I pulcini di pollo domestico non hanno l’attrattiva dei classici «animali da laboratorio», come vengono chiamati, tristemente, i topolini o i porcellini d’India, e non sono neppure abbastanza esotici da suscitare, come il verme nematode Caenorhabditis elegans, che possiede trecentodue neuroni in tutto, l’abituale scrollata di spalle circa le stravaganti predilezioni degli scienziati.
Qui, a breve distanza dal mio istituto, ci sono colleghi che studiano un pescetto di origine africana, Nothobranchius furzeri, che ha un ciclo vitale accelerato. In natura vive dai tre ai dodici mesi al massimo, nelle pozze d’acqua temporanee che si formano nella stagione delle piogge (durante la stagione secca le uova sopravvivono in uno stato di quiescenza). Con il procedere dell’età, l’animale mostra tutti i sintomi dell’invecchiamento: si muove meno, sviluppa tumori e nel cervello gli si formano aggregati di cellule amiloidi. Queste particolarità lo rendono un modello interessante per lo studio dei processi d’invecchiamento.
Trafficare in nome della scienza con i topi, i vermi nematodi o il pesce Nothobranchius, per quanto bizzarro, appare in ogni caso comprensibile. Ma i polli, dei quali magari apprezziamo le carni, come «il petto» o la «coscia», oppure le uova per farci una frittata, chi li reputa degni d’interesse intellettuale? Bene, uno di quelli che di queste creature si sono occupati a lungo è stato il mio eroe scientifico.
Konrad Lorenz? No. Il mio eroe scientifico è Douglas Spalding (1841-1877). 2 Sconosciuto ai più – non possediamo neppure una sua fotografia –, di famiglia modesta, dotato solo di passione e intelligenza, Spalding fu ammesso ai corsi del filosofo Alexander Bain all’Università di Aberdeen senza dover pagare la retta. Ci rimase un solo anno, poi tornò a Londra, dov’era nato. Sarebbe dovuto diventare avvocato, ma si ammalò di tubercolosi e si spostò nel continente in cerca di cure migliori e
climi più salubri.
Ad Avignone incontrò John Stuart Mill, che gli trovò un lavoro in patria come precettore del maggiore dei due figli di John Russell, visconte di Amberley, e di sua moglie Katharine Louise Stanley. Il figlio minore della coppia era destinato alla celebrità: si trattava nientemeno che di Bertrand Russell, che nella sua autobiografia si riferirà a Spalding con queste parole: «Era un darwiniano e si occupava di studi relativi agli istinti delle galline che, per facilitare le sue ricerche, erano autorizzate a menare strage e rovina in ogni stanza della casa».
Durante i suoi studi ad Aberdeen Spalding si era molto appassionato al problema dell’origine della conoscenza, ma non capiva perché, anziché limitarsi a discuterne, i filosofi non cercassero di mettere alla prova le loro ipotesi, come si fa nella scienza. Si nasce con certe conoscenze nella mente oppure tutte derivano dalle nostre esperienze?
Nella tenuta degli Amberley, a Ravenscroft, nel Galles, Spalding condusse una serie di esperimenti. Allevò dei pulcini di rondone in gabbiette minuscole, così che non potessero aprire le ali né svolgere alcun esercizio in preparazione al volo, e osservò che al momento giusto, l’età dell’involo, questi animali si libravano nell’aria con la stessa disinvoltura dei loro fratelli che non erano stati rinchiusi.
La capacità di volare evidentemente è già lì bella e pronta; necessita solo di un po’ di tempo per maturare, ma non dipende dall’esperienza. Gli uccelli non imparano a volare, così come i bambini non imparano a camminare o, come ha argomentato persuasivamente il linguista Noam Chomsky, non imparano a parlare: si tratta di istinti.
Nel corso dei suoi esperimenti Spalding osservò però un fenomeno insolito, che chiamò «istinto imperfetto». Subito dopo la schiusa animali come i pulcini di pollo domestico o gli anatroccoli sviluppano un attaccamento sociale nei confronti del primo oggetto che vedono. L’attaccamento si manifesta attraverso una risposta di inseguimento dell’oggetto – di solito la chioccia – e sembra avere le caratteristiche di un istinto, ma è un istinto imperfetto perché per poter essere evocato ha bisogno di un elemento di esperienza: l’esposizione allo stimolo per un breve periodo dopo la schiusa. Pulcini e anatroccoli appartengono alle specie nidifughe e sono caratterizzati da uno sviluppo precoce: appena nati possono subito zampettare e allontanarsi dal nido, perciò hanno bisogno d’imparare a riconoscere rapidamente la chioccia e gli altri compagni.
Istinto imperfetto anche perché in assenza di una chioccia l’imprinting si verifica su qualsiasi oggetto si presenti alla vista dell’animale appena nato. Konrad Lorenz racconta come l’ochetta Martina si «imprintasse» sui suoi stivali. Oggi, però, abbiamo ragioni per ritenere che, se avesse avuto l’opportunità di scegliere, Martina avrebbe preferito qualcosa di diverso da un paio di stivali.
Nei prossimi capitoli esaminerò le prove a sostegno dell’idea che esistano predisposizioni innate che agevolano il processo di imprinting. Sosterrò anche che queste predisposizioni sono presenti in tutti i giovani vertebrati, compresi i piccoli della nostra specie.
Recensione.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta