Luc Besson oggi compie 65 anni e quindi, come per altri registi, anche per lui ho deciso di spararmi una maratona in cui rivedere tutti i suoi lungometraggi cinematografici di finzione (e recuperare quelli che ancora mi mancavano) per poi costruire una delle mie solite retrospettive-omaggio. A differenza di altri autori, però, Besson ha influenzato molto meno il mio Gusto cinefilo, quindi l'introduzione a questa playlist sarà molto più stringata del solito. Con una carriera decisamente eclettica, che spazia dal post-apocalittico al fantasy per pubblico (pre)adolescenziale passando per (molto) thriller-action-noir e fantascienza, senza disdegnare epica in costume e commedia sentimentale, il cinema bessoniano ha regalato alcune Opere decisamente influenti nel panorama cinematografico contemporaneo, soprattutto post-anni '90, tra cui in primis "Léon" e "Nikita". La sua filmografia è però anche costellata da diverse cadute, con momenti di abbandono da parte della critica e del pubblico. Personalmente, reputo lo stile di Besson capace tanto di trovate accattivanti (soprattutto in diversi raccordi di montaggio) e di sapiente costruzione della tensione quanto di derive retoriche, infantiliste e banalotte, per non parlare di qualche stereotipo qua e là. Gli va riconosciuta però una certa dose di coraggio e desiderio di sperimentare senza fossilizzarsi su un preciso genere (come poteva essere il Noir-Action, forse quello a lui più congeniale) o tema, il tutto mettendo in scena non di rado storie di outsider e/o di donne dal carattere molto forte, nonché di relazioni sentimentali un po' disturbanti per la disparità di età (riflesso, probabilmente, della sua storia con Maïwenn). Comunque, per quanto molto discontinuo, Besson è un autore che ha lasciato una certa impronta nella recente Storia del Cinema e quindi prima o poi doveva essere da me omaggiato.
Piccola nota: attualmente mi mancano ancora le visioni di un paio degli ultimi lungometraggi di Besson, per cui per alcuni (spero pochi) giorni le loro schede resteranno vuote.
Con Pierre Jolivet, Fritz Wepper, Jean Bouise, Jean Reno, Christiane Krüger
LE DERNIER COMBAT
Esordio di Luc Besson al Lungometraggio, "Le Dernier Combat" è un'espansione di un precedente cortometraggio del regista. Il Film mette in scena un desolante scenario post-apocalittico in cui a un'estesa desertificazione si accompagnano sporadiche piogge di pesci e rocce, ma il motivo principale d'interesse dell'opera è la scelta radicale di non usare dialoghi, limitati ad un paio di "Bonjour" stentorei. Adoperando solo la fisicità delle location e dei corpi attoriali, Besson ottiene così un'atmosfera apocalittica avvincente e unica nel suo Genere, stimolando inoltre interessanti riflessioni su questioni come l'ossessione per la proprietà sfociante in schiavitù, con implicazioni anche patriarcali (infatti le pochissime donne presenti nel film sono tenute imprigionate), e l'autorità proponendo, per contro, il bisogno di cooperazione come ancora di salvezza dell'umanità. Un Esordio brillante per Besson, dunque, impreziosito dall'ottimo Bianco & Nero della fotografia di Carlo Varini.
Diretto, co-sceneggiato, prodotto e interpretato in un cameo da Luc Besson, "Subway" incassa benissimo (soprattutto in France) e viene considerato uno degli esponenti di una corrente filmica chiamata "Cinéma du Look". Rispetto al precedente "Le Dernier Combat", questo secondo lungometraggio di Besson si presenta come un lavoro più normalizzato, mainstream e in alcuni punti il ritmo si ammoscia un attimo, ma nel complesso l'autore riesce a costruire una brillante commedia d'azione esplorando in maniera interessante il mondo della metropolitana parigina e la sua simpaticamente assurda fauna umana. Viene inoltre infilato anche del dramma, specialmente avvicinandosi al Finale, e questo, lungi dallo stonare, si amalgama bene con la leggerezza generale dell'opera. Insomma, un film molto buono, se non ottimo, rafforzato da un cast in gran forma (specialmente Adjani, ma anche Lambert qua risulta assai convincente nel suo minimalismo) e da una coinvolgente colonna sonora di Eric Serra.
