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Libri A(ni)mati / 74: “Jungle” di Patrick Roberts (2021) – Forests of Plenty, Not Green Deserts, ovvero: Coltivare un (Selvaggio) Futuro Possibile.
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Libri A(ni)mati / 74: “Jungle” di Patrick Roberts (2021) – Forests of Plenty, Not Green Deserts, ovvero: Coltivare un (Selvaggio) Futuro Possibile.

Il pianeta Oceano e il pianeta Deserto da una parte, e dall’altra il pianeta Foresta solcato da un mosaico d’intervallanti steppe, savane, taighe, praterie, brughiere: gli ominidi ominini scendono dagli alberi e iniziano a camminare eretti sul mare d’erba con tutte quelle mani e quelle dita e quei pollici opponibili liberi di concretizzare il Pensiero e immaginare il futuro di specie nonostante la consapevolezza (mitigata in parte dal conforto magico-religioso) della propria finitezza individuale.

Col sottobosco di crittogame pteridofite (felci) e la volta arborea composta principalmente prima da fanerogame (spermatofite) gimnosperme (conifere) e poi, dopo l’evento asteroideo di estinzione massiva di Chicxulub marcato all’iridio 65.000.000 di anni fa con il limite K-Pg, Cretaceo-Paleogene (ex K-T, Cretaceo-Terziario), da angiosperme (latifoglie sempreverdi e decidue), le foreste pluviali tropicali hanno iniziato a svilupparsi all’incirca 300.000.000 anni orsono, nel bel mezzo del Carbonifero, mentre Homo sapiens di anni ne ha circa 300.000 e l’Antropocene - a seconda dei PdV - 30.000 o 150, spannometricamente (è una definizione ancora in divenire, letteralmente), comprendendo un periodo che parte dalla domesticazione del fuoco e giunge all'alba della seconda rivoluzione industriale (l’era nucleare invece potrebbe mettervi fine), passando per la prima rivoluzione agricola del Neolitico nella Mezzaluna Fertile.

La tardo-pleistocenica diaspora umana, che dalla culla del gattonamento evolutivo delle savane africane ha pervicacemente portato…

– vuoi per “amor di scoperta e d’avventura” perennemente rinfocato dall’innata curiosità che ci contraddistingue, vuoi per necessità sorte a causa di dispute, scontri e guerre territoriali in continuo rinfocolamento tanto per l’indole che ci qualifica quanto per via delle costanti ondate di cronico sovrapopolamento dovute alla relativa abbondanza delle risorse generate –

…Homo sapiens a diffondersi in un poliedrico catalogo planetario che spazia dalle Ande all’Himalaya, dall’Artide alla Polinesia…

(ad esempio mettendo a confronto, come già fece Jared Diamond in Collapse, la dicotomica gestione delle risorse ambientali effettuata dalle popolazioni locali di due piccoli territori quali Tikopia, un vulcano estinto di 5 km² con un lago a riempire la caldera situato nel gruppo delle Isole Santa Cruz appartenenti allo pseudopodo indonesiano ch’è l’arcipelago delle Isole Salomone e colonizzato dalla civiltà Lapita circa 3.000 anni fa, e Rapa Nui, la ben più celebre Isola di Pasqua, tre vulcani spenti e uniti tra loro di 165 km², isolato avamposto situato a mezza via tra le Isole Pitcairn e le coste del Cile, paese di cui fa amministrativamente parte, con Tikopia che circa 350 anni fa decise di sterminare tutti i maiali dell’isola per dedicarsi alla gestione sostenibile della pesca e dell’agri-selvicoltuta, e Rapa Nui che nello stesso periodo si stava se non riprendendo almeno assestando dopo la catastrofe ecosistemica autoprovocata quand’ecco che, per parafrasare proprio l’autore di “the Third Chimpanzee”, “the World until Yesterday” e “Upheaval”, le armi, le malattie, l’acciaio e la schiavitù dei conquistatori europei – dalle esportazioni di caffè, tè, cacao e banane passando per la coltivazione extra-continentale d’oltre-oceano di mais, riso, patate e pomodori sino all’era industriale di lattice/gomma, canna da zucchero e palma da olio – condussero al quasi completo collasso la popolazione indigena polinesiana)

…e dal Kalahari/Namib (ché il Sahara, al culmine dell’Ultimo Massimo Glaciale, era un’immensa oasi verde monsonica) all’outback australe passando per il Madagascar…

(e la sua megafauna estinta non tanto dagli esseri umani di origine africana ed austronesiana di ritorno quanto piuttosto dall’infinita famelicità degli imperi colonialisti europei coi loro “pre”-capitalistici interessi consumistico-mercantili)

…ogni ambiente abitabile (un po’ adattandovisi, un po’ plasmandolo) della Terra, è al centro del poderoso ed estremamente affascinante saggio scientifico-divulgativo (e opera prima), corredato da un’imponente apparato di note a piè di pagina, di Patrick Roberts (archeologo, etnografo e paleo-ecologo presso il Max Planck Institute of Geo-Antropology di Jena, in Germania), classe 1991, che tratta in maniera al contempo estesa e precisa lungo tutta la sua enorme mole la storia della diffusione della nostra specie animale in quelle che si possono definire…

– in direzione opposta rispetto a quella tracciata dalla vulgata mainstream della letteratura scientifica che più o meno le ha da sempre (fors’anche contro-intuitivamente per l’esperienza delle persone comuni) considerate, in relazione (non solo all’espansione ominina al di fuori del grembo materno africano, ma proprio riguardo) alla genesi di sapiens, neanderthal & c., dei Deserti Verdi che poco hanno contribuito all’evoluzione e all’espansione delle tribù bipedi post/oltre-habilis/ergaster/erectus –

…le Foreste dell’Abbondanza, caratterizzate anche (come telerilevato dalle scansioni LIDAR nel Sud-Est Asiatico, Centro-Sud America e Africa Equatoriale) da un urbanesimo a bassa densità abitativa (si stima che nell’Amazzonia pre-europei vivessero dagli 8 ai 20 milioni di persone) fondato sull’agricoltura (addebbiatura a mosaico ciclico) e governato da un’eterarchia orizzontale: metropoli pluviali (o, più “romanticamente”, città-giardino) estese a spaglio attraverso le giungle (orti selvaggi) coltivate.

Il rischio è che leggerlo sino alla fine, quando organizza nell’ultimo capitolo un po’ di ¡risapute! previsioni statistiche relative all’immediato futuro prossimo venturo (fornendo, a dire il vero, anche un po’ di soluzioni riassunte in punti chiave), viene voglia non di tifare asteroide, ma per lo meno di sperare, auspicare e financo invocare nuove livellanti zoonosi, puntando magari sull’arbovirosi della Dengue (Dengue virus) causata dall’asiatica zanzara tigre (Aedes albopictus), ché l’africana Aedes aegypti alle nostre latitudini non sopravvive all’inverno.

 


Colophon.
Patrick Roberts - “Jungle - How Tropical Forest Shaped the World and Us” - 2021.

Edizione italiana: “Giungle - Come le Foreste Tropicali Hanno Dato Forma al Mondo e a Noi” (Aboca, 2002; collana: Human Ecology; traduzione di Laura Colosso; brossura flessibile rilegata filo refe; revisione con una dozzina di refusi grammaticali e quasi altrettanti di consecutio temporum e concordanza logico-sintattica; illustrazioni a colori e in B&N, più una Linea del Tempo in appendice dal Cambriano all’Antropocene; pagg. 500, € 34.00).

* * * * ¼/½ - 8.75     

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  • Guerra
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  • Fantascienza
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  • Documentario
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