Oppenheimer
- Biografico
- USA, Gran Bretagna
- durata 180'
Titolo originale Oppenheimer
Regia di Christopher Nolan
Con Kenneth Branagh, Florence Pugh, Cillian Murphy, Emily Blunt, Josh Hartnett, Jack Quaid
"Rata-tatàn! Rata-tatàn!", oppure "Dodes'ka-den! Dodes'ka-den!", fanno le bielle motrici e quelle d'accoppiamento... (Dalle mandrie votate a veicolare il massacro che al galoppo hanno spinto più in là la Frontiera al Cavallo Vapore che ha eretto ed unito di crocevia in crocevia l'America: "Manca solo il saloon.")
Christopher Nolan, là dove “Interstellar” ebbe inizio [e il Grande Rimosso - almeno parzialmente, per interposte V2, ed oltre a, per altri versi, John von Neumann, Subrahmanyan Chandrasekhar e Freeman Dyson - di questo “Oppenheimer” (parimenti a quella specie/sorta d’interpretabile - un po' forzatamente - come un’onirica comparsata, con "un anticipo tremendo", dell'Enola Gay trasvolante... sulla Manica) è Wernher von Braun], coi pappi dei pioppi (fotografia in 70mm di Hoyte van Hoytema) che danzano nell’aria nei pressi della direttrice che da Los Alamos porta, passando per Berkeley, Princeton, Chicago e Manhattan (Project), ad AlamoGordo (iper-nonluogo in cui le sabbie desertiche di silicio e feldspato vetrificandosi al calor bianco divennero trinitite) vibrando (montaggio di Jennifer Lame) sul ritmo, l’agogica, la melodia, l’armonia, la dinamica e il timbro di Ludwig Göransson, fa, (quasi) tutto da sé (il supervisore agli effetti speciali Scott R. Fisher sta al 12° film del regista in 25 anni di carriera come Douglas Trumbull sta a "2001: a Space Odyssey" e "the Tree of Life"), quel che può, ovvero: un paradossalmente (in quanto la realtà è costituita per lo più da vuoto) solido, anche se non sperticatamente insolito, film IMAX-eastwoodiano nella realizzazione (fin dal nucleo oltre che lungo le orbite del guscio esterno), pieno zeppo di metaforoni, pur’anche sostenuti da un’architettura "random"-mnemonico-jazzistica...
- scindere l’atomo e frantumare bicchieri; Oppie a colori, Strauss (che in pratica qui ricopre il ruolo che in futuro avranno alcuni carabinieri dei NAS, alcuni magistrati della Procura di Roma e alcuni giornalisti de l'Espresso nei confronti di Ilaria Capua: invece che virus in questo caso si esportano isotopi, e così come i primi non serviranno a creare epidemie i secondi non servono, non servivano e non saranno serviti a costruire armamenti nucleari, ma bensì, "addirittura", a sviluppare la ricerca per la medicina nucleare in campo diagnostico e terapeutico) in bianco e nero (in un paio di occasioni le posizioni lungo l’asse della Storia s’incrociano invertendosi: la bellezza della punteggiatura e della sintassi cinematografica) e Truman (che, congedandolo porgendogli un fazzoletto per il sangue sulle mani e le lacrime dagli occhi, pronuncia la “o” di Oppenheimer - il genio, il coordinatore, il guru-sfinge, il vitellone, la divinità vedica, il piagnone, il non-Nobel, l'organizzatore, il dongiovanni - nel modo sbagliato, allungandola in accentuazione) altamente desaturato; il celeberrimo passo della Bhagavad-Gita declamato durante un orgasmo; alcune delle conversazioni avvenute realmente riportate con dialoghi accurati e veritieri (non ultima l’aviotraversata verso la libertà e la salvezza di Bohr, più il particolare - del tutto inventato con un mash-up sincretico - del morso schrödingeriano che ha rischiato di dare alla mela spalmata/inoculata con cianuro di potassio e destinata a Blackett); il Signature Martini; eccetera eccetera -
...che ne stempera la stolida ingombranza, e soprattutto, dimentico del giocattolone “Tenet”, sceneggia e dirige, basandosi in larga parte sulla biografia “American Prometheus: the Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer”, scritta da Kai Bird e Martin J. Sherwin e pubblicata nel 2005 (e che a sua volta possiede una fitta bibliografia di una ventina di pagine e un apparato di note che si sviluppa per una novantina), una storia, strutturalmente tripartita come “Dunkirk”, ma ramificata lungo un arco temporale ben più vasto (da metà anni ‘20 a metà anni ‘60), che trova shyamalanicamente la sua (dis)soluzione con l’ultima parola/inquadratura oppenheimer-einsteiniana, "proprio" così come, a loro volta e contestualizzando il tutto, facevano, convergendo verso il loro momentum/punctum/quantum, “Memento”, “the Prestige” e “Inception” (anche se forse, lasciando perdere la bolsa trilogia batmaniana, il film della carriera dell’autore di “Following” che - incongruentemente, in superficie e per assurdo - più assomiglia a questo è - il “non” suo - “Insomnia”).