Con Jean-Marc Barr, Jean Reno, Rosanna Arquette, Jean Bouise, Paul Shenar
LE GRAND BLEU
Ispirato molto liberamente (il finale forse è l'aspetto più clamoroso e con le motivazioni più ardue da trovare) alla rivalità-amicizia tra gli apneisti Jacques Mayol (anche co-sceneggiatore e consulente tecnico del film) ed Enzo Maiorca (ribattezzato Molinari), "Le Grand Bleu" è un altro ottimo successo di critica e di pubblico (specialmente francesi) per Luc Besson, ma in italia l'uscita viene bloccata da Maiorca, non contento dell'interpretazione di sé fornita da Jean Reno, fino al 2002, un annetto dopo la morte di Mayol. La recitazione macchiettistica di Reno aveva lasciato perpless'anche me, ma forse dopo aver scoperto l'orientamento politico fascistoide di Maiorca ho rivalutato un po' in positivo questo aspetto. Resta però il fatto che queste quasi 3 ore di drammone sentimentale su uno sport poco adrenalinico ha spinto me ai limiti della sopportazione e, personalmente, lo reputo il primo passo falso del discontinuo Besson, nonostante qualche immagine affascinante qua e là.
Con Anne Parillaud, Marc Duret, Jean-Hugues Anglade, Tchéky Karyo, Jeanne Moreau, Jean Reno
In streaming su Infinity Selection Amazon Channel
NIKITA
Il successo di "Le Grand Bleu" spinge la Gaumont a confermare il successivo lavoro di Besson senza avere una sceneggiatura: alla sua uscita "Nikita" divide la critica ma incassa moltissimo, generando diversi remake internazionali e pure due serie tv. L'Autore forse non è ancora pienamente maturo e personalmente trovo un po' sproporzionata la divisione degli atti, più che altro perché l'arco narrativo a mio avviso potenzialmente più intrigante (quello centrale con le missioni) risulta quasi schiacciato dalla dilatazione della parte relativa alla formazione di Nikita. Nel complesso, però, siamo di fronte a un'Opera eccellente, in cui l'adrenalina delle scene d'azione, egregiamente confezionate da Besson, si unisce a una costruzione sapiente dei Personaggi tanto nella scrittura quanto nella recitazione (Parillaud in primis), e a una componente drammatica coinvolgente senza mai scadere nella seriosità. Un Cult da vedere e rivedere: le Musiche di Eric Serra impreziosiscono il tutto.
Espansione del personaggio interpretato da Jean Reno in "Nikita", "Léon" ottiene un grande successo di pubblico e critica, circolando negli usa in una versione ridotta. Fin dalla prima visione (nella versione estesa, internazionale) ho apprezzato moltissimo questo Neo-Noir di fine anni '90 dove un'idea di partenza tanto accattivante quanto provocatoria (per la sottile alchimia erotica che attraversa la coppia protagonista, forse riflesso della storia sentimentale tra il regista e Maïwenn) viene messa in scena brillantemente da Besson, soprattutto nelle sequenze in cui serve una tensione scandita al cronometro, il tutto rafforzato da un Cast straordinario (Reno, Portman e Oldman in primis), da una Colonna sonora originale eccellente di Eric Serra e da intriganti spunti di riflessione che portano anche ad una condanna della polizia. Per me questa è la migliore Opera cinematografica di Luc Besson, un Capolavoro imperdibile che rivedrei in continuazione e che studierei volentieri.
Scritto (insieme a Robert Mark Kamen) e diretto da Luc Besson, da una sua idea partorita a 16 anni, "Le Cinquième Élément" (aka 'The Fifth Element') ottiene un grande successo di pubblico e viene generalmente apprezzato dalla critica (ma con qualche forte dissidenza). Mi aspettavo qualcosa di più serio e invece ho visto che, quando entra nella fantascienza e/o nel fantasy, Besson già da questo film punta su un approccio ironico. Nonostante alcune gag non riuscitissime, nonostante ogni tanto sembri anticipare la saga di Arthur e nonostante qualche banalità qua e là, questa vena (auto)ironica mi è piaciuta per via dell'atmosfera grottesca che crea: anche la citata anticipazione della saga di Arthur, notata da me in particolare in certi mostruosi villain, può essere vista come un segnale di coerenza autoriale (e comunque il primo Arthur non è male). Insomma, fa quasi bene quel che Pluto Nash farà totalmente male, il tutto rafforzato da un Cast ottimo e da un'estetica accattivante.
