E come ogni fine/inizio anno mi trovo a fare il bilancio dei film che ho gustato nei dodici mesi precedenti alla data di "giudizio". Ricco è stato l'anno trascorso di visioni che hanno ampliato la mia cultura e placato (almeno sempre e solo in parte) la mia sete di cinema. Vi propongo l'elenco de I MAGNIFICI SETTE.
L’ultimo lavoro di Robert Eggers è molto più di un semplice film è un’esperienza sensoriale e percettiva unica nel suo genere, assolutamente da provare… per credere.
Un film maestoso, appassionante che incanta con lo sguardo e entusiasma ad ogni inquadratura; spettacolari le sequenze delle battaglie, non solo per l’enorme impiego di comparse ma anche e soprattutto per il modo in cui Kubrick decide di mostrarle, raccontandocele con attenzione e minuziosi dettagli che rendono in tutto ancor più trascinante.
Insomma non esistono prototipi di atteggiamenti prevalenti o combinazioni di fattori culturali capaci di identificare la natura di un individuo e solo la mente di Stanley Kubrick possedeva la capacità di riuscire a raccontarcelo attraverso uno dei film più controversi e (a suo modo) affascinanti del panorama cinefilo.
Con Fabrizio Gifuni, Margherita Buy, Toni Servillo, Fausto Russo Alesi, Federico Torre
L’opera di Bellocchio è mastodontica. Pregna di storia, di fatti reali ma anche di sentimenti e sensazioni di umori. Di paure e responsabilità. Di conseguenze. Di rotture mai sanate e mai sanabili. È il mostrare in modo indelebile quel segno rosso che da quel lontano 1978 in poi si è creato tra lo stato italiano e il non più suo popolo.
Come nella più classica delle sinfonie, il talento di Kubrick sembra volersi esprimere poco per volta. Ecco che, ad ogni film che realizza aggiunge un pezzo. Prima la riflessione, poi i sentimenti infine, in questo caso, i personaggi che, per la prima volta, non sono pochi; personaggi che non si limitano solo a mostrare un carattere (o a lasciare intendere di avercelo) ma lo mettono in pratica, diventando finalmente protagonisti della narrazione che prima era la sola e unica vera protagonista.
Barry Lyndon è sicuramente il film più lineare e concreto tra le pellicole dirette da Stanley Kubrick, almeno fino a quel momento. Avvolge lo spettatore con immagini incantevoli, lo culla in una narrazione che compara la lettura di un romanzo e lo conduce ad un finale amaro ma necessario a riportare l’ordine delle cose.
Fuori orario, è ritratto e figlio di ogni tempo. A suo modo sempre attuale e capace di lasciare allo spettatore la possibilità di riconoscersi in Paul, laddove ci sia autocritica e percezione di sé stesso. Una pellicola che si guarda con curioso interesse anche se da un certo momento in poi diventa ripetitiva, con la stessa situazione replicata all’infinito, una sorta di loop mnemonico di cui anche lo spettatore diventa complice involontario.
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