- - - - - - - - - - I N I Z I O I N T E R M E Z Z O - - - - - - - - - -
“Siamo arrivati troppo tardi”, disse Emilo Segré. Quella minchietta di Hitler s’è sparato in testa, Berlino e Dresda sono rase al suolo. Poi, per inerzia fatale lungo il falsopiano della Storia, ecco 334 B-29 in volo su Tokyo (100.000 persone vaporizzate in tempeste di fuoco) versus 6 chilogrammi e rotti di plutonio-239 ad arrostire i mostri di Gila (Heloderma suspectum) del New Mexico. Gotta light? L’aggeggio, l’arnese, l’affare: esplode.
La Sacra Trinità di protone, neutrone ed elettrone al meglio delle loro capacità. Il Grande Scoppio arriva al punto di osservazione, posto a 30 chilometri dall’epicentro della deflagrazione, Ground Zero, sull'alta torre di estrazione che non scava petrolio ("There Will Be Blood"), ma Squarcia la Realtà, circa 1 minuto dopo il Grande Lampo. La notte si trasforma in giorno e l’Essere Umano è diventato Morte, Distruttore di Mondi, mentre già risuona nell’aria la pendereckiana trenodia - il canto/lamento funebre - per le vittime che verranno. Un anno e mezzo prima, Jean Tatlock, impegnata nel “togliere il fardello di un'anima paralizzata da un mondo in lotta”, dirà - "come" Ettore Majorana (e/o Paul Ehrenfest), presago teorico-quantistico di quel che verrà - addio al futuro: “Sono disgustata da tutto…”. Lo spazio-tempo collassa: la Storia non è finita, ma precipita costantemente con un abbrivio e un’inerzia fatali. La reazione a catena si rivela essere psicologica, politica, sociale: incontrollabile, non come quelle atomiche a fissione (uranio, plutonio) e termonucleari a fissione-fusione (idrogeno), sino a che il Poseidon (Status-6) equipaggiato con una sporca bomba gamma (cobalto-60) non si mette a scodinzolare impaziente come una remora attaccata al fianco del Belgorod, al placido culmine di uno dei CrossRoads (le Isole Vergini - i nomi che diedero loro gli Arawak e i Kalinago con loro si sono estinti - del buen retiro non sono le Aorokin Majel di Bikini) della Storia. Ma intanto, nel frattempo di un orizzonte degli eventi ideale, sotto agli alami populus, Tyke, che da adulta si chiamerà Toni, sta gattonando. E qualcuno intona, in quel medesimo continuum spazio-temporale, o in un altro quando-e-dove, sovrapponendosi al flusso delle vite che scorrono: “...some sunny day!”
- - - - - - - - - - - F I N E I N T E R M E Z Z O - - - - - - - - - - -
La Seconda Guerra Mondiale è finita: entra in scena la Guerra Fredda (quella che porterà alla proverbiale Quarta Guerra Mondiale combattuta con pietre e bastoni, cormacmcarthyano isotopo 60 del cobalto permettendo). FDR viene “sostituito” da Truman ("Ho sentito che sta lasciando Los Alamos. Che cosa ne dovremmo fare?" - "Restituirlo agli indiani.") ed Eisenhower, ma incredibilmente la Genbaku Bungaku avrà sino ad oggi una bibliografia relegata al solo Giappone, e quel pericoloso pagliaccio di Joseph McCarthy viene ostracizzato e consegna il testimone al Metodo Hoover di Boris Pash: ma ecco che David L. Hill ripaga Strauss, fuor di processo, con la sua stessa moneta. E ciò che a tal proposito crea più stizza è che Strauss può anche essere tutto sommato impilato nella categoria "banalità del male", ma - sfogliatane la biografia - non certo in quella della "pura malvagità": Nolan inventa quel "sussurrarsi addosso" da malabolgia dantesca fra Oppenheimer ed Einstein in riva al lago a Princeton, così miserabilmente malinterpretato da Strauss (a causa della sua debolezza di carattere, soprattutto), mentre di vero c'è (e magari narrativamente ciò sarebbe pure bastato, ma forse "non" dal PdV cinematografico) che Oppenheimer lo derise pubblicamente di sponda e fioretto, da collega a collega commissario della Commissione per l'Energia Atomica, durante un'udienza del 1949 davanti al Congresso (“My own rating of the importance of isotopes is that they are far less important than electronic devices, but far more important than, let us say, vitamins.”), e proprio la melmosa onda lunga del maccartismo - con McCarthy al tempo già proscritto dai più - consentì a Strauss di mettere in piedi quella ottusamente "furbesca" baracconata.