Assunto originariamente come produttore esecutivo per un film di Kathryn Bigelow dedicato alla figura di Jehanne d'Arc, una volta compreso che Milla Jovovich non sarebbe stata presa come attrice protagonista Luc Besson si tira indietro dal progetto per poi iniziarne uno nuovo, sempre sullo stesso personaggio storico: accolto maluccio dalla critica, "Joan of Arc" è un flop al botteghino. Il film ha diversi punti deboli tipici delle produzioni in costume, tra qualche retoricata e una certa estetizzazione della guerra, ma anche Besson ci mette del suo, specialmente nella costruzione macchiettistica di certi personaggi. Per contro, però, l'autore riesce a mettere in scena una versione particolare di Jehanne d'Arc insinuando, magari non sempre in maniera impeccabile, la possibilità di una componente folle. Si respira inoltre un po' di autentica epica (grazie anche al lavoro musicale di Serra) e l'uso ardito dei grandangoli è affascinante. Non un film imperdibile, ma buono secondo me.
Con Rie Rasmussen, Jamel Debbouze, Franck-Olivier Bonnet, Michel Chesneau
ANGEL-A
A 6 anni di distanza dal flop di "Joan of Arc", nel 2005 Luc Besson torna nelle sale dirigendo, scrivendo e producendo un lungometraggio, "Angel-A", che viene accolto tiepidamente cadendo nel dimenticatoio. Nutrivo aspettative medio-basse verso questo film, che sapevo essere una sorta di "It's a Wonderful Life" in salsa contemporanea francese forse melassoso, ma il suo Bianco & Nero mi affascinava: guardandolo, pur confermando che non siamo di fronte a uno dei migliori film di Besson, confuto le mie aspettative più negative. Besson riprende dal citato Film di Capra non l'abusato topos del "se non fossi mai nato" ma il momento in cui l'angelo(a) si butta in acqua per deviare gli intenti suicidi del suo protetto, poi declina questo tema portando un'evoluzione caratteriale dell'angelo stesso, inserendo quindi suggestioni da "Der Himmel uber Berlin" e pure qualche auto-citazione, il tutto lavorando egregiamente sulle emozioni attoriali e ottenendo così un film a mio avviso molto buono.
Nel 2006 Luc Besson entra nel Cinema per (pre)adolescenti trasponendo i primi due libri della sua saga di Arthur in "Arthur et les Minimoys", grande successo di pubblico (tranne nel montaggio degli Weinstein) e anche di critica. Si tratta di un prodotto che un po' estrania chi ha superato una certa età, e inoltre sono presenti alcuni elementi potenzialmente problematici (colonialismo involontario, la scelta di far doppiare Selenia a Madonna rende leggermente inquietante la storia d'amore con il decenne Arthur, anche se in effetti è coerente con la biografia di Besson...). Per contro però l'autore dimostra di avere una buona fantasia e capacità di rielaborare topoi classici, l'animazione digitale è molto valida considerando i tempi e la produzione extra-hollywoodiana, infine la presenza di gente come Robert De Niro, Snoop Dogg ma soprattutto David Bowie nel doppiaggio è un motivo di divertimento aggiuntivo. Non imperdibile ma tutto sommato lo considero buono, a differenza dei sequel.
Tra il 2009 e il 2010 Luc Besson finisce di trasportare al Cinema la sua serie di libri dedicati ad Arthur girando, uno dopo l'altro, "Arthur et la Vengeance de Maltazard" e "Arthur 3: La Guerre des Deux Mondes": il primo dei due non viene accolto bene dalla critica e, pur avendo successo in France, va male nel resto del mondo. Già in età adolescenziale non mi faceva impazzire, soprattutto per la scelta di non unire i due ultimi libri della saga in un unico film (come fece invece coi primi due): già il terzo libro non è molto ricco di storia, ma Besson decide inoltre di omettere il flashback sull'infanzia di Selenia e la sorte di sua madre, la parte più interessante del libro. Insomma, il film si regge su un Nulla malamente riempito da divagazioni e finta azione che evocano un sapore di brodino allungato, il tutto aggravando l'infantilismo generale per ottenere una robetta scadente che dubito rivedrò ancora: forse la cover di "Poker Face" è l'unica cosa divertente qui dentro.
