Iniziata la seconda settimana della Mostra, diventa sempre più difficile stare dietro alle visioni incrociate di tutti i nostri inviati a Venezia. Dopo la sintesi di ieri sui film del Concorso si sono aggiunte in serata (e oggi) le recensioni del film di Fincher, Hamaguchi e stanno per arrivare quelle di Priscilla, il nuovo film di Sofia Coppola.
Ma iniziamo proprio da The Killer sul quale abbiamo ben tre recensioni da scorrere.
Nella prima, port cros, mette in luce lo stile di Fincher che dirige con il solito perfezionismo tecnico scegliendo uno stile asciutto, quasi documentaristico, curando la natura immersiva delle scene di combattimento, ad esempio l’attacco alla casa in Florida, e affidandosi per una “tranquilla” discussione al tavolo del ristorante ad una comprimaria di lusso come Tilda Swinton (continua qui) mentre MrCarrey93 si domanda come un film di cotanta freddezza, talmente narcotizzato e con un protagonista che non è per nulla carismatico, dirompente o ironico/iconico nel suo eterno voice over monocorde (è dura dover tornare con la mente al Brad Pitt di "Ad Astra") sia in grado di ritagliarsi un posto nel cuore dei suoi spettatori, desiderosi magari di trovare una connessione umana o quantomeno intellettuale.
Domanda legittima, alla quale risponde, nella sua recensione, obyone mettendo l'accento, tra le altre cose, sulla sceneggiatura di Andrew Kevin Walker (che) è un perfetto mix di azione, sequenze comiche e millimetrica esposizione di strategie d'azione. La lotta con il "bruto" è spettacolare. È l'eccezione poiché ogni altra eliminazione suscita più curiosità che vera e propria tensione. I neuroni vengono sollecitati più dei muscoli che normalmente si contraggono al rumore di uno sparo ravvicinato.
Cambio totale di atmosfera per il giapponese Hamaguchi, che dopo i viaggi di Drive my Car, premio Oscar 2022 per il miglior film internazionale, costruisce, come dice EightAndHalf nella sua recensione di Evil Does Not Exist, un film genuinamente misterioso che, nonostante l’apparente candore, è in realtà è un sistematico processo di inquinamento delle immagini, appesantite da un uso imprevedibile delle musiche, da improvvisi momenti a camera a mano, da nebbia, fumo, escrementi, fino all’enigmatico e irrisolvibile finale che pone più di una domanda e incoraggia forse a una lettura più simbolica che narrativa.
Si è aggiunto, infine, nello speciale recensioni da Venezia del settimanale Film Tv, un conturbante 9 a The Beast che ha dentro tutto Bonello, i corpi ridotti a oggetto, le vie misteriose del ricordo e del desiderio, le immagini come unica realtà – incerta, ambigua, riprodotta e riproducibile – per un mondo privato di ogni possibile senso e anche dell’idea che l’amore possa salvarlo.
Con Jonathan Cohen, Emmanuelle Bercot, Denis Podalydès, Stefan Crepon
Fuori concorso
Un film che in realtà sono tre: la storia di lavoratori in lotta per non essere delocalizzati che il noto cineasta Simon (Denis Podalydès) decide di raccontare nel suo nuovo lavoro; quella della sua crisi di filmmaker, tra ingerenze della produttrice (Emmanuelle Bercot) e bizze del divo (Jonathan Cohen); e infine il making of, il doc dietro le quinte che la comparsa Joseph (Stefan Crepon) s’impegna a realizzare... Un intreccio di prospettive che tenta di dominare il caos, dal regista di Le procès Goldman, a Cannes 76.
Con Majd Mastoura, Walid Bouchhioua, Samer Bisharat, Selma Zghidi, Helmi Dridi
Orizzonti
Padre, figlio e un potere misterioso. Opus numero tre del tunisino Ben Attia, premiato con l’Orso d’argento all’opera prima per Hedi alla Berlinale 2016 e applaudito poi alla Quinzaine 2018 con Dear Son.
Arriva alla Mostra carico di allori, Ryusuke Hamaguchi, reduce dal successo di Drive My Car. Takumi e sua figlia Hana risiedono in una regione incontaminata del Giappone, minacciata da un incombente progetto di glamping (un camping con i lussi di un resort): Hamaguchi articola la storia in tre atti, proponendo prospettive diverse e passando dal punto di vista dei resistenti abitanti del villaggio a quello dei capitalisti cittadini, giocando di rime interne e connessioni impreviste tra i personaggi.
Tra gli ospiti, nonché co-produttore, del The Palace di Polanski, Barbareschi si autodirige in quest’adattamento cinematografico di una recente pièce di David Mamet. Protagonista uno stimato psichiatra che, dopo essersi rifiutato di testimoniare a un processo in favore di un suo paziente omicida, viene accusato da quest’ultimo di omofobia e razzismo, e vede sgretolarsi la propria carriera.
Con Jacob Elordi, Cailee Spaeny, Kamilla Kowal, Deanna Jarvis, Emily Mitchell, R Austin Ball
In streaming su Now TV
Concorso
Dopo l’Elvis di Baz Luhrmann, ecco la Priscilla di Sofia Coppola, che mette in film, con la sensibilità peculiare dimostrata per i ritratti al femminile, l’autobiografia Elvis and Me scritta dalla vedova del Re. Nel ruolo della protagonista e del leggendario consorte, due giovani star del piccolo schermo: Cailee Spaeny (Devs, Omicidio a Easttown) e Jacob Elordi (Euphoria, The Kissing Booth). Per la regista, assente da Venezia dai tempi del Leone d’oro per Somewhere (2010), è anche il ritorno al grande schermo, dopo la distribuzione solo on demand di On the Rocks.
Con Raphaël Thiéry, Emmanuelle Devos, Marie-Christine Orry, Mireille Pitot
Orizzonti Extra
Opera prima che rilegge il mito del Golem, tra brividi caldi e umori alla Edgar Allan Poe. In un solitario maniero, il guercio Raphaël Thierry e l’ereditiera Emmanuelle Devos si attraggono e respingono.
La prima volta a Venezia di Woody fu esattamente 40 anni fa, nel 1983, con Zelig. Ma i temi del suo nuovo lavoro - il cinquantesimo! - ricordano, almeno sulla carta, le riflessioni sul caso e la fortuna di Match Point ed epigoni: una coppia parigina apparentemente ideale, Fanny e Jean, inizia a disgregarsi quando lei s’imbatte in un ex compagno di scuola... Fotografato da Vittorio Storaro, girato a Parigi, è il primo Allen in francese. Nel cast, Lou de Laâge, Melvil Poupaud, Valérie Lemercier.
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