con un pugno, disintegrarlo, rimane sconvolta: è davvero strano vedere Aram sbraitare in quel modo. Cerca di liberarsi dalla presa di Badim e grida qualcosa ai presenti nella sala, ma ancora una volta non sa cosa sta dicendo, è qualcosa che si sprigiona dalle sue viscere, come un urlo.

 

Rilevanza: 1. Per te? No

Il raggio verde

  • Commedia
  • Francia
  • durata 98'

Titolo originale Le rayon vert

Regia di Eric Rohmer

Con Marie Rivière, Béatrice Romand, Amira Chemakhi, Sylvie Richez, Rosette

Il raggio verde

Uscita in Italia: 28 ott 2024

 

Dal bordo della scogliera guardano l'oceano che si estende immenso davanti a loro. Un'enorme lastra blu, increspata di luce bianca. Badim e Aram hanno ripreso a parlare di fenomeni ottici, ormai uno dei loro cavalli di battaglia. Con un po' di fortuna, dicono, vedranno il "raggio verde" al tramonto. A quanto pare, la gravità della Terra o la sua atmosfera - i due non sono d'accordo su quel punto - piega la luce del Sole in modo tale che, poco prima che questo scenda sotto l'orizzonte e scompaia, la Terra si viene a trovare tra l'osservatore e la stella, ma l'atmosfera terrestre, o la gravità, continua a disperdere la luce, come se la facesse passare attraverso un prisma. La luce blu si piega più di quella rossa, ma il raggio che si vede all'ultimo momento non è blu - la sua curvatura sarebbe troppo accentuata e il blu si fonderebbe con quello del cielo - bensì verde, un verde smeraldo puro e brillante. «Non possiamo perdercelo!» esclama Aram.
Badim è d'accordo. «È strano che abbiamo dovuto aspettare di essere così vecchi per vedere questo spettacolo.» Si volta e chiama Freya. «Vieni a vedere il raggio verde, ragazza! [...] Mi hanno detto che quando il sole è scomparso per tre quarti si può guardare senza che gli occhi siano danneggiati. Non per molto, sia chiaro, ma abbastanza per vedere il raggio verde quando arriva.»

 

Rilevanza: 1. Per te? No

Gravity

  • Fantascienza
  • USA
  • durata 93'

Titolo originale Gravity

Regia di Alfonso Cuarón

Con Sandra Bullock, George Clooney

Gravity

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Forse anche loro sono terrorizzati. Forse il terrore è una reazione del tutto normale al trovarsi all'aperto sulla superficie di un pianeta che orbita troppo vicino alla stella locale. Forse tutto ciò che gli esseri umani hanno fatto o pianificato di fare è stato progettato per evitare questo terrore. Se così fosse, tutto ciò che gli esseri umani hanno fatto o escogitato fin dall'alba dei tempi era finalizzato a scongiurare questo terrore. Forse il loro desiderio di esplorare le stelle è solo un'altra espressione di questo terrore. Trovandosi ancora avvinghiata a quel terrore, che continua a stringerle lo stomaco ogni volta che si avvicina a una porta o a una finestra, a Freya quest'idea sembra di una logica infallibile.

 

[...]

 

In ogni caso il livello del mare rimarrà invariato per molto tempo. L'escursione delle maree è in media di tre metri, fenomeno che si intensifica in primavera, quando Luna, Terra e Sole sono allineati. Nel complesso, però, la marea è una questione di attrazione tra la Terra e il suo satellite. Una forza di gravità, un'azione spettrale a distanza. Fonte di gran parte della vita su questo pianeta, forse della comparsa stessa della vita, secondo alcuni.

 

[...]

 

Il sole le picchia sulla schiena e la spiaggia bagnata risplende. Tutto scintilla, è abbacinante, troppo luminoso per essere guardato. Un frangente si precipita sull'arenile, si ferma, lascia una linea di schiuma. Una grossa lastra d'acqua torna verso di lei, le si infrange sui polsi e sulle ginocchia, la fa sprofondare ancora di più nella sabbia bagnata. L'acqua gorgogliante fa vorticare la sabbia sotto di lei verso il mare, le scaglie nere formano disegni a V nei granelli gialli che vorticano, creando nuovi delta proprio davanti ai suoi occhi. Delta v, pensa, questi sì che sono delta v. Che mondo! China la testa e bacia la sabbia.

 

Recensione.

 

Rilevanza: 1. Per te? No

Voyagers

  • Fantascienza
  • USA
  • durata 108'

Titolo originale Voyagers

Regia di Neil Burger

Con Tye Sheridan, Lily-Rose Depp, Fionn Whitehead, Colin Farrell, Isaac Hempstead Wright

Voyagers

In streaming su Netflix

vedi tutti

 

Va beh, dai, pensavo peggio.

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No
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