Titolo originale Les aventures extraordinaires d'Adèle Blanc-Sec
Regia di Luc Besson
Con Louise Bourgoin, Mathieu Amalric, Jean-Paul Rouve, Gilles Lellouche, Frédérique Bel
In streaming su Infinity Selection Amazon Channel
LES AVENTURES EXTRAORDINAIRES D'ADÈLE BLANC-SEC
Trasposizione dell'omonima serie a fumetti di Jacques Tardi (per la precisione, secondo wikipedia, da "Adèle et la Bête" e "Momies en Folie"), "Les Aventures Extraordinaires d'Adèle Blanc-Sec" è un film fantasy del 2010 scritto e diretto da Luc Besson: ben accolto dalla critica, sembra che non abbia per contro incassato bene e per questo probabilmente non sono stati realizzati sequel. La prima volta in cui l'ho visto mi sa che non lo avevo guardato integralmente: mi parve non brutto ma nemmeno particolarmente memorabile. Riguardandolo (due volte in 5 mesi tra il 2023 e il 2024), pur confermando che non si tratti di uno dei migliori film di Besson, soprattutto per via di qualche caduta di tono, qualche infantilismo "à la Arthur" e forse più di uno stereotipo, ho trovato piuttosto interessante la sua costruzione, sa intrattenere tutto sommato bene intessendo un'interessante vicenda di avventura e alla fine non mi è parso così scontato come ricordavo. Niente di imperdibile, ma simpatico.
Titolo originale Arthur et la guerre des deux mondes
Regia di Luc Besson
ARTHUR 3: LA GUERRE DES DEUX MONDES
Girato subito dopo "La Vengeance de Maltazard", "Arthur 3: La Guerre des Deux Mondes" chiude la trilogia cinematografica di Luc Besson su Arthur incassando bene ma senza incantare la critica. È un altro filmetto per l'infanzia diretto da Besson, con siparietti sentimentaloidi e morali più o meno scontate, ma a differenza del capitolo precedente qua c'è un po' più di sostanza narrativa e anche i momenti divertenti sono in numero maggiore, complice secondo me soprattutto il ritorno di Darkos e con la scelta di Iggy Pop come doppiatore, dimostrando maggiore confidenza con questo tipo di performance rispetto al collega Lou Reed nei panni di Maltazard (nel primo interpretato da David Bowie, bisogna sempre ricordarlo). Insomma, è una cavolatina tutt'altro che imperdibile, purtroppo dipendente dallo scadente capitolo precedente e con una chiusura non proprio completa (Selenia e il fratello spariscono senza saluti o, come nel libro, brindisi), ma tutto sommato lo reputo un film discreto.
Scritto da Rebecca Frayn, specializzata in documentari, e diretto da Luc Besson, "The Lady" è un film biografico sulla vita di Aung San Suu Kyi, in particolare sulla repressione subita da parte del regime militare birmano e sul rapporto con il marito Michael Aris. Accolto bene dalla critica orientale ma male dalla critica occidentale, che apprezza l'interpretazione della protagonista Michelle Yeoh ma in generale stronca la regia di Besson. Non amo in linea di massima i biopic, trovandoli nella maggior parte dei casi zuppi di retorica e all'insegna dell'agiografia, e questo film non fa eccezione: Besson si eclissa stilisticamente confezionando un prodotto che segue pedissequamente i canoni del suo genere, tra siparietti scontati e sentimentalismo facilone. La scelta di concentrarsi sulla relazione col marito imprime però un'atmosfera intima interessante e l'uso del Canon di Pachelbel ha reso più indulgente il mio giudizio complessivo. Perdibilissimo ma poteva essere peggio: discreto.
Tratto dal romanzo "Malavita" di Tonino Benacquista, "The Family" (intitolato in certi paesi come il libro, cosa che doveva valere inizialmente anche per il titolo ufficiale) viene diretto da Luc Besson, che co-sceneggia insieme a Michael Caleo, dopo aver scoperto di lavorare con Robert De Niro, ma inizialmente l'autore francese doveva limitarsi a produrlo: accolto tiepidamente dalla critica, il film ottiene un discreto successo di pubblico. Credo che catturò la mia attenzione quando uscì nel 2013 ma, a parte una (grossa) porzione vista per caso in tv credo intorno al 2020, solo nel 2024 ho avuto modo di vederlo. Le aspettative, con gli anni, si erano ridimensionate ad una simpatica ma non eccelsa commedia nera gangsteristica, e sostanzialmente le aspettative sono state pienamente esaudite: l'alternanza tra tono ironico e azione non è sempre ben amalgamata, passando a volte in un dramma troppo enfatizzato, ma riesce a divertire, soprattutto all'inizio, e il cast è brillante. Carino.