Interpretazioni maiuscole - talune buone e talaltre ottime, e fra di esse una manciata meritevoli di un Oscar (nel senso vagamente buono del termine) o per lo meno di una pacca sulla spalla - di Cillian Murphy (J. Robert Oppenheimer), Robert Downey Jr. (Lewis Strauss), Matt Damon (Leslie Groves), Emily Blunt (Katherine "Kitty" Puening in Oppenheimer), Florence Pugh (Jean Tatlock), David Krumholtz (Isidor Isaac Rabi), Tom Conti (Albert Einstein), Benny Safdie (Edward Teller), Casey Affleck (Boris Pash), Rami Malek (David L. Hill), Gary Oldman (Harry S. Truman), Kenneth Branagh (Niels Bohr), Josh Hatnett (Ernest Lawrence), Macon Blair (Lloyd K. Garrison), Dane DeHaan (Kenneth Nichols), Tony Goldwin (Gordon Gray), Christopher Denham (Klaus Fuchs), Guy Burnet (George Eltenton), Jefferson Hall (Haakon chevalier), James D'Arcy (Patrick Blackett: "I bombardamenti atomici non sono stati l'ultimo atto della Seconda Guerra Mondiale, ma il primo atto della Guerra Fredda con la Russia."), Jason Clarke (Roger Robb), James Remar (Henry L. Stimson: "Il bombardamento di Tokyo ha ucciso centomila persone, soprattutto civili. Mi preoccupa un'America in cui facciamo queste cose e nessuno protesta."), Scott Grimes (consulente di Strauss), David Dastmalchian (William L. Borden) e Matthew Modine (Vannevar Bush).
E poi Enrico Fermi (Danny Deferrari) - "Qualcuno vuole scommettere sul possibile incendio dell'atmosfera?" (il film s'intitola "Oppenheimer" non "i Ragazzi di Via Panisperna") -, Werner Heisenberg (Matthias Schweighöfer), Richard Feynman (Jack Quaid) - col parabrezza del pick-up al posto degli occhiali con vetro affumicato da saldatore, ma quasi senza bonghi -, Luis Alvarez (Alex Wolff), Leo Szilárd (Máté Haumann) - non è presente nel film, essendo un'osservazione fatta in un'intervista del 1960, ma questa citazione ne racchiude il senso su scala umana, apocalisse planetaria (guerre termonucleari, epidemie virali, intelligenze artificiali, surriscaldamento globale, brillamenti solari ipermassivi e un misto di questa pentalogia di fattori naturali ed antropici) a parte: "Let me say only this much to the moral issue involved: Suppose Germany had developed two bombs before we had any bombs. And suppose Germany had dropped one bomb, say, on Rochester and the other on Buffalo, and then having run out of bombs she would have lost the war. Can anyone doubt that we would then have defined the dropping of atomic bombs on cities as a war crime, and that we would have sentenced the Germans who were guilty of this crime to death at Nuremberg and hanged them?" -, George Kistiakowsky (Trond Fausa), Hans Bethe (Gustaf Skarsgård), Kurt Gödel (James Urbaniak) - che sarebbe ("dopo" Nikola Tesla e come Alan Turing e Ludwig Wittgenstein) un ottimo ipotetico prossimo progetto nolaniano -, Lyndon B. Johnson (Hap Lawrence), e, fuori campo, Hiroito (che, da nascente a calante, visse quasi più di tutti: tra i personaggi protagonisti, i co-protag. e i ruoli/caratteri secondari del film l'unico oggi in vita è Peter, il figlio maggiore di Oppenheimer), JFK, Hiroshima e Nagasaki.
Avete fatto voi questo orrore, Dottore?
* * * * (¼) - 8.25
Recensione (completa del picassiano olio su tela 81x60 del 1931: "Femme Assise aux Bras Croisés").
Nota. Questa la traduzione della frase (che ho citata nel testo, ma che non è presente nel film d Nolan) pronunciata da Leó Szilárd nel 1960 in un'intervista a U.S. News and World Report: "Lasciami dire solo questo sulla questione morale coinvolta: Supponiamo che la Germania avesse costruito per prima due bombe e noi neanche una. E supponiamo che la Germania ne avesse sganciate una, diciamo, su Rochester e l'altra su Buffalo, ma poi avendo finito le bombe avesse perso la guerra. Qualcuno potrebbe mettere in dubbio che noi allora avremmo definito crimine di guerra sganciare bombe atomiche sulle città, e che a Norimberga avremmo condannato a morte i tedeschi colpevoli di tale crimine, impiccandoli?"
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