Suggestionato da diverse nozioni scentifiche, Luc Besson decide di scrivere e dirigere un thriller fantascientifico in cui il suo "Léon", l'"Inception" di Nolan e "2001: A Space Odyssey" di Kubrick si intersecano: tra i film con più effetti digitali per l'autore, "Lucy" alla sua uscita ottiene un grande successo di pubblico e polarizza la critica. Ho difficoltà a esprimere un'opinione chiara in merito a questo film. Da un lato le sue pretese filosofiche, enfatizzate da un montaggio didascalico, si accompagnano a una storiella thriller-fantascientifica banale quando non stupida (la sospensione dell'incredulità è più volte messa a dura prova) e da personaggi tutti macchiettistici. Dall'altro lato, però, Besson propone trovate visive intriganti e a volte psichedeliche, le scene d'azione sono avvincenti e il cast è buono, nonostante il materiale a loro disposizione non sia eccelso. Ora come ora direi che, scivolando tra il mediocre e l'interessante, lo ritengo tutto sommato discreto.
Appassionato fin da ragazzino alla serie a fumetti "Valerian and Laureline" di Pierre Christin e Jean-Claude Mézières, Luc Besson non aveva mai considerato realmente l'idea di trasportarla al Cinema prima di lavorare a "The Fifth Element" (a cui aveva lavorato anche Mézières), ma è soprattutto l'uscita di "Avatar" di James Cameron a convincere l'autore francese della possibilità di realizzare il film e così nel 2017 esce "Valerian and the City of a Thousand Planets": nonostante un buon incasso, a causa dei costi il film fa flop e la critica lo accoglie in modo ambivalente. Mi aspettavo un film interessante ma non riuscitissimo, e sostanzialmente la visione ha confermato questa previsione: alle prese con la fantascienza o il fantasy Besson cede sempre in una certe dose di infantilismo e banalità e qua non fa eccezione, tra gag trite e colpi di scena telefonati, però la critica al legalitarismo e (in parte) al militarismo non è male e visivamente affascina. Non imperdibile ma carino.
Scritto, diretto e prodotto da Luc Besson, "Anna" va malissimo al botteghino (31 milioni di $ d'incasso contro un budget di 30) e viene accolto molto tiepidamente dalla critica. Siamo di fronte a un evidente auto-remake più o meno in incognito di "Nikita", sicuramente meno innovativo rispetto al Film del 1990, ma personalmente è riuscito a convincermi. Pur non essendo esente dai cliché del genere spionistico, il film riesce a rinarrare una storia già vista in un contesto da guerra fredda rendendo più plausibili e meno naive certi aspetti, in primis la scelta della protagonista come spia per il kgb (Anna non è semplicemente una disperata come Nikita, ma ha un background che la rende credibile come potenziale spia). Anche la struttura sconnessa e non lineare del racconto, sviluppato su un labirinto di flashback e flashforward, è in linea con i miei gusti cinematografici e le riflessioni scettiche verso il potere (nonché filo-femministe) sono condivisibili. Per me un piccolo gioiellino.
Scritto e diretto da Luc Besson, "Dogman" (omonimo soltanto del Film di Garrone, che viene citato nei ringraziamenti) debutta al Festival di Venezia del 2023 ricevendo 6 minuti di applausi, ma poi divide la critica. Da come era stato presentato mi attendevo qualcosa di molto più violento e tragico, ma a parte la timidezza in questi campi e un po' (troppa?) retorica alla fine non mi è dispiaciuto. In questo forse l'aver abbassato le aspettative sentendo vibrazioni à la Joker (adorato alle prime due visioni in sala, ripensandoci col tempo l'ho ridimensionato a furbata, seppure buona) ha aiutato nel non deludermi. Non è certo un thriller-action epocale come "Leon" ma fa il suo mestiere con buon risultato, la costruzione delle scene action è pulita, l'atmosfera è più vicina al Cinema francese che a quello hollywoodiano, Caleb Landry Jones conferma la sua grandiosità attoriale e le tematiche su identità (anche di genere) e solitudine sono vicine a me. Non imperdibile ma consigliabile.
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